Proiettili e minacce al giudice
del caso Fortuna

Proiettili e minacce al giudice del caso Fortuna
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 3 Maggio 2017, 23:58 - Ultimo agg. 4 Maggio, 13:49
3 Minuti di Lettura
Due proiettili in un pacco spedito in Procura, che contiene anche una minaccia scritta su un foglio: «Queste pallottole sono per te e per altri», è la sintesi delle intimidazioni, con un esplicito riferimento al processo sulla morte a Fortuna Loffredo. 

Minacce di morte rivolte al giudice Alfonso Barbarano, presidente della quinta Corte d’Assise da un anno impegnato nel dibattimento sulla morte di Fortuna Loffredo, la bimba di sei anni violentata e uccisa il 24 giugno del 2014 nel parco verde di Caivano. Fu trovata morta, riversa al suolo, dopo essere stata probabilmente gettata dal balcone dei piani alti di un edificio Iacp inglobato tra i palazzoni del Parco verde. 

Pochi giorni fa il plico è stato spedito Tribunale ed ha subito impressionato gli inquirenti per il suo contenuto: due pallottole, che sono ora all’attenzione del laboratorio di polizia scientifica sotto la guida del primo dirigente Fabiola Mancone, nel tentativo di risalire a possibili impronte digitali o ad eventuali tracce lasciate dal mittente. 
Non è la prima volta che il giudice Alfonso Barbarano finisce al centro di pesanti intimidazioni, dal momento che mesi fa è stato destinatario di una prima lettera anonima. Ora arrivano le due pallottole in busta chiusa, con un generico - per quanto poco lusinghiero - invito a non creare problemi nel processo Loffredo, quello istruito a carico dei presunti assassini della piccola Fortuna Loffredo. 

Indagine per minacce condotta in questi giorni a Napoli, ma destinata ad essere trasmessa per il seguito degli accertamenti presso la Procura di Roma, ufficio titolare dei fascicoli che vedono coinvolti (anche come parte offesa) magistrati del distretto di Corte di Appello di partenopeo. In questi giorni, massima attenzione ai vertici del Palazzo di giustizia di Napoli, con il diretto interessamento del Procuratore generale Luigi Riello, del procuratore reggente della Procura di Napoli Nunzio Fragliasso e del pm Stefania Buda, magistrato titolare delle indagini sulle minacce al giudice, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Alfonso D’Avino. 

Una vicenda delicata, che ha spinto il procuratore di Napoli Fragliasso a lavorare in stretta sintonia con il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, ma anche con gli inquirenti di Napoli nord che sono titolari dell’inchiesta culminata negli arresti dei due presunti responsabili della morte della piccola Chicca. Come è noto, grazie al lavoro della Procura guidata da Francesco Greco da mesi si sta svolgendo un processo a carico di due imputati. Indagini coordinate dal pm Claudia Maone e dal procuratore aggiunto Domenico Airoma, come è noto sotto accusa è finito Raimondo Caputo, detto Titò, che risponde per omicidio e violenza sessuale; ma anche la sua ex convivente Marianna Fabozzi, che risponde invece di concorso in violenza sessuale a carico delle sue tre figlie (la prima delle quali - bene ricordarlo - è teste chiave a carico di Raimondo Caputo), mentre in un altro filone di indagine risulta indagata per omicidio volontario del proprio figlio maschio, il piccolo Antonio Giglio (scaraventato dal balcone di casa il 27 aprile del 2013).

Continua a leggere sul Mattino Digital
© RIPRODUZIONE RISERVATA