Si tratterebbe, secondo la curatela, di «una procedura di espropriazione per pubblica utilità, funzionale al perseguimento delle finalità del programma di rigenerazione urbana, la cui approvazione costituisce variante urbanistica automatica e comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di urgenza e indifferibilità dei lavori. Tuttavia né il decreto legge né il decreto amministrativo impugnato prevederebbero l'attribuzione di poteri espropriativi al commissario e al soggetto attuatore, per cui la procedura si svolgerebbe in violazione del principio di legalità». Inoltre, «non essendo previsto alcun indennizzo certo, ricorrerebbe la violazione dei parametri costituzionali di cui all'articolo 42, terzo comma, della Costituzione». Di tutt'altro avviso, invece, i giudici amministrativi, secondo i quali «il contesto normativo in cui è situata la procedura censurata richiama le finalità di bonifica delle aree inquinate e degradate appartenenti alla società Bagnolifutura, che è fallita anche nello scopo per cui era stata istituita, non essendo riuscita né a bonificare il territorio di Bagnoli né tantomeno a trasformarlo in un ambiente urbano vivibile. Il principio di legalità imposto dall'articolo 42, terzo comma, della Costituzione, a presidio della legittimità costituzionale della espropriazione della proprietà privata risulta, nella fattispecie, soddisfatto sia in senso formale, essendo una legge, nel caso concreto, a disporre direttamente l'espropriazione, sia in senso sostanziale, sussistendo giusti motivi di interesse generale per la sottrazione delle proprietà alla società fallita, ravvisabili nella urgenza di avviare le attività di bonifica del sito a tutela dell'interesse pubblico alla salute e a difesa dell'ambiente».
Non solo.
Per il Tar «ricorrono oggettivi presupposti di necessità e urgenza che hanno indotto il governo a intervenire autoritativamente con lo strumento eccezionale del decreto-legge. La gravità della situazione, l'estremo degrado ambientale dell'area di Bagnoli su cui è intervenuta la decretazione d'urgenza, l'inutilità di plurimi interventi delle autorità competenti in via ordinaria e persino di quelle istituite per affrontare l'emergenza giustificano il superamento di tutte le procedure ordinarie per l'espropriazione dei beni, strumentale non solo al risanamento ambientale del territorio, ma anche alla rigenerazione urbanistica del sito che richiede la celere attuazione degli interventi in programma previo spossessamento dei proprietari strutturalmente inidonei, per lo stato fallimentare in cui versano, a eseguire ogni sorta di attività compatibile con il pubblico interesse». Quanto all'aspetto relativo ai creditori, per il Tar i rilievi mossi dai ricorrenti vengono meno in seguito alla riscrittura dell'articolo 33 dello sblocca-Italia, che ha stabilito «nuovi criteri di indennizzo e la soppressione della società di scopo aperta ai privati». Da questo punto di vista la strada appare allora più in discesa. Restano però da sciogliere altri due nodi: in primis i rapporti, ancora tesi, tra Renzi e de Magistris; e poi il dissequestro dei suoli, problema che Nastasi dovrà affrontare nelle prossime settimane.