Impegnati nell'operazione 150 carabinieri e un elicottero. I militari hanno bussato al portone: poi l'irruzione nella villa-bunker circondata da mura alte quattro metri e controllata da decine di telecamere. I sette fermati sono accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Ad incastrarli è stata la stessa vittima grazie alle telecamere e alle cimici che aveva nel suo studio. Un anno fa l'avvocato-imprenditore, ora sotto scorta, ha ricevuto la visita dei fratelli Ruocco, che gli hanno portato «l'imbasciata di don Mimì»: «Il boss era arrabbiato per l'acquisto all'asta dell'immobile e doveva rivenderlo ad una persona da lui identificata». Il «prescelto» era stato indagato in passato per presunti legami con i Mallardo di Giugliano: avrebbe dovuto vendere l'immobile per 500mila euro e versare la metà alla «cassa del clan». È il gennaio del 2015. Ad aprile la vittima ha deciso di raccontare tutto ai carabinieri portando con sé le registrazioni audio-video degli incontri. Nei filmati si vedono entrare e uscire tutti i personaggi fermati nel blitz, tranne il ras. Da aprile sono partite le intercettazioni ambientali dei carabinieri. Telefonate, minacce e poi l'incontro con il boss, che concede uno «sconto»: 30mila euro in meno grazie all'intervento di uno dei fermati che poi pretendeva 2mila euro per l'interessamento. Oggi l'interrogatorio nel carcere di Secondigliano. Le sette persone coinvolte (difese dagli avvocati Gustavo e Giovanni Pansini, Andrea Rescigno e Nunzio Mallardo) dovranno difendersi dall'accusa di estorsione con l'aggravante del metodo mafioso.