Paestum, il tuffatore a casa
ma resta il mistero

Paestum, il tuffatore a casa ma resta il mistero
di Gaty Sepe
Venerdì 7 Ottobre 2016, 11:49 - Ultimo agg. 16:43
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Dopo oltre un anno di «trasferta», prima a Palazzo Reale di Milano per l'Expo, poi al Mann di Napoli per la mostra «Mito&natura», il Tuffatore è tornato al Museo Archeologico di Paestum nella sala Mario Napoli restaurata grazie al contributo di uno sponsor privato, e «accompagnato» dall'esposizione della tomba di una donna, che racconta qualcosa in più della storia del monumento ma non svela niente sull'identità della persona sepolta. Le lastre delle due tombe - messe vicine nel nuovo allestimento inaugurato ieri, sono tracce di uno stesso percorso: come anticipato ieri dal nostro giornale, a Paestum, Magna Grecia, ci sarebbero stati maestri decoratori di monumenti funebri nelle cui opere si riscontrano elementi della cultura greca ed etrusca, portati probabilmente dagli architetti impegnati in quello stesso periodo nella costruzione dei templi.

Una tradizione locale, dice il direttore del Parco Gabriel Zuchtgriegel, che si è protratta per qualche decennio - la tomba delle palmette è stata datata al 490-500 a. C, quella del Tuffatore al 480-70 a.C. - e che confermerebbe l'ipotesi che la persona sepolta sotto la lastra decorata con quell'immagine che ha incantato anche Sartre e de Beauvoir, era un abitante di Paestum. Magari «poco ortodosso», viste le decorazioni della sua tomba, secondo Marina Cipriani, l'archeologa che per trent'anni ha diretto il museo di Paestum e che dieci anni fa ha scoperto la tomba femminile, la cui lastra è decorata con le stesse «palmette» presenti sulla lastra del Tuffatore, rimasta fino ad oggi nei magazzini del museo.

Ma chi sia la persona cui l'affresco del «divin plongeur» caro a Claude Lanzamann, è dedicato, per Zuchtgriegel «rimane un mistero e forse lo sarà per sempre». «Non possiamo nemmeno essere certi che sia un uomo - spiega l'archeologo tedesco - perché non è rimasto nulla dei pochissimi resti ritrovati nella sepoltura. «È un enigma, c'è forte ambiguità in quelle scene di simposio e nell'immagine del tuffo così atipica per l'iconografia greca: probabilmente rappresenta la morte come momento chiave di un percorso iniziatico. Il Tuffatore resterà un enigma ma certo ora, anche grazie alle indagini archeometriche che avvieremo potremo studiarne meglio il contesto». La scoperta delle similitudini tra le due tombe risale in realtà ad una decina d'anni fa, perché questo nuovo percorso espositivo che lei racconta è stato realizzato soltanto adesso? «Avrei voluto farlo allora - precisa la Cipriani - ma non c'erano i mezzi disponibili oggi nei nuovi musei autonomi». «I depositi dei musei italiani sono da scavare, almeno tre quarti dei reperti che custodiscono devono ancora essere valorizzati. Noi usiamo l'autonomia per fare ricerca - chiarisce Zuchtgriegel - perché senza ricerca non può esserci alcuna valorizzazione».

Il ritorno a casa del Tuffatore ha coinciso con il completamento dei lavori di restauro della sala Mario Napoli e della fontana realizzata da Carlo Alfano all'esterno del museo nel 1972 proprio ispirandosi al decoro della tomba, in un dialogo tra antico e moderno sponsorizzati con 25mila euro da Antonio Palmieri del caseificio Vannulo. Raccogliere sponsor e donazioni è un'altra delle opportunità dei musei autonomi: il Parco archeologico di Paestum può contare, oltre che sui fondi Pon e Cipe anche su un importo complessivo di 80mila euro tra donazioni e sponsorizzazioni. Dall'inizio di quest'anno ad oggi i visitatori sono stati 320mila, il 27 per cento in più, con il 50% in più di incasso, rispetto al 2015. Con il ritorno della lastra del Tuffatore, quella sagoma di uomo nudo proteso in un salto verso l'ignoto che è diventato il simbolo del mondo classico di Paestum, c'è da aspettarsi un ulteriore crescita degli ingressi.