Roberti: «Squadra anticlan comune
tra Italia e Spagna»

Roberti: «Squadra anticlan comune tra Italia e Spagna»
di Paola Del Vecchio
Venerdì 7 Ottobre 2016, 08:25
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Madrid. «La Spagna è il terreno privilegiato dei gruppi camorristici per il traffico di stupefacenti, soprattutto per il riciclaggio dei profitti del narcotraffico. Finalmente, con i colleghi spagnoli, si è raggiunta la comune consapevolezza che non ci si può limitare all'esecuzione di rogatorie provenienti dall'Italia, ma deve essere sviluppata un'attività di investigazione comune, contestuale, con scambio di informazioni costanti, indagini parallele, obiettivi investigativi unitari. A livello operativo, oggi abbiamo uno strumento in più: la squadra investigativa congiunta contro la camorra, attivata dalla Procura di Napoli con la Procura speciale anti corruzione e crimine organizzato iberica, che ci consente di operare in Spagna». Significa che per la camorra, che ha gomorrizzato' la terra di Cervantes, è finita la festa? Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, non lo dice, ma non nasconde la soddisfazione per i passi avanti nella cooperazione giudiziaria fra due paesi, che definisce «esemplare e privilegiata».

A Madrid, per la firma imminente di un protocollo di collaborazione per la lotta al terrorismo jihadista, assieme all'amico ventennale, Javier Saragoza, procuratore capo dell'Audiencia Nacional, si è riunito con la procuratrice generale dello Stato, Consuelo Madrigal, e i vertici delle speciali procure anticorruzione e antidroga, per definire strategie comuni per un'efficace risposta preventiva e sinergica. Che significa «seguire la pista dei soldi e uno scambio di informazioni in tempo reale», ricorda Roberti. Applicare al terrorismo il metodo di lavoro gomito a gomito sperimentato dalle Procure per la lotta ai clan. «Noi della procura nazionale italiana in questo momento abbiamo segnalato operazioni finanziarie sospette sia in materia di antimafia che dirette al terrorismo. Con il nucleo speciale di polizia finanziaria della Guardia di Finanza incrociamo le segnalazioni sospette con le nostre basi di dati, per ricostruire reti di rapporti fra soggetti potenzialmente pericolosi, in modo tale da consentire di avviare indagini, con informazioni dirette e in tempo reale». In questo senso, il memorandum con la Spagna, il primo in materia fra i due paesi della Ue, può diventare un modello di cooperazione a livello europeo, perché «è completo ed esaustivo delle buone prassi in materia di antiterrorismo».

Colpire i soldi, significa colpire in maniera coordinata l'alta intensità di capitali provenienti da traffico di droga e armi, contrabbando e traffico di esseri umani, riciclati nella grande lavatrice' spagnola. Che, pur restando hub strategico per la distribuzione continentale per cocaina e hashish proveniente da Sud America e Nord Africa, comincia a diventare un terreno insidioso per le cosche, massicciamente presenti sulla Costa Nostra di Marbella, o alle Canarie o alle Baleari, così come a Cadice, nel centro storico di Barcellona, in quello finanziario di Madrid, ma anche nelle tranquille località della Costa Dorada come Sitges, o nell'entroterra barcellonese del Born, dove le attività di riciclaggio sono ormai diversificate come multinazionali. «Sono oggetto delle indagini in corso della squadra di polizia italo-spagnola congiunta», assicura Roberti. «Parliamo dei settori immobiliare, finanziario, alberghiero, della ristorazione. Sono inchieste a tutto campo che riguardano sia il territorio spagnolo che quello italiano e dalle quali ci aspettiamo ottimi risultati». I filoni più promettenti riguardano i boss che da queste parti hanno costruito imperi, come il re' degli scissionisti, Raffaele Amato, O spagnolo', arrestato nel 2009 a Marbella . «Oggi è in carcere a Napoli sottoposto al duro regime del 41 bis. Ma gli spagnoli' sono ancora operativi nella penisola iberica e, anzi, sono accertate contrapposizioni all'interno del clan, per cui le indagini fra i due paesi si estendono a largo raggio», ricorda il procuratore antimafia. O come i Polverino, con il boss Giuseppe arrestato nel 2012 a Jerez de la Frontera. «C'è un'inchiesta che la Dda di Napoli sta conducendo su un altro clan camorristico con la squadra investigativa comune dalla quale ci aspettiamo a breve importanti sviluppi», assicura Roberti. Che, per ovvi motivi, non intende fare nomi.