Porto di Napoli ancora senza guida:
i nodi irrisolti, l'allarme degli operatori

Porto di Napoli ancora senza guida: i nodi irrisolti, l'allarme degli operatori
di ​Antonino Pane
Mercoledì 16 Novembre 2016, 17:01 - Ultimo agg. 17:13
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Bilancio, dragaggi, darsena di levante, piano regolatore portuale, Grande progetto, veleni interni, imprenditori che si combattono non con la produzione ma con la carta bollata. E poi la riforma, le resistenze del  porto di Salerno all’accorpamento con  Napoli.  Una situazione  veramente preoccupante.

Debiti non pagati alla port authority e non incassabili e, sullo sfondo, c’è tutta l’insoddisfazione degli operatori per un commissariamento che dura ormai da tre anni, per infrastrutture che non riescono a completarsi, per il continuo rimpallo di responsabilità sugli obiettivi non raggiunti, su controlli mai eseguiti o su crediti non riscossi. Il mancato escavo dei fondali, una storia che dura da oltre 15 anni, ha fatto saltare i nervi a molti operatori. E non ci sono più scuse ragionevoli e credibili, tenuto conto che quasi il 50% dei porti italiani è in area SIN (Sito di bonifica di interesse nazionale) ma  Napoli resta il fanalino di coda nonostante il ministero dell’Ambiente abbia seguito un lungo iter approvativo che ha visto l’emissione di ben sette decreti.

Il  porto di Napoli negli ultimi tre anni ha perso, infatti, centinaia di posti di lavoro ed altrettanti li perderà nei prossimi mesi quando sarà cessato l’accompagnamento degli ammortizzatori sociali. Un disastro preannunciato che si accoppia alle richieste risarcitorie milionarie avanzate, in sede giudiziale, da molti concessionari.

Non solo: attualmente le richieste di risarcimento all’Autorità Portuale ammontano a quasi 140 milioni di euro, di cui 37 milioni richiesti dalla Conateco, 3 milioni richiesti dalla Soteco, 70 milioni richiesti da Porto Fiorito spa (il concessionario del porto turistico mai realizzato) e 27 milioni dall’appaltatore della nuova darsena di levante, la Trevi spa. Un ammontare molto prossimo all’importo restituito all’Ue sul Grande progetto (148 milioni di euro) che la Regione Campania si è vista costretta a riproporre nella programmazione 2014-2020, sottraendo ovviamente equivalenti risorse ad altri investimenti.

Chi risponderà di questo disastro? Quanto alla darsena di Levante, nei giorni scorsi al centro anche di una indagine dell'Anticorruzione e che dovrebbe contenere un milione di metri cubi di sabbie inquinate dei fondali del  porto, l'opera non è ancora ultimata. Un progetto avviato con un accordo di programma del dicembre 2000, su una progettazione assegnata nel 2003 per un importo di circa 5 milioni di euro e per un valore stimato delle opere di circa 40 milioni nel 2004.

Ma dopo una progressiva lievitazione dei costi il progetto, giunto ad un valore complessivo di 154 milioni di euro, veniva appaltato nel 2011 con un contratto che avrebbe dovuto garantire l’ultimazione entro 480 giorni. Ad oggi sono trascorsi oltre 1000 giorni, i costi dell’appalto sono lievitati di oltre 26 milioni di euro, i costi di ingegneria sono passati da 5 a 18 milioni di euro, e l’opera è tutt’altro che pronta. Le previsioni ottimistiche prevedono un completamento nel prossimo mese di marzo, quando saranno trascorsi oltre 1300 giorni.

In tutto questo il progetto degli escavi, quello tanto atteso, ancora non esiste e ci vorranno ancora mesi prima che si possa leggere un bando di gara. Del resto, se il contenitore, non è pronto che fretta c’è? Ma nessuno riesce a comprendere dove si annidano le responsabilità di tanti ritardi eppure in un comunicato del 20 febbraio 2015 il ministero dell’Ambiente scriveva “il dragaggio dei sedimenti del porto di Napoli, giunto all’approvazione dopo ben 7 decreti predisposti dal ministero, ha radici profonde soprattutto per quanto riguarda le criticità di ordine tecnico riscontrate durante l’esame dei progetti trasmessi dall’Autorità Portuale di Napoli”.

A cosa servono dunque le semplificazioni sugli escavi apportate dalla recente legge 221/2015 (collegato ambientale) se non si promuovono iniziative adeguate? Ma tutto questo non basta. Piano regolatore portuale Il Prp, adottato dal Comitato portuale nel settembre 2012 dopo l’approvazione del Consiglio Comunale, è ancora fermo e l’Autorità Portuale si ostina – ad oltre 3 anni – a non fornire al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici le integrazioni richieste nel marzo 2013. Dall’area tecnica fanno sapere che è tutto fermo per “scelte politiche”. Ma quali? Fatte da chi? Gli unici a non volere il Prp sono i concessionari dei depositi costieri che hanno depositato l’ennesimo ricorso contro il Piano Triennale che ancora contiene la realizzazione di boe esterne alla diga foranea per l’ormeggio di navi petroliere, come accade in molti porti del mondo.
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