Un’altra storia di adolescenza violata nel Napoletano, a pochi giorni dall’inizio del processo per gli abusi e l’omicidio di Fortuna Loffredo, la bimba del Parco Verde finita nelle maglie di una rete di pedofili, e ad appena quarantotto ore dalla denuncia di abusi su una bimba di quattro anni. Anche quanto accaduto a Sant’Antimo si è dipanato secondo un tragico e rivoltante copione, secondo il modo di comportarsi tipico dei pedofili, fatto di complimenti alla vittima, di rapide avances e immediate ritirate, di una imposta complicità e di piccoli segreti «solo nostri» tali da confondere persino chi è adulto, figurarsi una ragazzina che vede nel suo maestro un idolo.
Un idolo che in un pomeriggio un po’ meno affollato a bordo vasca, in uno degli spogliatoi deserti del complesso sportivo, ha mostrato all’improvviso un volto oscuro e malvagio. È accaduto a partire da un paio di anni fa, quando l’atleta aveva appena 14 anni. Una bambina, ma già una campionessa: per lei che aveva cominciato a frequentare la piscina quando aveva sei anni, il nuoto era diventata più che una passione, una ragione di vita. I selezionatori avevano cominciato a credere in lei, la Federazione le teneva gli occhi addosso: prima a livello regionale poi al nazionale e più avanti anche all’estero, stavano arrivando coppe e medaglie. Un sogno spezzato all’improvviso, dall’uomo del quale si fidava di più. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti la storia è andata avanti per diversi mesi.
Un lungo periodo nel quale il maestro - sposato e padre, molto stimato nel suo lavoro, di grande esperienza e con un discreto successo come selezionatore - aveva approfittato di ogni momento favorevole per restare da solo con la ragazzina. Prima o dopo un allenamento, quando gli spogliatoi si svuotavano e tutti, tranne lei, uscivano dalla struttura per tornare a casa. E anche, forse soprattutto, quando la ragazza partecipava a gare in altre regioni e all’estero. Una tortura. Fino a quando la piccola campionessa non ne ha potuto più e si è confidata con i genitori.
Un racconto lucido e impietoso, che ha aperto squarci, chissà se rimarginabili, nel cuore della mamma e del papà, che si sono rivolti alla polizia.
La ragazzina ha raccontato degli abusi subiti, le cui prove sono venute fuori nel corso dell’indagine e purtroppo anche dagli accertamenti clinici a cui la vittima è stata sottoposta. Ieri l’arresto del pedofilo, che non ha detto una sola parola stando a testa bassa, nel corso della notifica dell’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari. Dalla Polisportiva Sant’Antimo e dal Centro Sportivo Sant’Antimo, un secco comunicato nel quale si chiarisce che l’istruttore «da mesi non collabora più con la struttura, a tutela degli utenti e del buon nome della stessa».