Inchiesta Why Not: condannato de Magistris. C'è il ricorso in Appello

Inchiesta Why Not: condannato de Magistris. C'è il ricorso in Appello
Mercoledì 24 Settembre 2014, 18:19 - Ultimo agg. 25 Settembre, 08:52
4 Minuti di Lettura
Segui Il Mattino su Facebook, clicca qui









Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris è stato condannato, a Roma, ad un anno e tre mesi di reclusione a conclusione del processo sull'acquisizione di utenze telefoniche di alcuni parlamentari relative al periodo in cui era pm a Catanzaro. Stessa condanna per il consulente informatico Gioacchino Genchi.



La sentenza




La sentenza è stata emessa dalla X sezione penale del Tribunale di Roma. I giudici hanno disposto anche l'interdizione dai pubblici uffici per un anno per i due imputati e contestualmente la sospensione della pena principale e di quella accessoria.



Per Luigi De Magistris, che non era presente in aula, il pm Roberto Felici aveva sollecitato l'assoluzione. De Magistris e Genchi dovevano rispondere di abuso d'ufficio per aver acquisito nell'inchiesta Why Not, tra il 2006 e il 2007, senza le necessarie autorizzazioni i tabulati delle utenze di 5 parlamentari: Romano Prodi, Francesco Rutelli, Clemente Mastella, Marco Minniti e Antonio Gentile.



I legali




«La sentenza emessa oggi dal tribunale di Roma rende piena giustizia agli uomini politici tra i quali Francesco Rutelli e Clemente Mastella». Lo affermano i legali dei due esponenti politici, gli avvocati Titta e Nicola Madia oltre a Cristina Calamari, a proposito delle condanne inflitte a Luigi De Magistris e Gioacchino Genchi. «La grave violazione delle prerogative dei parlamentari in questione - hanno aggiunto - determinò una violentissima campagna di stampa contro il governo all'epoca in carica».



«Le sentenze non si commentano; ma questa decisione ci ha lasciati sconcertati. Non tanto e non solo perchè difforme dalle richieste assolutorie della procura della Repubblica quanto e soprattutto perchè convalida una ipotesi accusatoria che, per come contestata in imputazione, risultava del tutto improponibile, già sul piano teorico» affermano gli avvocati Stefano Montone e Massimo Ciardullo, difensori di Luigi de Magistris, annunciando il ricorso in appello. «Genchi e de Magistris - continuano i due legali - avrebbero stretto un patto scellerato (ma solo in occasione del processo Why not e non anche nel corso del parallelo e anteriore procedimento Poseidone!) finalizzato a procurare ai parlamentari (alcuni dei quali mai nemmeno sfiorati dalle investigazioni!) un danno rappresentato dalla »conoscibilità« dei loro tabulati. Non »conoscenza« si badi, ma »conoscibilità«: ed ecco il reato di danno trasformato in reato di pericolo».



Secondo Montone e Ciardullo, «i giuristi bravi, non quelli come noi, sobbalzeranno di fronte a tale contestazione. Noi l'abbiamo serenamente affrontata, fiduciosi e confidenti (dobbiamo ora dire: erroneamente) nell'autoevidenza della sua impossibilità giuridica. Nel merito, poi, è stato acclarato che la attribuzione delle singole Utenze ai singoli parlamentari (quelli che le avevano effettivamente in uso; è incomprensibile - fino alla lettura della motivazione - la condanna relativa alle utenze riferibili al senatore Pisanu, ma che lo stesso Pisanu ha riferito, in aula, non essere state mai da lui utilizzate) è avvenuta dopo l'emissione del decreto di acquisizione del tabulato. Quando adotta il provvedimento di richiesta dei tabulati, cioè, de Magistris non sa che quelle utenze sono riferibili a parlamentari. E mai i relativi dati risulteranno utilizzati probatoriamente nei confronti dei parlamentari stessi».



«Il resto dell'istruttoria dibattimentale - affermano i due legali - non ha procurato alcuna valida conoscenza: basti pensare che il principale testimone d'accusa, consulente del pm che ha analizzato il sistema informatico di Genchi, in realtà ha ammesso di non aver esaminato il »vero« sistema in sequestro, ma un suo clone.
Non un solo elemento di prova sembrava fosse stato fornito a coloro che hanno partecipato al dibattimento: neanche un principio di dimostrazione dell'accordo che doveva essere provato e che l'accusa stessa, in requisitoria finale, aveva del resto escluso). »Non rimane - concludono i due legali - che attendere la motivazione della sentenza, che non potrà che essere impugnata, fino al ribaltamento della decisione e alla declaratoria di insussistenza in fatto ed in diritto dell'accusa
».





I commenti




«Condanna de Magistris. Garantista a 360 gradi. Fino al terzo grado sempre innocenti». Lo scrive su Twitter Stefano Caldoro, presidente della Regione Campania, in merito alla condanna del sindaco di Napoli per l'inchiesta Why not.



«'Napoli ha un sindaco condannato', titola l'Huffington Post. Anche il vice-sindaco, se è per questo»: lo scrive su Twitter Antonio Bassolino.