Antonia Arslan: «Napoli per me
è luogo dell’anima»

Antonia Arslan: «Napoli per me è luogo dell’anima»
di Donatella Trotta
Martedì 30 Maggio 2017, 08:34 - Ultimo agg. 31 Maggio, 08:56
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Ha dato voce, con i suoi studi ed i suoi libri, al «silenzio delle donne». Ha donato luce, con il suo impegno, al nocciolo di buio di questioni dimenticate. E ha restituito sapore, corpo e profumo alla parola – poetica e narrativa – «abitata», con il gusto di una scrittura raffinata ed evocativa: capace di attraversare epoche e luoghi, testi (epistolari, saggistici e letterari) e memorie personali e collettive oltre la linea d’ombra dove la letteratura si fonde con l’indagine storica, e la travalica, diventando così una particolare (e paradossale) forma di storiografia come ricerca di verità, esplorazione dell’esistenza, scandaglio di senso nella penombra di opere che custodiscono le tracce dei dispersi nell’oblio della damnatio memoriae. Forse anche per questo Antonia Arslan preferisce definirsi, più che una storica, «una cantastorie»: e lo dice schermendosi, con il suo sorriso mite e gentile che riverbera una ferrea dolcezza dalle radici antiche, alla vigilia della prima edizione del Premio letterario «Matilde Serao», ideato dal «Mattino» per i 125 anni della fondazione del quotidiano partenopeo, che le sarà consegnato domani sera a Napoli, nel corso di una cerimonia al Teatro San Ferdinando.

Una doppia gioia, per la studiosa e scrittrice padovana di origini armene, questo riconoscimento che la fa tornare sui luoghi della Serao, a lei particolarmente cara, come dimostrano molte partecipi pagine sul Ventre di Napoli, sulle novelle, sul carteggio con Neera, del cui archivio Arslan è curatrice: «Napoli – confida - è per me una città di riferimento emotivo, un luogo dell’anima che mi sedusse profondamente quando la scoprii la prima volta da sola, a 19 anni, in occasione di un convegno che dovevo seguire. Ecco perché sono particolarmente felice di tornarci, per giunta nel nome di Matilde Serao, figura di grande valore che ho sempre amato e letto avidamente per conto mio, a prescindere dai miei studi, cercando e acquistando i suoi romanzi e racconti sulle bancarelle. Nell’eterogeneità febbrile della sua produzione, trovo che certe pagine seraiane, soprattutto nella misura breve ma non solo, rappresentino una preziosa e ampia tavolozza di quell’arte del racconto che, da prima del Boccaccio, è una caratteristica peculiare della migliore prosa italiana. Ma si pensi anche al suo acuto romanzo sul giornalismo italiano Vita e avventure di Riccardo Joanna: un efficace affresco di esistenze messe a dura prova, senza reti di protezione».

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