Napoli, spuntano nuovi tesori archeologici a Chiaiano durante i lavori per un marciapiedi

Napoli, spuntano nuovi tesori archeologici a Chiaiano durante i lavori per un marciapiedi
di Ferdinando Bocchetti e Giuseppe Crimaldi
Lunedì 19 Agosto 2019, 08:30
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Sono tornate alla luce dopo duemila anni. Ci sono voluti venti secoli, ma soprattutto un inatteso colpo di fortuna per giungere a una importante scoperta archeologica nella città di Napoli, esattamente nella zona che segna il confine tra il quartiere di Chiaiano e il Comune di Marano. Si tratta di due vasche romane che risalgono con ogni probabilità al periodo imperiale dell'antica Roma.

La scoperta è avvenuta alla fine di luglio. Siamo in via Camillo Guerra, ed è qui - alla confluenza di una battutissima arteria stradale che si snoda tra la zona del Parco dei Camaldoli, Pianura e Marano, nei pressi di un ristorante - che sono all'opera tecnici e maestranze chiamate a metter mano al rifacimento di costoni e di un marciapiedi.
 
Gli operai addetti alla bonifica di un folto roveto si imbattono in un'opera muraria; sulle prime si pensa ad un vecchio manufatto abusivo ma in breve riemerge l'opus reticulatum (tecnica edilizia romana tramite cui si realizzava il paramento di un muro in cemento). A questo punto i lavori si fermano e viene immediatamente contattata la Sovrintendenza ai Beni Archeologici. L'arrivo degli esperti conferma che si tratta di una prima vasca di contenimento dell'acqua potabile. E a pochi metri di distanza c'è traccia di un secondo manufatto. Ora la zona è stata sigillata, in attesa che riprendano i lavori: non si escludono nuove e clamorose sorprese. Nel frattempo si può ipotizzare che quelle vasche (che durante la Seconda Guerra Mondiale furono utilizzate dagli ignari contadini della zona come rifugio dai bombardamenti aerei) fossero in realtà parte di una più articolata e mastodontica opera collegata alla rete di rifornimento idrico capace di arrivare fino a Baia - l'antica Miseno - prima e più importante base della flotta imperiale romana.

Grazie alla sapiente opera dei tecnici della Sovrintendenza se ne saprà di più nei prossimi giorni. Un fatto è certo: la scoperta ricade su un territorio - quello appunto che si estende dalla collina dei Camaldoli ai Comuni di Marano e Quarto - ricchissimo di testimonianze archeologiche e architettoniche. Un patrimonio importante, e purtroppo poco noto al grande pubblico, finito a più riprese nel mirino degli speculatori e dei palazzinari di camorra. Nel solo comune di Marano si contano ben tre castelli: uno edificato nella zona di Torre Caracciolo, che ancora oggi appartiene all'omonima famiglia; il Castello Monteleone, residenza di caccia di Federico II, incendiato e ricostruito da Carlo D'Angiò nel 1275; e il Castello Scilla, edificato per volere dei sovrani angioini.

Nel cuore di Marano, poi, sorge invece il monumento funerario del Ciaurro: un mausoleo di epoca romana risalente al primo o secondo secolo dopo Cristo che avrebbe accolto le spoglie mortali di Tirone, discepolo di Cicerone. Non meno importante è l'eremo semi-rupestre di Santa Maria di Pietraspaccata: la struttura è da anni a rischio crollo. L'opera dei palazzinari senza scrupolo non ha risparmiato alcune masserie di epoca svevo-angioina, ma soprattutto la splendida Masseria del Galeota, situata nella popolosa frazione periferica di San Rocco. L'edificio fu abbattuto, nel 2005, nel corso di una sola notte da una società di camorra.
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