Al Museo archeologico il plastico di Pompei arricchio da una versione digitale | Video

Al Museo archeologico il plastico di Pompei arricchio da una versione digitale | Video
di Gaty Sepe
Lunedì 20 Febbraio 2017, 21:21
3 Minuti di Lettura
Concepito da Giuseppe Fiorelli nel 1861 come una grandiosa imitazione di Pompei, il «modello di sughero, intonaco e carta» considerato già qualche anno dopo, nel 1866 dall’archeologo tedesco Johannes Overbeck «un’opera d’arte estremamente incantevole e ammirevole», dal prossimo 19 maggio verrà restituito arricchito da una versione digitale ai visitatori del Museo Archeologico. Che troveranno su pareti sfogliabili, supporti touch e applicazioni per tablet e smartphone, la riproduzione della riproduzione di Pompei realizzata dal team di specialisti del laboratorio di Archeologia Immersiva e Multimedia dell’Istituto per i Beni Archeologici e monumentali del Consiglio Nazionale delle Ricerche diretto da Daniele Malfitana: una versione hitech del modello di sughero che squadre di disegnatori e artigiani realizzarono in più fasi, dal 1861 al 1930.
 

Dalle pietre, al sughero, al virtuale: la digitalizzazione del plastico di Pompei è stata ottenuta attraverso 1500 scatti realizzati con una metodica detta «macroaerofotografia». Con un carrello mobile appositamente costruito per effettuare le «strisciate fotografiche» sull’area del plastico, gli specialisti del Laim hanno potuto acquisire il dataset necessario alla fotomodellazione 3D dell’intero plastico, delle singole insulae e delle singole domus, che d’ora in poi saranno perfettamente navigabili. Inoltre - spiega il direttore del Mann Paolo Giulierini - nel nuovo allestimento l’uso di rendering e altre ricostruzioni permetterà di fornire ai visitatori anche la documentazione sulle aree degli Scavi all’epoca non riprodotte nel plastico, come ad esempio la zona dell’Anfiteatro, di via dell’Abbondanza e della via Di Nola.
 
 

Sorta di piano della conoscenza ottocentesco che registrasse lo stato reale degli scavi, per poter preservare, testimoniare e tramandare quella mole di conoscenze archeologiche acquisite nel corso della lunga ricerca a Pompei, il plastico voluto da Fiorelli, che rappresenta la prima riproduzione di un’intera città mai fatta, divenne subito esso stesso un monumento. Il progetto di collaborazione tra il Mann e il Cnr punta a restituire ai visitatori il valore divulgativo del modello. Nella sala al primo piano in cui è esposto, infatti, si sta pensando di recuperare le balaustre per consentirne la visione d’insieme dall’alto, e di esporre anche, in una sorta di atlante, tutte le foto scattate. Realizzato in scala 1 a 100 in modo da poter testimoniare, oltre che di domus e di vie anche di affreschi e decori - perfino le figurine alate dell’Esedra nella Casa del Citarista che misurano appena qualche millimetro - il plastico racconta in alcuni casi una Pompei perduta, così come la ritrovavano gli scavatori e la ricostruivano disegnatori e artigiani. I ricercatori - ha spiegato ieri Giulio Amara dell’Ibam-Cnr presentando i primi dati che verranno pubblicati in un atlante ragionato del plastico - hanno verificato l’affidabilità della ricostruzione confrontandola con la documentazione fotografica e letteraria nelle domus del Citarista, della Parete Nera, della Caccia Antica. 
 
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