Villa Betania, pazienti dirottati ai privati: la cricca dell'ex primario

Villa Betania, pazienti dirottati ai privati: la cricca dell'ex primario
di Pino Neri
Martedì 9 Febbraio 2016, 16:43 - Ultimo agg. 10 Febbraio, 11:31
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L'accusa del pubblico ministero è da brividi: una donna ammalata di cancro costretta a rinunciare alle prestazioni gratuite coperte dal sistema sanitario pubblico e a pagarsi le cure in forma privata.

LA REPLICA - «Villa Betania e l'inchiesta: presto faremo chiarezza»

Non è finita. I vertici dell'ospedale Villa Betania - secondo quanto sostengono gli inquirenti - in concorso tra loro hanno favorito e garantito l'impunità del principale accusato della presunta concussione, il medico Rosario Zappalà, omettendone la condotta illecita e riassumendolo con un altro contratto di consulenza esterna dopo una sorta di licenziamento soltanto formale. E ancora: i dirigenti della Betania hanno anche assunto in ospedale la figlia di Zappalà.

Riassunzione dell'indagato e assunzione della figlia che sarebbero avvenute nonostante la magistratura avesse già spiccato nei riguardi del camice bianco l'interdizione di un anno a svolgere la professione medica. Intanto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato consegnato venerdi mattina agli indagati dai carabinieri del Nas di Napoli, il Nucleo anti sofisticazioni. È un'inchiesta, questa del Nas, coordinata dal pm della procura di Napoli Giuseppina Loreto, che fa emergere una storia da brividi perché la vittima della vicenda è una donna colpita nella Terra dei Fuochi da un tumore al seno e perché vede messi sotto inchiesta il noto medico Rosario Zappalà, accusato di concussione e falso materiale e ideologico, e i vertici dell'ospedale Villa Betania, sruttura sanitaria convenzionata con lo Stato, ubicata nel quartiere Ponticelli, in via Argine, e di proprietà della fondazione evangelica. Insieme con Zappalà hanno infatti ricevuto gli avvisi anche Sergio Nitti, ex presidente dell'ospedale (sostituito subito dopo l'inizio dell'inchiesta), Pasquale Accardo, direttore generale, Antonio Sciambra, direttore sanitario, e Paolo Morra, direttore amministrativo.

Sono accusati, in concorso, di omissione in relazione ai reati commessi dal medico. L'indagine è partita l'anno scorso con l'interdizione giudiziaria a esercitare la professione per Zappalà. Interdizione - scrivono gli inquirenti - spiccata per aver fatto pagare una diagnosi di 200 euro, un ago aspirato al seno, effettuata nel suo studio privato con la minaccia che la paziente fosse in pericolo di vita e che non c'era da perdere tempo viste le lunghe liste d'attesa a Villa Betania.

Per giustificare il dirottamento dall'ospedale al suo studio Zappalà, che all'epoca dei fatti era primario della medicina generale e responsabile del pronto soccorso, aveva redatto un certificato falso, un finto esame citologico che attestava l'inesistenza del tumore.Ma poi è scattata l'inchiesta. Zappalà ha ammesso le sue colpe davanti alla commissione interna composta da Nitti e dagli altri dirigenti dell'ospedale: il medico è stato licenziato. Ma le cose si sono complicate.

Gli inquirenti infatti affermano che tutti i dirigenti della Betania avevano già saputo della condotta illecita di Zappalà grazie alla relazione della responsabile dell'Unità Operativa Semplice di Anatomia Patologica, che aveva denunciato ogni cosa in tempi non sospetti.

Però soltanto dopo l'avvio dell'inchiesta i dirigenti della Betania avrebbero rescisso il contratto del medico, interdetto per un anno dalla professione medica. «Si è trattato di un licenziamento formale - si aggiunge nell'indagine - perché poi Zappalà è stato riassunto come ecografista ed è stata assunta anche la figlia, nonostante l'interdizione». «Villa Betania ha agito con assoluta trasparenza e correttezza - replica Maurizio Sica, il legale del presidente Nitti - il pm ha una visione parziale della vicenda. Nei prossimi giorni produrremo una memoria dettagliata di come sono andate effettivamente le cose».

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