Post su Fb dopo l'agguato a Napoli: «Resto a testa alta»

Post su Fb dopo l'agguato a Napoli: «Resto a testa alta»
di Nico Falco
Martedì 3 Maggio 2016, 09:25 - Ultimo agg. 09:29
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L'aria provata, il dito medio alzato e una didascalia: «Massa di infami, mi avete solo graffiato ma noi cammineremo sempre a testa alta mentre voi la testa alta l'avete solo quando camminate con gli infami come voi». Lo sfondo è il letto di ospedale. Sono passate cinque ore da quando gli hanno sparato e la fotografia compare su Facebook. Il messaggio è pubblico, come vuole la moda recente di usare il popolare social network per comunicare con gli amici e minacciare i nemici. Una esigenza, quella di far sapere che, chiunque ha premuto il grilletto, non è riuscito nel suo intento. Che non ha causato ferite gravi e, soprattutto, non fa paura. Lui, il ragazzo ritratto, è ancora minorenne, ha compiuto diciassette anni qualche mese fa. Lo hanno ferito domenica sera a Cavalleggeri.

Gli investigatori del commissariato San Paolo, guidato da vice questore Maurizio Fiorillo, al momento non escludono nessuna pista, da quella della lite degenerata a quella, molto più preoccupante, che porta diritta alle lotte tra clan camorristici. Il ragazzo infatti, pur non avendo nessun precedente penale di rilievo, ha una parentela importante: è il figlio di Alessandro Giannelli, arrestato dai carabinieri a febbraio dopo lunghe ricerche, bloccato in autostrada mentre correva in direzione Roma. Quei colpi di pistola, esplosi verso le gambe, per ferire ma non per uccidere, hanno il sapore di un avvertimento. Di un segnale i cui codici sono da ricercare nei linguaggi di sangue e piombo del «sistema» e che potrebbe essere una sfida aperta a chi ha provato a scalzare i malavitosi storici. Alessandro Giannelli, trentasette anni, alle spalle una lunga detenzione e una militanza nel clan d'Ausilio, dopo la scarcerazione, sebbene in attesa di processo, avrebbe sfruttato la libertà di muoversi sul territorio per stringere accordi con alcuni gruppi criminali napoletani, approfittando delle altre faide in corso e proponendosi come interlocutore per la zona di Bagnoli. Sarebbe riuscito ad allargare la propria influenza ad Agnano e a spingersi fino a Pianura, con il beneplacito dei vertici del clan Mele.

Un tentativo di espansione che avrebbe smosso gli equilibri criminali dalle fondamenta, portando a «stese» a Cavalleggeri e nel quale, probabilmente, sarebbe maturato l'omicidio di Pasquale Zito, il ventunenne ucciso sotto casa sua a Bagnoli per motivi ancora da chiarire. Il ferimento di domenica, che secondo questa chiave di lettura si inquadrerebbe negli scontri tra gruppi criminali della periferia ovest napoletana, è avvenuto poco dopo le venti. Il ragazzo, stando a quanto da lui stesso dichiarato successivamente alle forze dell'ordine, si trovava in via Cavalleggeri d'Aosta, nei pressi del bar gestito dal nonno. Gli aggressori sarebbero arrivati in sella a uno scooter bianco e avrebbero sparato direttamente.

Un'azione fulminea, tanto che il ragazzo non sarebbe stato in grado di riconoscerli e nemmeno di vederli in volto. Avrebbero esploso almeno tre colpi prima di scappare. La vittima, ferita, si sarebbe rifugiata nel bar. Il ragazzo è stato accompagnato al Pronto Soccorso dell'ospedale San Paolo da un amico, che lo avrebbe raggiunto nel locale dopo la sparatoria, allarmato dal rumore dei colpi. Le forze dell'ordine hanno avviato i sopralluoghi sul posto indicato, non trovando però né bossoli né tracce di sangue. I rilievi della Scientifica, guidata dal dirigente Fabiola Mancone, sono stati effettuati anche sull'Honda Sh del minorenne, nel frattempo portato nel parcheggio del San Paolo dalla madre: sul mezzo sono state trovate tracce di sangue e una pallottola conficcata nella carena posteriore.

Il diciassettenne è stato trattenuto per accertamenti medici nel reparto di Chirurgia anche se la ferita non è gravissima.

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