Qualiano. L'ultimo saluto a Fabio
vigile del fuoco «discontinuo»

Qualiano. L'ultimo saluto a Fabio vigile del fuoco «discontinuo»
di Chiara Graziani-Inviato
Giovedì 6 Ottobre 2016, 19:46 - Ultimo agg. 7 Ottobre, 09:08
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Qualiano. Il casco da vigile del fuoco ondeggia sulla bara sollevata a spalle e poi cade di lato: Fabio De Muro, vigile del fuoco discontinuo, si è ucciso per quel casco che, anche in morte, sembra non adattarsi a lui e scivola via, rotolando sul sagrato della chiesa dell’Immacolata di Qualiano. Fabio De Muro è stato scartato dallo Stato, dopo nove anni di precariato, fissando un limite d’età troppo basso per lui e per migliaia di precari, storici come lui. Dodicimila in tutta Italia. Milleduecento fra Napoli e provincia. Una categoria orfana, zittita, scartata, recintata. Una categoria compressa nell’abito di un bando cucito per gente più giovane di questi quarantenni che, discontinuamente, hanno spento per noi incendi, salvato vite, scavato macerie, camminato nel fango, a fianco degli effettivi. Fabio De Muro, 42 anni non compiuti, l’ha scritto nell’ultima lettera prima di avviarsi a morire con addosso la divisa che non gli spettava più per età. «Sono un prigioniero della precarietà. Sono morto da un pezzo». Il giorno del suo funerale ci sono i colleghi stabili e quelli precari. Carlo Sales, di Villaricca, quarantenne anche lui, sta in piedi dietro alla bara per tutta la cerimonia. Sul giubbotto da vigile del fuoco un cartello scritto a penna: «Discontinui, precari d’Italia». Perchè la tragedia di Qualiano ha ridato un po’ di visibilità agli angeli invisibili. I discontinui. Quelli che lavorano tre-quattro mesi l’anno, a chiamata, rimpolpando gli organici allo stremo del corpo e che ora si sentono espulsi. Il parroco dell’Immacolata, don Francesco Martino, lo dice chiaramente. E più duro, nella sua apparente mitezza, non potrebbe essere.
 

 


«Fabio non chiedeva il lusso o un sussidio. Chiedeva la dignità di un posto, un posto di lavoro. Chiediamo perdono per le omissioni, nostre e della politica, di chi ha scelto di far finta di non vedere e non sentire e l’ha indotto a disperazione. Il Signore gli ha preparato, Lui, un posto. E gli ha detto: vieni servo buono e fedele, siediti e prendi il tuo posto». La chiesa non regge: i parenti, gli amici, i precari, applaudono. In prima fila i fratelli, Antonio ed Enzo e la mamma, Palma. E ci sono anche le autorità. Pochi lo notano, ma don Francesco, con gran garbo e con acuminato rispetto, non le risparmia. «Un posto, dicevamo. Ognuno di noi cerca di occupate un posto. Ricordatevi che è precario. Temporaneo. Lo lasceremo ad altri. Il sindaco qui davanti, ad esempio, quanto occuperà oggi? Cinquanta centimetri? Tutto passa, I posti li riempiamo a turno». In prima fila il sindaco Ludovico De Luca ed il comandante provinciale dei vigili del fuoco, ingegner Gaetano Vallefuoco. In mattinata hanno partecipato alla posa della prima pietra di una caserma dei vigili, agghiacciante coincidenza con la morte ed i funerali di Fabio.

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