Violenze in piscina, Rosolino:
«Una storia allucinante»

Violenze in piscina, Rosolino: «Una storia allucinante»
di Marco Lobasso
Sabato 12 Novembre 2016, 11:01 - Ultimo agg. 15:24
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Max Rosolino, il nuotatore napoletano medaglia d’oro olimpica a Sydney 2000, ha appreso dei terribili avvenimenti della piscina di Sant’Antimo quando era a nuotare con le sue due figlie piccole, Vittoria e Sofia, a Roma. È stato un colpo al cuore, quell’episodio proprio a due passi dalla sua città, avvenuto in una piscina, il luogo a lui più caro, dove è diventato campione. «È una storiaccia allucinante e sono in pena per quella ragazzina. È assurdo che accadano ancora queste cose. Le piscine, come tutti i luoghi di sport, devono essere aperte alla gente, cristalline, luoghi dove i bambini e gli adolescenti imparano lo sport ma anche le regole della vita, a socializzare, a fidarsi dei propri istruttori, non solo dei propri genitori. È grave che tutto ciò venga tradito in modo così vergognoso».


Eppure sono fatti che accadono, anche nello sport.

«Io dico che sono casi isolati, che vanno perseguiti con durezza, ma isolati. Purtroppo le persone disturbate esistono e può accadere che nella vita insegnino sport. È difficile stanare questi individui malati e pericolosi. Serverebbe uno psicologo nei test di ammissione all’insegnamento, lo dico come provocazione per far capire quanto sia difficile individuarli. Bisogna vigilare, sempre. Non basta accompagnare i bambini a fare sport, serve parlare con le persone, con i dirigenti, i tecnici, gli stessi praticanti. Serve essere presenti, senza assillare i figli. Serve avere tutti gli strumenti per capire se a livello di rapporti, in generale, tutto proceda per il meglio».

La ragazzina molestata a Sant’Antimo è sotto choc, come comprensibile, ma ha avuto il coraggio di raccontare tutto. Cosa le direbbe incontrandola?

«Vorrei abbracciarla per dirle che non siamo tutti come l’individuo che l’ha fatta soffrire. Anzi. Deve essere orgogliosa di quello che ha fatto, come noi lo siamo di lei. Deve camminare a testa alta perché grazie alla sua forza altre ragazze probabilmente non saranno molestate. È un esempio. Deve continuare ad amare lo sport e il nuoto, che non c’entrano con quanto accaduto».

Come si può combattere la pedofilia nello sport?

«In primis, non allontanando le famiglie dallo sport. Le piscine e qualunque altro impianto sportivo sono luoghi in cui stare bene, non da cui scappare. Gli episodi isolati non possono distruggere il valore sociale che lo sport ha nel nostro vivere quotidiano. La stragrande maggioranza delle persone che lavora nello sport è eccezionale. Io nuoto da almeno 30 anni, a Napoli, a Roma, a Milano; mai sentito di storiacce».

Come si rapporta un insegnante di sport con ragazzini che vivono la difficile età adolescenziale?

«L’adolescenza è un’età in cui i ragazzini sono curiosi e irrequieti. Io insegno nuoto, me ne rendo conto. È nostro compito rendere l’ambiente di lavoro cristallino, non chiuso e omertoso. A miei colleghi e amici è capitato di ascoltare discorsi un po’ troppo «forti» di allievi e allieve. Hanno subito messo al corrente i genitori, li hanno allertati. Insegnanti, allievi e genitori devono lavorare insieme, collaborare».

Max Rosolino è genitore di due bellissime bambine, Vittoria e Sofia, che fanno sport; come vive il rapporto con gli insegnanti delle sue figlie?

«Cerco di vigilare e non essere asfissiante.

Capisco l’angoscia della famiglia di Sant’Antimo. Si ha paura per nulla. Un compagno di classe di mia figlia, a Roma, scomparve per qualche ora, per poi essere ritrovato sano e salvo. Si era perso, non era accaduto nulla di terribile. Eppure io e Natalia abbiamo vissuto momenti drammatici. Vigilare con il sorriso sulle labbra, questo facciamo quotidianamente, ma le piscine restano palestre di vita, non luoghi di sofferenza».

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