Start up, dall'idea all'impresa: così nasce il futuro

Start up, dall'idea all'impresa: così nasce il futuro
di ​Diletta Capissi
Giovedì 14 Luglio 2016, 10:03
4 Minuti di Lettura
«L'universo delle start up vive di duelli. Per ogni idea innovativa una sola vince e non esiste un secondo gradino del podio». È una originale metafora che si rifà ai film western dei grandi maestri, da Sergio Leone a John Ford, quella che ci restituisce Danilo Iervolino, presidente dell'Università Telematica Pegaso, dell'Universitas Mercatorum e di Lab 46, autore del libro «Just Press Start (UP) Dall'idea all'impresa», prefazione di Francesco Fimmanò (Giapeto Editore). Metafora che serve a rappresentare la competizione, virtuosa però, tra i frutti dell'ingegno che, materializzandosi, diventano occasioni imprenditoriali. La start up è proprio questo: idee innovative più realizzazione. Del resto l'autore, classe 1978, ha vissuto sulla sua pelle l'esperienza imprenditoriale quando, poco più che venticinquenne, sviluppò la sua idea vincente di impresa formativa. Tutta proiettata nel futuro e di cui va orgoglioso: «Quell'università Telematica Pegaso che, pur non essendolo, ha in sé i due caratteri cruciali di una startup: una buona idea e la determinazione incrollabile a perseguirla».

Il libro si presenta con il linguaggio fresco, moderno, veloce,  della terminologia innovativa usata dai giovani startupper. Colpisce l'originale intelaiatura narrativa: tra un capitolo e l'altro, infatti, l'autore inserisce la Finestra di lettura con storie concrete di chi lavora per la comunità delle start (Antonio Prigiobbo di NaStartUp) ma anche di chi si adopera per la creazione di un ambiente innovativo e competitivo (Valeria Fascione, assessore all'Innovazione e alle startup della Regione Campania), ed ancora sul web universale, sul crowdfunding e, infine, sulle startup artigianali di Pegaso. Iervolino fornisce dunque un metodo accurato per leggere il passaggio dall'idea all'impresa, per guardare al mercato e al business, per capire le difficoltà nell'accesso al credito, al ruolo dei Business Angels e dei Venture Capitalist. Avverte che l'idea vincente, da sola, non basta: è il punto di partenza. Poi  servono capacità organizzative (il team è fondamentale) ma anche efficienza ed efficacia dei processi, networking eccetera.
Il libro è un interessante affresco, un excursus sul fenomeno mondiale delle startup. Partendo appunto dalla sua personale esperienza, Iervolino analizza i punti di forza e di debolezza dello scenario italiano. Ed è a partire proprio dalla vivacità e dal fermento attuale del sistema delle startup - favorito da un contesto normativo accogliente -  che si può arrestare l'emorragia dei cervelli, malattia endemica dell'Italia.

Dunque, sognare non costa ma rende. A patto però che lo sturtupper-founder sia imprenditore concreto e buon amministratore di sè stesso. La ricetta per uno startupper di successo è un impasto di «genio e determinazione, testa per aria e piedi per terra, visionarietà e vision». L'Italia potrebbe diventare il futuro tech-hub dell'Europa, eppure appena una start up su cinque riesce a sopravvivere dopo solo 5 anni di attività. Iervolino sottolinea che su oltre 5000 start up iscritte al registro delle imprese innovative del ministero dello Sviluppo, circa l'80% sono in sonno e non arrivano a produrre 100mila euro di ricavi, meno di 100 startup invece riescono a generare 430milioni di euro. Anche in Campania, i dati di Unioncamere confermano la tendenza alla crescita delle startup innovative: attualmente sono iscritte 339 rappresentando il 26,5% dell'intero Mezzogiorno.

L'accesso al credito e politiche di sviluppo che guardano troppo al profitto e poco alle idee innovative sono, secondo l'autore, tra i principali ostacoli che frenano il passaggio successivo alla crescita delle startup. E dunque i problemi non stanno tanto nella mancanza di idee tra i giovani, quanto nella difficoltà ad accedere a fonti di finanziamento, cosa che avviene invece negli Usa.  Ma anche la migliore intuizione del mondo se non curata e supportata dal Fare, concetto che fa anche da filo conduttore dell'esperienza di Iervolino e del libro, perde di valore. Con lo sguardo rivolto ai grandi esempi di aziende americane, Iervolino delinea un bilancio a luci ed ombre delle esperienze italiane, a partire dalla funzione degli incubatori che, nonostante le buone intenzioni, diventano nella pratica dei «contenitori ben accessoriati ma pur sempre una scatola».

Per concludere riporta nove casi di startup  italiani da manuale, più uno, tra cui la napoletana Buzzoole che il Mattino ha seguito sin dalla sua nascita,  come esempi virtuosi di impresa che hanno sfondato il milione di euro di fatturato, impegnate in diversi settori del digitale, della domotica, delle biotecnologie. Insomma è tempo di chiedersi quanto questo universo che ha incubato il gene dell'impresa 4.0 influirà sulle esistenze di noi tutti?  La risposta dell'autore è semplice: è tempo di startup, è il momento di darsi da fare.A
© RIPRODUZIONE RISERVATA