Indagini che oggi hanno raggiunto un punto fermo, a partire proprio dal momento della scomparsa. Viene infatti smentita l’ipotesi che Rosa abbia lasciato Napoli usando un treno per Brescia. Si fa avanti un’altra possibilità: la ragazzina è stata portata via da Sant’Antimo, a bordo di un furgone guidato da un connazionale di Alì, un cittadino pakistano che si sarebbe prestato a fare da transfert. Una circostanza che spinge gli inquirenti a verificare l’esistenza di una rete di contatti che potrebbe aver protetto Alì durante il suo allontanamento dall’Italia.
Mesi trascorsi in Francia, in Belgio e, soprattutto, in Germania, approfittando del patto di mutuo soccorso che in genere rafforza le comunità pakistane in giro per il mondo. Una trama di contatti e relazioni, su cui oggi è attiva l’intelligence italiana nel tentativo di dare una risposta alle esigenze di chiarezza e di giustizia di una famiglia e di una intera comunità metropolitana.
Che fine ha fatto Rosa? Può una 15enne, per quanto suggestionata dalla figura di un adulto, decidere di lasciare la propria famiglia senza un motivo? Domande che i genitori di Rosa hanno rivolto anche ieri mattina ai genitori di Alì, nel corso dell’ennesimo faccia a faccia avuto a Brescia. Incontri da cui emergono particolari utili alle indagini, accanto a risposte decisamente più evasive. In sintesi, secondo quanto emerge dalle trasferte bresciane di questi mesi, i parenti del pakistano avrebbero confermato che Rosa fosse in compagnia di Alì, nei primi giorni del suo allontanamento dalla casa paterna, senza offrire però particolari utili alla ricerca della ragazza. Intanto, il pressing investigativo sul caso della 15enne di Sant’Antimo sembra aver dato i primi frutti.
Gli inquirenti lo hanno rintracciato, hanno ricostruito i movimenti di Alì negli ultimi mesi, in un via vai tra comunità pakistane in Francia e in Germania. Non è inseguito da un mandato di cattura internazionale, formalmente le indagini sul suo conto sono ancora aperte, ma il suo atteggiamento tradisce il desiderio di far perdere le tracce.
Un caso che fa i conti anche con altri punti interrogativi. Da almeno due mesi, infatti, l’attenzione della famiglia è concentrata sul ritrovamento in Francia di un cadavere carbonizzato. Potrebbe appartenere a una bambina di età compresa tra i 12 e i 15 anni ed è stato rinvenuto nonostante non fosse pervenuto alle autorità francesi una denuncia di scomparsa. Un giallo sul quale la famiglia di Rosa chiede chiarezza, tanto da spedire un tampone con il dna della 15enne di Sant’Antimo in Francia, per realizzare una sorta di comparazione. Si attendono gli esiti, mentre la richiesta di collaborazione con le autorità italiane ha investito l’intera comunità pakistana a Brescia. Chiaro il concetto: omertà e chiusura al cospetto degli inquirenti potrebbe rendere automatica l’espulsione dal territorio italiano per amici e parenti di Alì in condizioni non regolari.
Su un altro versante, sono state invece ascoltate amiche e conoscenti di Rosa, che hanno avuto modo di confermare quanto era apparso evidente ai genitori della ragazzina negli ultimi mesi prima della sua scomparsa.
Rosa - hanno confermato alcuni testi - aveva intrapreso un percorso di islamizzazione, proprio sulla scorta di quei contatti vissuti sui social con Alì. Un caso che resta per molti versi misterioso, come il tenore di vita del pakistano, prima e dopo che il caso Rosa Di Domenico scoppiasse sui giornali: usava (e usa) auto di grossa cilindrata, non sembra essere costretto a lavorare per vivere, approfittando del radicamento decennale della comunità appartenenza nel Bresciano. Una condizione su cui la famiglia di Rosa chiede chiarezza, nella speranza che Alì venga interrogato su quel traffico di foto scabrose con una minorenne (reato per il quale è previsto l’arresto) e sull’improvvisa scomparsa della ragazzina da una famiglia di persone oneste.