Le donne che fecero Neapolis,
riapre collezione all'Archeologico

Le donne che fecero Neapolis, riapre collezione all'Archeologico
di ​Marco Perillo
Martedì 28 Febbraio 2017, 11:41 - Ultimo agg. 16:23
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In una città stratificata come Napoli, dove 2500 anni di storia convivono col presente, vi è una miriade di storie dimenticate da riscoprire, spesso incastonate in tesori nascosti che hanno bisogno di rivedere la luce. È il caso di alcune meravigliose iscrizioni custodite nella sezione epigrafica del Museo Archeologico Nazionale, di prossima riapertura dopo decenni. 

Al Mann si è al lavoro per rendere di nuovo visitabile in primavera – si parla di maggio – una delle collezioni più affascinanti, il cui nucleo più antico è quello della collezione Farnese con circa 240 epigrafi, ereditata da Carlo di Borbone. L’intera raccolta comprende oltre duemila documenti in lingua latina, circa duecento in greco e un centinaio nei dialetti dei popoli italici. Capua, Puteoli e Pompei sono i luoghi di provenienza di queste inestimabili testimonianze. 

Non poteva mancare certamente Neapolis, con le sue iscrizioni che vanno dal IV al VI secolo a.C. Alcune esse ci raccontano vicende politiche e sociale sopite nel tempo, ma che – scavando a fondo – ci rivelano aneddoti straordinari sulla condizione femminile dell’epoca, di gran lunga migliore rispetto ad altre parti del mondo e ad altre epoche storiche. 

Sono pietre che fanno luce su tre grandi sacerdotesse napoletane della dea del grano, Demetra-Cerere; i loro nomi erano Tettia Casta, Cominia Plutogenia, Terenzia Paramene, come raccontato nella Napoli greco-romana di Bartolomeo Capasso. A riscoprire le loro storie – e soprattutto i loro bassorilievi onorari – è stata la dottoressa Francesca Barrella, medico internista, «passionaria del sacro», laurea in Beni Culturali, la cui ricerca, fatta di suola di scarpe consumate, è durata anni. Tutto ebbe inizio con le indagini sulla targa commemorativa di Tettia Casta, nel monastero di Santa Maria Egiziaca a Forcella. In un decreto emesso al Senato di Roma sotto Domiziano, datato 71 d.C., si legge: «Tettia Casta, donna che ha aspirato ardentemente al rispetto verso tutti ed all’amore verso la patria, e che ha innalzato incessantemente statue d’argento agli dei per beneficiare nobilmente la città, si dispone per onorarla con una statua ed un ritratto con uno scudo e offrire libre d’incenso». Il decreto continua disponendo il divieto di passaggio nei venti metri di area circostante l’ubicazione della epigrafe per i cittadini, in segno di onore verso la sacerdotessa – la cui storia è stata raccontata di recente anche dallo scrittore Maurizio Ponticello. 
Oggi l’epigrafe è al Museo e riporta una commovente testimonianza su questa donna che offriva focacce tonde di «farina con acqua e grangente puleggio». Poiché il puleggio potrebbe essere il basilico, questa, secondo il professor Michele D’Avino, autorevole grecista e archeologo, sarebbe una prova della origine ancestrale della pizza. 

Altra straordinaria storia è quella di Cominia Plutogenia, «sacerdotessa di Cerere, legislatrice – si legge nella sua epigrafe datata II secolo d. C. e citata da Giulio Cesare Capaccio nel 1634 ne Il forastiero – figlia di Sa…moglie di Paccio Caledo già arconte, madre di Paccio Caledieno già edile, ava di Castricio Pollione già arconte, Tiberio Castricio Caledieno, già demarco, pose alla bisavola in segni di affetto per decreto municipale». Situata in un palazzo di piazza San Gaetano, essa è iscritta sulla base di un’erma e fu fatta realizzare dal tribuno della plebe Tiberio Castricio Caledieno, nipote dell’illustre sacerdotessa, sua bisavola. Un’opera di grande importanza per la storia del sistema giuridico e amministrativo partenopeo essendo menzionate notevoli magistrature che «confermano aver la Greca Neapolis conservato le sue antiche istituzioni, anche durante l’Impero”» (Luigi Correra). 
Dopo aver rintracciato l’epigrafe nel cuore del centro storico, la dottoressa Barrella si è adoperata per ottenerne il restauro e la messa in tutela: obiettivo raggiunto grazie all’impegno del soprintendente del Pio Monte della Misericordia, il barone Alessandro Pasca di Magliano. 

Ma le sorprendenti storie non sono finite qui: probabilmente quella più sconosciuta riguarda Domitia Callista sacerdotessa di Atena Sicula, unica nel suo genere, la cui epigrafe, in bassorilievo, è testimonianza della legge che conferiva il sacerdozio. Fu ritrovata durante gli scavi al porto alla fine del ‘900. 

Francesca Barrella risalì, grazie ai testi del Correra, che esdsa fu devoluta al museo di Storia Patria. Eppure nella vecchia sede, presso il monastero di Santa Maria di Caravaggio, non ve n’era traccia.  Un altro documento la segnalava a San Martino, ma nemmeno lì emerse. Grazie all’aiuto di Fabio Speranza, si scopre che la prestigiosa lastra si trovava nei sotterranei del Mann, proprio lì dove le storie di queste donne – insieme con molte altre da riscoprire – continueranno a entusiasmarci.
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