Sangue infetto, in Campania risarcimenti per 230 vittime

Sangue infetto, in Campania risarcimenti per 230 vittime
di ​Maria Pirro
Venerdì 15 Gennaio 2016, 13:04 - Ultimo agg. 14:33
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 La Corte europea condanna l’Italia a risarcire 371 vittime del sangue infetto ed emoderivati, con oltre 10 milioni, per i tempi irragionevoli dei processi sugli indennizzi e nelle transazioni. Il nostro Paese, «di fronte a possibili violazioni del diritto alla vita, non ha offerto una risposta rapida ed adeguata conforme ai propri obblighi», scrive il collegio di Strasburgo nella sentenza che riunisce 19 ricorsi collettivi presentati tra il 2012 e il 2013. Nelle motivazioni viene escluso ogni alibi: «La lunghezza delle procedure è stata eccessiva». E il numero in assoluto più alto di cittadini colpiti da Aids, epatite B e C, a causa di una trasfusione avvenuta orami decenni fa, durante un ciclo di cure o un’operazione, per l’esattezza oltre 230 vittime, ammalati o loro familiari, sono residenti tra Napoli e Caserta.

«Siamo stati i principali protagonisti di questa battaglia giudiziaria», dice soddisfatto l’avvocato Michele Scolamiero che, con il collega Sergio Guadagni, definisce «storica» la sentenza di 120 pagine. «Perché questo procedimento ha già portato l’Italia nel 2014 a eliminare, con un «rimedio legislativo», la disparità di trattamento, tra le stesse vittime, prevedendo, a titolo di equa riparazione, 100mila euro di indennizzo per 6.750 persone entro il 31 dicembre 2017, ed evitando un’ulteriore sanzione di 400mila euro». Difatti la sentenza europea riconosce, oltre alle violazioni, la validità della soluzione adottata, «la cui introduzione è stata fortemente voluta dal ministro Beatrice Lorenzin», precisa lei in una nota. «Il governo la fa franca ancora una volta», replica l’avvocato Anton Giulio Lana, che ritiene invece inadeguati i 100mila euro e quindi la sentenza di ieri: è «insoddisfacente». Ma, se sotto questo aspetto l’Italia si «salva», per il ritardo nell’adempimento, Strasburgo impone un risarcimento da 20 a 35mila euro per 364 ricorrenti. In totale 10 milioni, di cui oltre la metà destinati a vittime campane.

«Tale somma di denaro», puntualizza l'avvocato Massimo Dragara, che segue invece 79 vittime venete, «è per il danno morale dovuto all'attesa di giustizia e alla durata irragionevole dei processi, tecnicamente definito equa soddisfazione, e si aggiunge alla cifra da pagare per il danno alla salute che ha scatenato i primi ricorsi giudiziari, già negli anni Duemila, e ancora pendenti nei tribunali d’Italia, che potranno essere definiti con l’indennizzo di 100mila euro proposto dal governo». 

In 7 casi i giudici stabiliscono risarcimenti per danni materiali che variano tra i 73 mila e 350 mila euro, perché «lo Stato italiano ha violato il diritto a un equo processo e al rispetto alla proprietà privata». Ma, quella di ieri, è anzitutto «una condanna vera e propria sui tempi lumaca dello Stato italiano», dice Andrea Spinetti, portavoce del Comitato vittime sangue infetto, che sottolinea: «Ora speriamo che si accelerino i tempi per risolvere le tante situazioni che attendono una risposta». M5S rievoca «una delle pagine più nere di Tangentopoli», l'Associazione Politrasfusi Italiani, con Angelo Magrini, dice che la sentenza «dà dignità alle persone, e per questo è una vittoria», ma l’avvocato Dario Cutaia, dell’associazione, aggiunge: «In questo modo non si tiene conto delle differenziazioni tra le diverse categorie di malati e tra coloro ancora vivi e quelli che invece sono purtroppo già deceduti».

La Campania è al primo posto nel nostro Paese per mortalità dovuta alle patologie epatiche. «Il contagio del virus, tramite trasfusioni di sangue, riguarda il 10% dei pazienti», spiega il primario di epatologia del Cardarelli, Giovan Giuseppe di Costanzo.

Dal 2015 è, però, iniziata la rivoluzione nelle terapie. «I nuovi farmaci sostituiscono l'interferone, che ha pesanti effetti collaterali: l'efficacia del trattamento aumenta dal 50 fino al 95 per cento dei casi; nella maggior parte si arresta la progressione della malattia». A frenarne la diffusione, fino all'anno scorso, il prezzo di vendita: solo per la Campania la spesa già supera gli 80 milioni. «Si contano infatti 3000 pazienti sottoposti al trattamento. E ne se prevedono altri 7mila». In particolare, la terapia è importante dopo il trapianto di fegato per combattere la recidiva. «In una prospettiva di medio e lungo termine, facendo scomparire il virus con cure sempre più precoci, nei pazienti affetti da epatite C è chiaro che ridurrà sempre il numero di trapianti per cirrosi scompensata», spiega Fulvio Calise, direttore del centro di chirurgia epatobiliopancreatica di Pineta Grande. «Ciò consentirà l'utilizzo di organi per altre patologie come le metastasi da cancro del colon retto, alla luce di interessanti studi pilota portati avanti negli Stati Uniti e in Norvegia». Un’altra speranza che si accende, oltre i confini nazionali.

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