Tossici, senzatetto e disperati
riecco l'inferno alle porte di Napoli

Tossici, senzatetto e disperati riecco l'inferno alle porte di Napoli
di Pietro Treccagnoli
Martedì 17 Gennaio 2017, 08:32 - Ultimo agg. 08:33
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Il promesso parco della Marinella è un luogo vichiano, adatto per convalidare la teoria dei corsi e ricorsi storici. Progetti e rinvii (da oltre dieci anni). Smantellamento delle baracche e rinascita immediata della bidonville, proprio di fronte al Loreto Mare, stretta tra via Vespucci e il porto, a poche centinaia di metri dal Carmine (chiesa e torri). Un gioco da guardie e ladri se non fosse una tragedia in cui gli ultimi rischiano di perdersi per sempre. Chi quotidianamente passa lungo l'arteria nevralgica della mobilità cittadina, da tempo ridotta a cantiere, porta d'ingresso orientale di Napoli, ha visto rispuntare in pochi mesi, una alla volta, ma poi con velocità crescente, le baracche di cartoni, legno e teloni.

L'ultimo smantellamento del campo risale al settembre scorso, dopo la morte di un tossicodipendente e di un clochard. Ed eravamo ancora in estate. Sia sotto la pioggerellina insistente, accompagnata dal gelo pannonico e siberiano, sia nell'azzurro freddo di una bella giornata lo scenario resta sempre inquietante. Sparse tra i cumuli mai rimossi del grande abbattimento del 2012 che si sono trasformati in monterozzi di erbacce e rifiuti, è sparsa una dozzina di baracche. Sei, più grandi e organizzate con camino, stendini e pezzi di pareti coperte da gigantografie di attori e calciatori (persino un largo brandello di uno striscione pubblicitario con lo stemma del Comune), sono aggruppate verso la cancellata del porto. Altre, poco più che sgangherati tendoni da campeggio, protetti da vecchi materassi e da altro materiali di ignota natura e provenienza, sono sparpagliate a casaccio. Solo un baracchino, poco distante dal gruppone di casaruoppoli, dà segni di vita. C'è un giovane africano che entra ed esce. Si dirige verso un capannello di persone, bianchi neanche tanto giovani, che aspetta. C'è uno scambio di bustine e di altro, danaro probabilmente. Poi chi ha ricevuto la propria dose, all'aperto, sul posto stesso, senza neanche nascondersi la usa. Si abbassa i pantaloni, nonostante il freddo, resta in boxer e sulle gambe nude cerca la vena adatta, non ancora martoriata dalle cicatrici. Tutto avviene alla luce del sole. Chi ha venduto le dosi torna a rintanarsi in una delle baracche, qualcun altro scavalca il basso muretto e si avvia verso corso Garibaldi. È un universo di disperazione e di abbrutimento che dissemina le proprie tracce sui sentieri fangosi di un cantiere fermo da oltre due anni e che finora ha prodotto più carta bollata che riscatto ambientale. Un tappeto di siringhe usate si allarga tra scorie innominabili, interrotto qua e là da vecchi materassi luridi e intrisi di acqua e vario materiale organico, passeggini sfasciati che sono serviti ai rom (che abitano le baracche meglio attrezzate) per trasportare quanto hanno tirato fuori dai cassonetti e che ritengono ancora utilizzabile e smerciabile.

La Marinella ha una storia nera. Dannata e bastarda. Trentamila metri quadrati che dovrebbero diventare uno spazio verde rivitalizzato. Quattro anni fa c'è stato un bando di gara per un progetto coi fiocchi. Sarebbe costato cinque milioni di euro. Viali alberati e aiuole. Roba da libro dei sogni. E tale è rimasto: un sogno di carta. Perché sono partiti ricorsi tra aziende, vincitrice e perdenti. Tar, Consiglio di Stato e tutto l'armamentario burocratico-giudiziario che teneva in stallo il varo del parco, nel quale si accumulano le macerie di ogni smantellamento, strati geologici di rifiuti che si sovrappongono. Dentro ci trovate monnezza autoctona o prodotta da sversamenti abusivi, oltre a decine di sacchi accatastati che l'erba e le intemperie, sole d'estate, pioggia d'inverno, stanno trasformando in naturali installazioni del degrado. Simboli della peggiore arte che la città riesce a esprimere, a estrarre dal proprio ventre marcio e a esporre senza pudore. Metastasi urbane, in due parole.

«Ma adesso il contenzioso giudiziario è stato risolto» annuncia il vicesindaco Raffaele Del Giudice «e al più presto smantelleremo tutto». Resta il nodo dei fondi, però. I cinque milioni stanziati e non spesi (fondi europei del 2007-2013) si sono volatilizzati. Dovevano essere spesi entri il dicembre del 2015. Dalla Regione, che dispone delle somme di Bruxelles, hanno fatto sapere a più riprese che il mancato utilizzo, qualche problema per un rifinanziamento l'ha creato. Ora si potrebbe puntare sui soldi del grande progetto «Porto di Napoli». Del Giudice, però ha fatto della Marinella una priorità: «Il Comune provvederà alla riallocazione dei fondi. Saranno fondi nostri, ma non disdegniamo qualche forma di finanziamento extracomunale». Ma la realtà che viene sbattuta in faccia a chiunque entra o esce dalla città è quella di una discarica poco lontano dal centro, sulla strada che i turisti percorrono in auto o in bus per andare ad ammirare ben altro: Cristi Velati, chiese gotiche e affreschi barocchi. Neanche si accorgono di essere passati poco lontano da uno dei capolavori dell'architettura razionalista: il Mercato Ittico, realizzato da Luigi Cosenza e che da tempo sottratto alla sua natura (i venditori di pezzogne, vongole e calamari sono stati trasportati al Caan di Volla), è ora un condominio di senzatetto, l'Onu della miseria. Attaccati alle mure esterne, protetti dalle transenne approntate per un futuro ma ignoto recupero sono cresciuti degli appartamenti en plein air. Divani, letti, comodini, armadi, fornelli a gas per trovare consolazione e sopravvivenza nell'abbandono più totale e che il cielo spento rende un girone infernale, senza luce, neanche a mezzogiorno.