Vescovo rock, canta e suona Dylan durante la messa

Vescovo rock, canta e suona Dylan durante la messa
di Marco Ingino
Lunedì 21 Agosto 2017, 10:49 - Ultimo agg. 12:19
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Cinquanta giorni per conquistare tutti. A monsignor Arturo Aiello, 62 anni nativo di Vico Equense e per 11 anni pastore della diocesi di Teano-Calvi, sono bastati meno di due mesi per entrare nel cuore degli avellinesi. Giovani, adulti e bambini appaiono come innamorati di un vescovo sui generis che la mattina si ritrovano in villa a recitare il rosario, poco dopo in piazza Libertà a curare il verde come un semplice giardiniere e, nel pomeriggio, sull’altare a predicare, suonare e cantare per proclamare la Parola di Dio. Insomma, un vescovo che non passa inosservato e che, non a caso, ha lasciato il segno ovunque è stato.

«La mia vita- ha spiegato- ha finora avuto due step. Adesso inizia il terzo e, probabilmente, ultimo. Ognuno rappresenta un orizzonte geografico e culturale. Il mio primo riferimento resta la penisola sorrentina dove nasco, cresco e mi formo dal punto di vista umano e cristiano. Nel mio stemma c’è una torre, quella di Villa Crawford, un castello di Sant’Agnello a picco sul mare, dove ho ricevuto tanto da una persona: don Onorio Rocca. È lì che sono diventato prete. Dal 1979 al 2006 ho agito come pastore all’interno della parrocchia di Piano di Sorrento da dove sono poi partito per diventare vescovo di Teano-Calvi, una terra difficile, l’antica Terra di lavoro. Oggi solo terra perché il lavoro è scomparso. Adesso il Signore mi ha voluto portare ad Avellino, per la prima volta in un capoluogo di provincia con le sue mille incognite, le sue potenzialità, le sue piaghe, le sue gioie. Questo primo anno sarò in osservazione. Ho detto che non farò proclami. Sarebbe come fare la diagnosi senza aver visitato il malato».

In maniera carismatica, invece, con il suo stile di vita e le sue prediche, singolari e mai banali, ha saputo attrarre subito a sé i giovani anche perché nelle sue omelie accosta spesso De Andrè, Battisti, Baglioni e Bob Dylan agli evangelisti Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Una correlazione che ai più potrà apparire irriguardosa ma che al Pastore di Avellino serve per evangelizzare. Il vescovo che ama la musica, infatti, pur avendo una passione per le sinfonie classiche, per sintonizzarsi sul canale dei giovani e far arrivare loro il messaggio cristiano, non disdegna di fare riferimenti a strofe e ritornelli da hit parade.

Fortissimo e davvero singolare l’ultimo messaggio che ha “cantato” dall’altare ai 125 giovani dell’azione cattolica di Avellino radunati a Pontecagnano Faiano presso il seminario Giovanni Paolo II per partecipare al “campus giovanissimi” della diocesi. Nel momento della predica, dopo aver proclamato il Vangelo, il vescovo ha chiesto una chitarra e invitato i giovani ad intonare con lui, nella versione italiana, “Blowin’in the wind” di Bob Dylan.

Un testo scritto 57 anni fa che, dopo la traduzione e l’arrangiamento di Mogol per Luigi Tenco, in molti bollarono come un manifestato disperato e nichilista per colpa di un ritornello che rendeva all’esatto contrario il pensiero dylaniano: «Risposta non c’è, o forse chi lo sa, caduta nel vento sarà». Mons. Arturo Aiello, invece, per dare una risposta ai giovani sugli ultimi accadimenti terroristici di Barcellona ha “riabilitato” Dylan spiegando il perché la sua era una canzone cristiana ma, soprattutto, il perché i giovani debbano lasciarsi guidare dallo Spirito Santo. «Forse non in modo consapevole – ha detto il vescovo- perché certi simboli sono troppo profondamente radicati nella cultura occidentale, ma quando Dylan fa riferimento alla “bianca colomba”, che solca i mari instancabile, sembra di leggere l’invocazione allo Spirito Santo.

Non è vero che la risposta non c’è ed è caduta nel vento, come nella sciagurata traduzione italiana. La risposta c’è, alle domande radicali poste da Dylan ventenne, e sta soffiando nel vento dello spirito. Occorre avere i sensi all’erta, orecchie spalancate e occhi ben aperti, per riconoscere il soffio, appena un refolo, del vento che tutto cambia e sconvolge e rinnova». Chi canta, sosteneva Sant’Agostino, prega due volte. Figuriamoci chi, come il monsignor Arturo Aiello, predica cantando e suonando.

 
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