Sanità, livelli di assistenza:
la Campania all'ultimo posto

Sanità, livelli di assistenza: la Campania all'ultimo posto
di Ettore Mautone
Mercoledì 28 Dicembre 2016, 08:18 - Ultimo agg. 10:58
2 Minuti di Lettura
Livelli essenziali di assistenza (Lea) in caduta libera in Campania, precipitati all'ultimo posto nella classifica delle Regioni italiane e per la prima volta sotto la soglia dei 100 punti nella pagella che il ministero della Salute stila ogni anno per valutare le regioni in Piano di rientro. Mai nessuna regione è rimasta così indietro sui livelli di cura. Scarse, anzi scarsissime, le performance dei vari parametri di qualità sotto osservazione, lontane anni luce dai 160 punti necessari a scalare la sufficienza. Il 99 attribuito nell'ultima verifica di metà novembre dai ministeri vigilanti Salute ed Economia - di cui Il Mattino anticipa i risultati - alle attività di cura erogate da Asl e ospedali nel 2015 (compresi i primi mesi del 2016), è addirittura meno dei 101 punti assegnati nel 2009, quando la Campania, già commissariata nel 2007, ha iniziato il difficile percorso per il rientro dal deficit, ben 40 punti sotto i 139 guadagnati appena due anni orsono, nel 2014, quando la nostra regione sembrava aver iniziato a scalare non solo il fronte contabile, con bilanci finalmente in pareggio, ma anche il versante dei livelli di assistenza assicurati ai cittadini.

Un viaggio in un tunnel, quello del Piano di rientro, che oggi si rivela un infernale gioco dell'oca. La Campania, in sette anni dopo aver tagliato dove ha potuto i servizi sanitari, disarticolato ambulatori e reparti, applicato ticket e tasse (aliquote di Irpef e Irap ai valori massimi) e lasciato sul campo 14 mila camici bianchi non rimpiazzati sconta un debito organizzativo per nulla intaccato dal commissariamento. Anzi, anche alcuni grandi ospedali delle reti cittadine a Napoli come a Salerno e Caserta, su cui ricade gran parte del peso assistenziale, mostrano un preoccupante logoramento in cui barelle e affollamenti perenni sono la spia accesa su un problema irrisolto. Disordine organizzativo del 118, piante organiche della rete dell'emergenza non rispettate, profili di personale squilibrato, procedure disomogenee, tante unità (troppe), inquadrate con contratti precari nonostante i piani per la stabilizzazione e il passaggio alla dipendenza, avvisi per la mobilità interregionale e concorsi per il reclutamento di nuovo personale che procedono al ralenti. E poi il nodo irrisolto dei policlinici universitari non ancora ospedalizzati come in tutte le altre regioni e per larghe fette assistenziali ancorati a modelli di cura e tempistiche risalenti a un secolo fa. Procedure non più compatibili con i parametri di qualità fissati dalle linee guida nazionali né tantomeno con le esigenze di salute della popolazione e che rendono conto di una sanità ancora tutta da ricostruire nei pilastri fondamentali.

Continua a leggere sul Mattino digital
© RIPRODUZIONE RISERVATA