Ma chi se la mangia la pizza del robot?

Ma chi se la mangia la pizza del robot?
di Anna Trieste
Martedì 26 Aprile 2016, 11:45 - Ultimo agg. 27 Aprile, 09:41
2 Minuti di Lettura
Immaginate di tenere due milioni e mezzo di euro che di questi tempi non sono proprio una mazzetta e di poter utilizzare questi soldi per progettare e costruire un avveniristico robot. Ecco, è lecito immaginare che noi comuni mortali, sempliciotti e pure un poco ignoranti delle cose più tecnologicamente importanti, utilizzeremmo questi soldi per assemblare un robot dotato di superpoteri, alto, bello, forte. 

In grado di fare da solo e senza fatica cose che noi da soli o in compagnia non solo non riusciamo a fare o facciamo una chiavica. Ebbene, fortunatamente per noi e per la crescita e il progresso di tutta l’umanità, questi soldi non sono arrivati nelle nostre tasche ma, direttamente dall’European Research Council, all’Università Federico II di Napoli la quale, attraverso i cervelloni del Prisma Lab, ha deciso di impiegarli tutti per mettere insieme un robot che fa «’e pizz». Sì, le pizze. Una cosa che noi napoletani facciamo abbastanza bene da soli e da secoli.

A quanto pare, infatti, questo robot, pur non essendo dotato di arti inferiori ed essendo dunque costretto a stare vita natural durante assettato sopra a una sedia (e questa, già di per sé, almeno darwinianamente parlando, non mi sembra una grande conquista rispetto all’Homo Erectus), essendo però fornito di mani multidita sarà presto in grado, nel giro di due anni al massimo, di muovere queste sue numerose falangi in modo così perfetto da addivenire in breve tempo alla condizione del «Tiene ‘na bella mano a fa ‘e pizz» che è poi la condicio sine qua non del riconoscimento ufficiale del pizzaiolo provetto.

Ora, al di là del fatto che se tiene tutte queste dita lo potremmo impiegare per scopi più fruttuosi come azzeccare i francobolli negli uffici comunali e giudiziari oberati da arretrati di cancelleria o intrattenere la partner nei momenti di stanca del rapporto che, va detto, pure si verificano ma, a noi, comuni mortali, la domanda sorge spontanea: ma tra tante cose che potevamo insegnare a un robot che costa due milioni e mezzo di euro noi proprio il segreto di come si fanno le pizze ci dovevamo insegnare?
Cioè, senza scomodare Marx e le sue profezie sull’alienazione uomo/macchina, insegnare a un robot come fare le pizze a Napoli è un po’ come insegnare a Robocop a tirare le punizioni. Dopo dovremo cambiare il coro in «Robocop è meglio ‘e Pelè» e manco più la soddisfazione di aver tenuto in squadra il giocatore umano più forte del mondo potremo tenere. Embè, e non era meglio se al robot ci insegnavamo a finire la metropolitana e le pizze continuavamo a farcele noi? 

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA