Premi agli atenei, Sud indietro
I rettori: sì alla sfida del merito

Premi agli atenei, Sud indietro I rettori: sì alla sfida del merito
di Marco Esposito
Venerdì 19 Maggio 2017, 08:31
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 I numeri sono impietosi: fra i 352 dipartimenti universitari eccellenti, che si sfideranno in una competizione per individuare i 180 da premiare, solo 54, il 15%, è del Sud. Ma i rettori delle università meridionali appaiono decisi ad accettare comunque la sfida, in base al principio che il merito è un criterio non discutibile. L’articolo pubblicato ieri sul Mattino a firma Alberto Baccini ha colto nel segno. Ha reso chiaro che premiare il merito in un contesto diseguale produce ulteriori iniquità, come denuncia in modo argomentato il sito www.roars.it. I fatti, in sintesi, sono questi: si è presa la classifica Anvur più recente sulla valutazione della qualità della ricerca e si sono preselezionati 352 dipartimenti di qualità sugli oltre 800 presenti in Italia. I migliori 180 di quei 352 in base a progetti da presentare entro il 31 luglio riceveranno 1,5 milioni l’anno per un quinquiennio.

Quella classifica Anvur, però, risale al periodo 2011-2014 e produrrà effetti dal 2018 al 2022. Un ateneo di grandi dimensioni come Messina è andato molto male in quel periodo, ha già ricevuto nel 2016 e nel 2017 meno risorse in base a quella cattiva valutazione e adesso è tagliato fuori da ogni possibile premialità per altri cinque anni: sette anni di punizione sembrano più una maledizione biblica che un incentivo a migliorarsi. Oltre a Messina, sono del tutto escluse dalla premialità anche le università del Molise e della Basilicata. Il numero uno della Conferenza dei rettori, Gaetano Manfredi, non nega che ci siano problemi in alcuni territori ma si rifiuta di sintetizzarli in un dualismo Nord-Sud.

«C’è un caso Sicilia - afferma - perché solo il 10% dei dipartimenti parteciperà alla fase premiale, contro una media nazionale poco sopra il 40%. Se guardiamo al Nord, anche la Liguria è andata malissimo. La Campania invece ha portato alla fase premiale il 38% dei dipartimenti, non lontano dalla media nazionale e meglio degli atenei del Lazio, che si sono attestati al 36%». Manfredi è rettore della Federico II, università che vedrà partecipare alla competizione vera e propria 13 dipartimenti su 26, esattamente la metà. «Voglio sottolineare - puntualizza Manfredi - che stiamo discutendo di somme aggiuntive, veramente premiali, che non andranno a intaccare il Fondo di finanziamento ordinario. La sfida della valutazione non può essere elusa e non va temuta. Quanto alla perequazione in favore delle aree più deboli, lo strumento idoneo è quello del costo standard. Mi aspetto, in sede di aggiornamento dei criteri, un rafforzamento della quota perequativa».

Sulla stessa linea il rettore dell’Università di Salerno, Aurelio Tommasetti, che vede in corsa sei dei suoi sedici dipartimenti. «Abbiamo un organismo di valutazione e mi sembra naturale che si utilizzino le tabelle dell’Anvur. Fra i 352 dipartimenti che parteciperanno alla premialità, in Italia ve ne sono 119 che partono dal punteggio pieno di 100/100. Ebbene: Salerno ha ben tre dipartimenti al top, contro i due della Sapienza e i due della Federico II. L’eccellenza viene riconosciuta anche se, vorrei esser chiaro, l’Italia investe troppo poco per la ricerca e non sono sufficienti questi 271 milioni annui di premialità a recuperare lo svantaggio con altri Paesi europei». Più critica la posizione del rettore dell’Università di Bari, la quale ha 4 dipartimenti in corsa su 23.

«Il nostro dipartimento di medicina veterinaria - spiega Antonio Felice Uricchio - ha il primato nazionale e potrei dirmi soddisfatto, ma è evidente che paghiamo regole che sfavoriscono il Sud. Penso in particolare alle politiche di reclutamento, con un turnover più basso negli atenei che incassano meno tasse universitarie dagli studenti, una variabile strettamente correlata alla ricchezza di un territorio. Non credo che ci sia un piano premeditato contro il sistema universitario del Mezzogiorno ma è indubbio che in assenza di correttivi si assisterà alla ulteriore migrazione di studenti verso Nord. Il diritto allo studio - penso alle borse come agli alloggi per studenti - non può avere differenziazioni sul territorio». 

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