Pompei, Pd contro l’ex sindaco
«Poteri occulti? Faccia i nomi»

Pompei, Pd contro l’ex sindaco «Poteri occulti? Faccia i nomi»
di Pietro Treccagnoli Inviato
Giovedì 1 Settembre 2016, 10:30 - Ultimo agg. 10:46
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Pompei. Li chiamano «chiammisti» perché, quando la coda per entrare a Pompei diretti agli Scavi o al Santuario, si attorciglia fin sopra gli svincoli dell’autostrada, i «chiammisti», procacciatori per i parcheggiatori, vanno a chiamare, a invitare, a prenotare un posto all’ombra per gli automobilisti imbottigliati. «Follow me, follow me» ripetono come le guide che introducono nel sito archeologico, o un napoletanissimo «Venite dotto’». Sarebbe vietato, si rischia una multa di mille euro, ma nessuno se ne importa. A Pompei tra devoti alle rovine e devoti alla Madonna arrivano in media dieci-quindicimila visitatori al giorno che si sommano ai 23mila residenti. Alla fine dell’anno, facendo qualche moltiplicazione, sono circa tre milioni e mezzo a scarpinare lungo via dell’Abbondanza e tre milioni almeno a inginocchiarsi davanti all’effigie del Vergine del Rosario.

Numeri stratosferici, da farsi la croce e rendere onore al sacro e al profano. Invece l’abbondanza può strozzare la politica, rendendola incapace di governare, perché in giro ci sono troppi «chiammisti» con piccoli interessi locali. Follow me, follow me. E si va a sbattere, sbandando, come è accaduto all’ormai ex sindaco Ferdinando Uliano. Ed è la terza volta consecutiva che il consiglio comunale si scioglie prima del tempo. Ieri è stato prontamente nominato il commissario. È il prefetto Donato Cafagna, che ha tra le mani anche la patata bollente della Terra dei fuochi. Pompei sta per essere sommersa da una lava di denaro, altro che eruzione del Vesuvio. Trentacinque milioni di euro per l’hub che dovrebbe trasformare la stazioncina paesana di Villa dei Misteri in una fermata internazionale con treni che in un’ora e mezza collegano gli Scavi direttamente con Roma. Va aggiunta una bella fetta dei 27 milioni che, con il bando «Cultura Crea», il ministro Dario Franceschini ha destinato all’archeologia campana. Alta Velocità, bei soldi, grande casino.

E l’amministrazione che fa? Si accapiglia tra presunti poteri forti e concretissimi poteri e ingordigie locali, stradaiole, tra i pullman dirottati lontano da piazza Esedra e la voglia rinnovata periodicamente di qualche licenza edilizia personale costantemente negata. Il sindaco, eletto due anni fa, ha ballato per due anni. Cambiando e ricambiando assessori in un’interminabile tammurriata vesuviana. È l’esito che, tra Napoli e provincia, ha coinvolto i leader radicali, vagamente o dichiaratamente Masanielli, capipopoli senza partito o con partiti spaccati e rinsecchiti come angurie esposte al sole. A Quarto con Rosa Capuozzo, a Bacoli con il blogger Josi Della Ragione, a Portici con Nicola Marrone, ma anche a Napoli con Luigi de Magistris e, con tutte le particolarità del caso, a Pompei con Uliano. Sindaci spesso ebbri di populismo, capaci di fare il pieno di voti, sbancare elettoralmente, ma poi, alla prova del governo, costantemente in balia di spifferi, correnti, sempre scossi, elettrizzati, fino a mandare tutto in corto circuito.

Ma se la Capuozzo ha retto, se DeMa è stato rieletto con la maggioranza dei voti della minoranza che ha votato, se attorno a Della Ragione è scesa in piazza parte della comunità flegrea, l’uscita di scena di Uliano è stata accompagnata dal gelo. Molte telefonate private: «Mi hanno chiamato Luigi de Magistris» elenca il sindaco disarcionato «il parlamentare Paolo Russo, due donne meravigliose come Luisa Bossa e Anna Maria Carloni, lo scriva, lo scriva, il sovrintendente Massimo Osanna e Josi». Ma scarsi messaggi pubblici e con un Pd che risponde alle bordate di Uliano con un fuoco di fila: nell’ora delle esequie si ricompatta chi al battesimo era spappolato come una polpetta senza carne. Al voto del 2014 il Pd ha presentato due candidati, ma nessun simbolo. C’era e non c’era. Chi si era alleato con Forza Italia, chi sceglieva la civica, chi faceva il cinico. Ha vinto Uliano, un passato da consigliere e pure da vicesindaco, origini margheritine e renziano della prima ora, ma appoggiato da «Rifare l’Italia», i giovani turchi sturchizzati, mentre i renziani della seconda ora appoggiavano il rivale Franco Gallo. Con queste premesse, non potevano che prepararsi due anni vissuti pericolosamente.

E così è stato. Cambi e defenestrazioni di assessori, passaggi e trasformismi dalla maggioranza all’opposizione e viceversa, gabbane rivoltate come cappotti sdruciti. «Ho sventato molti golpe in ventiquattro mesi tormentati» ammette Uliano. «Sono stato un sindaco scomodo, ma non mollerò. Mi ripresenterò, non si libereranno di me e fino a quando ci sarò io l’hub se lo scordano, utilizzeremo quei soldi per i veri bisogni della città. L’ho detto pure alla riunione a Palazzo Chigi ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso». Che poi valli a capire questi bisogni, perché scavi scavi e quello che chiedono i pompeiani è di galleggiare, di farsi sistemare l’illuminazione sotto casa, di alzare un terzo piano dove non si può e, se va bene, sperare che un po’ dell’eruzione di forestieri che sommerge la città qualcosa di più resti attaccato alle dita dei cittadini.

Adesso gli unici a fare affari sono gli ambulanti a colpi di souvenir, i parcheggiatori, i chioschi con le bibite e le guide.
Per il resto stanno a guardare e a pagare, per esempio, un tributo per i rifiuti che nel prezzo comprende quanto lasciano sparso i forestieri guarda e fuggi. Si vive di turismo per un’ora e mezza a persona. I crocieristi non si fermano a mangiare, tanto meno a dormire. Sono prede da spennare. Pochi, sporchi e subito, perché non torneranno. Per loro Pompei c’è sola una volta nella vita, non fateveli scappare. Il vescovo Tommaso Caputo, potere molto ascoltato nella città di Bartolo Longo, resta alla finestra e diplomaticamente sottolinea «la differenza dei ruoli» che non significa un disinteresse per le sorti amministrative e politiche: «Mi sento di esprimere, pur senza entrare nel merito delle diverse soluzioni prospettare, l’augurio di una pronta soluzione della crisi, in modo da assicurare a Pompei un futuro sempre più in linea con la sua storia non solo importante ma, per molti versi, unica». Il compito pastorale impone di andare con i piedi di piombo. Qualsiasi passo sarebbe prematuro e si rischierebbe uno scivolone.
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