Napoli: «Non toccate l'Arco di trionfo del Maschio Angioino», da Napoli 99 altolà al restauro

Napoli: «Non toccate l'Arco di trionfo del Maschio Angioino», da Napoli 99 altolà al restauro
di Ugo Cundari
Sabato 22 Aprile 2017, 08:40 - Ultimo agg. 11:36
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Da una parte la fondazione «Napoli Novantanove» presieduta da Mirella Barracco, dall'altra la «Uno Outdoor» s.r.l., società di pubblicità. La prima nasce nel 1984 per contribuire alla conoscenza, alla promozione e alla valorizzazione del patrimonio culturale napoletano e meridionale. La seconda si è aggiudicata qualche anno fa la gara indetta dal Comune e si sta occupando del restauro di ventisette monumenti della città, dalla fontana del Carciofo al ponte di Chiaia, grazie al progetto Monumentando che permette il finanziamento dei lavori in cambio di un telone pubblicitario esposto a pagamento sul monumento da restaurare.
 


Un primo scontro tra la fondazione e la società si è avuto dopo la consegna del restauro del monumento ad Armando Diaz, perché secondo Barracco per la ripulitura della statua sarebbero stati usati acidi «indicati neanche per monumenti di minore importanza». Adesso, con l'annuncio che uno dei prossimi monumenti da restaurare sarà l'Arco di Trionfo del Maschio Angioino (quattro mesi a duecentomila euro al mese per chi vuole piazzare la propria pubblicità sopra), la polemica divampa ancora più forte. Barracco infatti ieri al Centro congressi di via Partenope ha organizzato una conferenza in cui Francesco Caglioti, grande esperto della scultura del Rinascimento, ha illustrato la delicatezza e l'imponenza artistica dell'Arco, fra l'altro sottolineando che «ad oggi l'Arco non ha bisogno di restauri imponenti, basta una piccola manutenzione costante. In caso contrario bisognerebbe coinvolgere tutti gli enti preposti».

Ma prima della conferenza di Caglioti ha parlato Barracco, che ha denunciato pubblicamente «il pasticcio che si sta per mettere su anche nel caso del restauro di questo tesoro». Un tesoro che è unanimemente riconosciuto come non solo il più ambizioso e impressionante monumento di scultura lasciato a Napoli e nel Meridione d'Italia dalla civiltà del primo Rinascimento, ma anche il più efficace manifesto della politica artistica del suo committente, Alfonso d'Aragona. Le parole della Barracco d'altra parte si basano anche su una esperienza diretta avuta dalla fondazione proprio con l'Arco del Maschio Angioino. Infatti, poco meno di trenta anni fa, il restauro fu eseguito proprio dalla fondazione, durò quattro anni e costò un miliardo di lire. Nel corso della sua lunga vita la fondazione ha portato a termine il restauro di altre quindici opere, anche queste portate a termine con l'aiuto di sponsor privati.
«La differenza» spiega Barracco, «è che con noi il privato non aveva voce in capitolo sul modo di portare avanti il restauro. Nel caso di questo restauro invece i tecnici sarebbero scelti dall'azienda privata».


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