Tragedia del Rosinella: «Fate presto. Voglio mio marito vivo o morto»

La moglie del comandante disperso a largo di Gaeta, Rosa Imperato
La moglie del comandante disperso a largo di Gaeta, Rosa Imperato
di Francesca Mari
Martedì 3 Maggio 2016, 12:14
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ERCOLANO. «Sono passata dal dolore alla rabbia. Le Istituzioni non perdano più tempo e ci restituiscano al più presto i corpi dei nostri cari, altrimenti 
mobilitiamo l’Italia». Rompe il muro di silenzio Rosa Imperato, 42enne moglie 
del comandante Giulio Oliviero e armatrice del «Rosinella», il motopeschereccio 
affondato a largo di Gaeta la settimana scorsa e i cui membri dell’equipaggio, 
suo marito e i marinai tunisini Khalifa e Saifeddine Sassi sono dispersi dalle 
2 del 19 aprile.

Aveva taciuto, finora, «per riservatezza» - dichiara – ma 
adesso ha deciso di parlare per contrastare i soliti ‘intoppi’ burocratici che 
rallentano le operazioni di recupero del peschereccio e dei corpi, qualora 
fossero all’interno. Se le perlustrazioni superficiali, ad opera della 
direzione marittima del Lazio, proseguono nell’area tra San Felice al Circeo, 
Mondragone e Ventotene alla ricerca dei tre ancora ufficialmente «dispersi», 
dopo la perlustrazione di venerdì scorso del relitto grazie ad un robot che è 
stato calato a 62 metri di profondità, l’opera di ispezione subacquea si è 
arrestata: bisogna aspettare oltre il 15 maggio, data fissata come utile dalla 
Marina Militare per l’invio di una nave dotata di una squadra speciale di 
palombari abilitati a scendere a quella profondità. 

Ma la famiglia di Oliviero, affidatasi all’avvocato Antonio Crisci, i parenti, gli amici e molte associazioni di pescatori provenienti da varie parti d’Italia, non vogliono 
aspettare e sono pronti alla mobilitazione. «Non capisco perché si debba 
aspettare tutto questo tempo – prosegue Rosa – con il rischio che se i corpi, 
se sono là sotto, arrivino in uno stato in cui è impossibile effettuare persino 
l’autopsia. Mio marito e i due collaboratori hanno sempre pagato le tasse allo 
Stato Italiano e adesso meritano rispetto e attenzione: la stessa prestata ai  
profughi a largo di Lampedusa . Non è possibile che a due settimane dall’
accaduto io non sappia ancora se mio marito sia vivo o morto e, in quest’ultimo 
caso esigo che sia lui sia i due marinai abbiano un funerale e degna 
sepoltura».

L’avvocato Antonio Crisci sta cercando di mantenere una linea 
sobria confrontandosi con la Procura di Cassino, con il pm Francesco Cerullo 
titolare del caso, e ha presentato istanza alla Regione Campania con richiesta 
di un contributo straordinario per finanziare le operazioni di recupero, visto 
il precedente finanziamento regionale di circa 50mila euro per il recupero del 
peschereccio ischitano «Padre Pio».   Ma intendono aspettare solo fino a 
giovedì la famiglia e i pescatori, tra cui zio e cugino Antonio e Giulio 
Oliviero, Biagio De Simone, Pasquale Vitiello e varie associazioni marittime di 
Napoli, Gaeta, Terracina, Civitanova, Pescara, Chioggia, dopodiché sarà 
‘sommossa’ . «Mio marito è stato sempre un gran lavoratore  - afferma Rosa – e 
adesso sto costatando quante persone abbia dalla sua parte, sia a terra che in 
mare. Se non si provvede subito al recupero dei corpi sarà sommossa e avremo 
dalla nostra parte persone provenienti da varie parti d’Italia».

Dal primo momento Rosa ha seguito le vicende facendo la spola tra capitanerie (Formia, Gaeta, Napoli, Civitavecchia) e poi uffici ed Enti per sbrigare faccende 
burocratiche. «Non posso nemmeno vivere il mio lutto – aggiunge – occupata a 
girare uffici e ad analizzare documenti. E’ assurdo». Poi il ricordo di quella 
sera: «L’ultima volta l’ho sentito al telefono  per la buonanotte – dice con 
gli occhi lucidi – erano le 21 di martedì 19. Non abbiamo parlato molto, ero 
stanca, mi ha detto “Buonanotte amore” e poi non l’ho più sentito».

Fino a qualche giorno fa la donna, conscia dell’esperienza marittima di suo marito, era convinta che lui fosse in salvo su una zattera. Adesso, dopo l’ultima 
ispezione del relitto ad opera del Rov che ha confermato la presenza della 
zattera, ha perso ogni speranza ma vuole lottare per avere giustizia. «Prima 
dovranno restituirci i corpi – conclude- e poi indagare sulle dinamiche del 
relitto: se è stato un incidente, una morte bianca, mi metto l’anima in pace. 
Se c’è un colpevole deve pagare».  In attesa di notizie anche la moglie di 
Khalifa, la 45enne Kajhida che vive in Tunisia assieme ad altri 6 figli. Per 
venerdì è previsto l’arrivo in Italia di Chamseiddine, il primogenito del 
marinaio tunisino disperso. 
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