Museo Madre, con Guyton
«Il Mattino» torna a farsi arte

Museo Madre, con Guyton «Il Mattino» torna a farsi arte
di Pasquale Esposito
Venerdì 19 Maggio 2017, 14:54
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Tecnologia e pittura, figurazione e astrattismo, minimalismo e concettuale, e pure Pop-Art, digitale e dipinto: prima la stampante, poi la tela. È un'allegoria del doppio - come linguaggio espressivo, come metafora, come sguardo all'oggi e all'ieri, come senso e significato delle opere - la mostra di Wade Guyton al Madre fino all'11 settembre insieme con quella di Stephen Prina, suo maestro all'Accademia, legate l'una all'altra dal rapporto personale di grande stima tra i due artisti e dall'approccio basato sul concetto di appropriazione, che accomuna l'allievo e il docente.

Le opere di Guyton (Hammond, Usa, 1972) esposte in tutte le sale del terzo piano di Palazzo Donnaregina, sono l'espressione dei momenti più recenti dell'arte contemporanea in stretto rapporto con i processi della tecnologia a supporto del fare arte e costituiscono, è stato sottolineato dal curatore della mostra, Andrea Viliani, direttore del Madre (alla presentazione con il presidente Pierpaolo Forte, Nicola Oddati e Patrizia Boldoni), «una potenziale allegoria dell'inter - e iper-connessione digitale e globale contemporanea, performandone gli esiti attraverso il confronto con la storia di una città come Napoli, posta al centro del Mediterraneo e immersa in millenarie stratificazioni sociali, economiche, politiche e culturali».

L'artista statunitense (questa del Madre è la prima sua personale in uno spazio pubblico in Italia) presenta lavori realizzati a Napoli, dove ha vissuto per due mesi, a parte una che arriva direttamente dal suo studio di New York. Tra queste opere ci sono tre prime pagine del sito web de «Il Mattino», ma Guyton confessa di non essersi ispirato al celeberrimo «Fate Presto» di Andy Warhol, dal momento che egli guarda non tanto la carta stampata ma i siti delle testate internazionali, e ha dedicato altri lavori di questo genere al sito del« New York Times»: «È il mio contatto con la realtà, i media on line sono la sintesi di ciò che vede la gente, ti danno il panorama, la rappresentazione di ciò vedi di un luogo».

C'è, nelle opere di Guyton al Madre (la mostra ha per titolo «Siamo arrivati», slogan di un celebre marchio di fast food mondiale per l'apertura dei suoi locali a Napoli, pubblicato su una delle tre prime pagine del «Mattino» on line riprodotte dall'artista), un altro riferimento a Warhol, un «Vesuvio» fotografato e poi messo su tela, ma anche in questo caso il riferimento è indiretto, nemmeno voluto: solo una ispirazione, o una indicazione, per «registrare» un'icona (il vulcano) così fortemente indicativa di Napoli alla sua maniera, di grande tecnica, quasi paesaggistica nella sua nudità. Le sue opere presentano fratture, scomposizioni, linee verticali che spaccano in due le tele, spostandone leggermente anche le simmetrie per un discorso di riflessione che va oltre la raffigurazione realistica, la riproduzione secondo le modalità consuete, costringendo chi osserva all'approfondimento, all'analisi.

E l'effetto è di grande interesse perché la filosofia estetica di Guyton «prende», obbligando il visitatore a porsi domande sul senso dell'opera, sulla concezione creativa di questo artista tra i più quotati a livello mondiale e che ha vissuto i due mesi di residenza napoletana immergendosi con il suo staff nel territorio, di cui ha percepito gli umori, la cultura, la storia per poi dar luogo ai suoi singolari lavori. Come i quadri «stampati» su tela dopo essere stati creati al computer e sfornati dai macchinari supertecnologici instampe di grandi dimensioni.

Di grande interesse anche la mostra «English for foreigners» di Prina (Illinois, 1954, Usa), figlio di un italiano, Pietro, che lasciò il suo paese, Canischio, in Piemonte, quando capì che le cose si stavano mettendo male con l'avvento del fascismo, ricreandosi un'esistenza negli Stati Uniti: la mostra è una bella storia di vite vissute, la sua, quella del padre, degli emigranti in America, della sua famiglia, attraverso un percorso di ricordi «ad arte», documenti, dipinti, disegni, colonne sonore. Il titolo della mostra è quello del libro che servì al padre per imparare la lingua nuova nelle scuole serali, notevole un dipinto (un «San Giuseppe falegname», ispirato a Georges de La Tour), ed esperimenti pittorici che richiamano la tecnica di Warhol di fare del quadro un non-quadro, rappresentando la «scena» dipinta e poi ricoprendola di vernice nera.
 
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