Veronesi, la sfida
di scienza e ragione

Umberto Veronesi
Umberto Veronesi
di Franco Salvatore
Martedì 6 Dicembre 2016, 13:35
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Stamane l'Università di Napoli Federico II in collaborazione con il Ceinge ha ospitato un convegno dedicato al pensiero di Umberto Veronesi. Lo scienziato Franco Salvarore, fondatore del Ceinge ne ha tracciato il ricordo sulla pagine de "Il Mattino".

Credo che la storia degli uomini che lasciano solchi della loro presenza e delle loro azioni si possa meglio apprezzare e descrivere col tempo che passa, e che fa anche sedimentare le emozioni un po’ immediate della scomparsa anche di uomini e donne che hanno lasciato tracce del loro cammino sulle vie del sapere, nonché in quelle del saper essere e del saper fare, come lo è stato per Umberto Veronesi. Con il piccolo e sommesso orgoglio da parte degli organizzatori di aver saputo essere tra i primi a commemorare l’uomo scomparso, sono sicuro che la storia di Umberto Veronesi può iniziare ad essere scritta anche subito.


E ciò perchè tante sono le testimonianze di atti e di pensieri che la sua fervida mente e le sue azioni hanno prodotto e che non consentono oggi già di parlarne e ricordarne per lo meno alcune che più si affollano e sono rimaste impresse nella attenzione di chi scrive anche sotto la spinta emotiva causata dalla mancata esistenza. In questa frase che segue, credo che sia racchiuso, a mio modo di vedere e come osservatore un po’ privilegiato per averlo conosciuto per diversi decenni ed essere stato insieme a lui in tavoli di programmazione per la ricerca scientifica, e aver fondato insieme anche ad altri illustri studiosi la Scuola Superiore di Medicina Molecolare, - molta parte del suo credo, delle modalità e della tensione umana e civile del suo essere, oltre che di quella verso il sapere e l’opera di Medico. Nella frase: «Andate avanti, perchè il mondo ha bisogno di scienza e di ragione», è proprio qui che Egli rivela il suo essere laico, ma non nel senso banale di oppositore al convenzionale credo e pratica cattolica, - cosa che non ha mai fatto, era tra l’altro un ottimo amico personale del Cardinale Martini, anch’egli uomo di grande apertura umana e morale -, ma piuttosto nel significato che a laico hanno dato sia Claudio Magris, che anche Stefano Rodotà. Significato, cioè, di grande valore umano e anche scientifico, cioè quello di «ragionare», di credere nel metodo e nelle acquisizioni scientifiche ragionando e seguendo sempre un metodo che attraverso una logica riesce ad ottenere sequenzialità di concetti fermi, e anche sicuri, rispetto al punto di partenza da cui si è iniziato a percorrere con il pensiero logico e che poi sia coerente nelle varie tappe seguite dall’inizio alla fine.


Un importante concetto che da questa frase anche emana è quello di spronare gli altri , soprattutto i giovani, gli allievi, ma anche i pazienti, i cosiddetti «malati» che egli considerava tutti, per prima cosa come delle «persone» dal completo e complessivo valore come esseri umani prima che come pazienti ammalati, ed ecco perchè questi tutti lo amavano. E lo amavano anche, e tutte, le donne che erano sue pazienti e che avevano avuto modo di incontrarlo e di essere seguite da lui per il suo tratto umano e carisma professionale. Spronava tutti ad andare avanti, non fermarsi mai, era un grande innovatore, un vero Ricercatore con la «R» maiuscola, forse anche un curioso nel senso anglosassone del sapere «curiosity driven», così contribuendo alla conoscenza di qualcosa di nuovo non noto, proprio come fa il vero ricercatore facendo ricerca scientifica e creando nuovo sapere. E poi egli credeva seriamente e non certo per civetteria da scrittore o conferenziere, che oggi, nel divenire dell’antropologia culturale, sono le donne, il genere femminile, ad avere una marcia in più. Diceva in un recente suo scritto: «Credo che il pensiero femminile sia destinato a dominare e prevalere in tutti i settori, da ora in poi» e ancora «una società pacifica e basata sul dialogo è per definizione appannaggio delle donne che sono naturalmente, geneticamente, dalla parte della vita! E sono più brave a scuola, più portate a trovare soluzioni diplomatiche, hanno uno spiccato senso della giustizia, dell’organizzazione e dell’ordine...».


E forse, sia pur da maschio, devo ammettere che aveva proprio ragione! In fondo la frase citata all’inizio è un inno alla ragione ed alla scienza, anche se quest’ultima è poco «curata» nel nostro Paese, basta vedere il PIL in confronto della spesa e dell’investimento in paragone con le altre nazioni occidentali.
Sono proprio questi, cioè la ragione e la scienza i due motori essenziali per l’innovazione ed il progresso, e infine anche per la cosiddetta crescita e sviluppo di una comunità nazionale, come quella italiana, purchè sia contemperata dalla solidarietà e dall’equilibrio ragionevole dei vari aspetti sociali ed economici della stessa comunità. Per finire, su questi brevi limitati appunti sui temi e le azioni di Umberto Veronesi, cosa dire di quelli ai confini con la scienza e la medicina e che invadevano molto spesso la bioetica ed il biodiritto. Egli li ha perseguiti per tutta la sua vita con grande tenacia, ma con grande attenzione e rispetto proprio per i diritti fondamentali della persona umana, dalla sua nascita alla sua fine, passando per la tragedia della malattia, proprio, tra l’altro, quella tra le peggiori che egli curava da grande oncologo e che nell’immaginario collettivo dell’italiano medio era come una condanna a morte anzitempo e che egli ha grandemente e ragionevolmente smitizzato, riportando, - col suo ottimismo e la sua serenità -, la presenza del tumore alla speranza e alla fiducia nella cura, oltre che alla lotta attiva dell’ammalato stesso contro la malattia. E in coerenza massima con il suo sapere e la sua ideologia ha chiesto ed ottenuto dai suoi di non perseguire qualsiasi accanimento terapeutico negli ultimi giorni della sua vita, che così serenamente si è spenta.
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