Nella notte del belcanto
trionfa il tenorissimo Kaufmann

Nella notte del belcanto trionfa il tenorissimo Kaufmann
di Pietro Treccagnoli
Martedì 13 Settembre 2016, 10:45 - Ultimo agg. 19:05
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Appena sono risuonate le prime note di «Parlami d’amore Mariù» dal pianoforte e dalle mani del maestro Stellario Fagone, s’è capito che il senso della musica, il senso delle parole e del canto avrebbero riempito la serata e il teatro San Carlo, con la voce potente di Jonas Kaufmann, stella della lirica mondiale che rendeva omaggio a Napoli e all’Italia con «Non ti scordar di me», «Torna a Surriento», «Core ngrato», «Passione». Si cominciava. E il tenore bavarese non s’è risparmiato con palco reale, platea, file e loggione incantati, disposti a sciogliere l’emozione solo con lunghi, interminabili applausi conditi di «bravo, bravo»: un tripudio. Non s’è trattenuto lui e non s’è trattenuto il pubblico. 

È il belcanto, signori. Quando l’emozione ha voce e la fa risuonare per intero, quando si riesce a creare un comune sentire, un bene comune che è pure la lunga storia musicale e culturale di Napoli. Storia da racchiuderla in uno spettacolo nel quale l’arte con i disegni di Mimmo Paladino che hanno fatto da scenografia alle prime fasi della serata, la parola dell’attore Claudio Di Palma che ha recitato i testi del regista dell’appuntamento, Ruggero Cappuccio, e la musica che ha preceduto l’esibizione vera e propria di Kaufmann e che attraverso la direzione di Maurizio Agostini e l’orchestra del San Carlo ha affiancato le note di «Funiculì funiculà» di Luigi Denza nella rielaborazione di Nikolaj Rimsky-Korsakov e i «Canti del golfo di Napoli» di Renzo Rossellini. Tutto insieme, a fare da premessa, da introduzione al protagonista, la costruzione di una cornice che non ha lesinato incanti.

Prima di celebrare il ritorno del tenore bavarese sul palco del teatro lirico più antico d’Europa (fino a ieri aveva cantato a Napoli solo una volta: nel 2004, per «La creazione» di Haydn»), si sono spente le luci per un breve filmato dedicato alla prova aperta che Kaufmann ha voluto concedere, in mattinata, agli studenti dei quattro Conservatori della Campania (Napoli, Benevento, Avellino e Salerno), un incontro didattico e spettacolare, alla presenza del ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini. Evento unico, atteso e gustato da allievi e docenti, ripreso dei filmaker di Giffoni Experience, Luca Apolito e Gianvincenzo Nastasi. Tre minuti che nei quali c’è stata un’anteprima video della potente voce del cantante che ha sedotto i ragazzi per la sua bravura, competenza tecnica e umiltà.
 

 

Come un disvelamento, un trezziamento a briscola, Kaufmann ha cominciato a mostrarsi un poco alla volta. Prima, però l’arte di Paladino con fiori, volti, stelle, nuvole, fuochi, mani e fumi ha fatto da sfondo a una melodia di parole recitate da Di Claudio che a tratti è apparsa un sussurro che emergeva dal ventre rovente del Vesuvio e dei Campi flegrei. La musica, popolare e colta, raffinata e a tratti già postmoderna, ha contestualizzato artisticamente quell’insieme di eros e lava che è Napoli e contemporaneamente il suo suono, suono che si fa senso attraverso archi, fiati, tamburi. Tutto questo prima, prima che Kaufmann si materializzasse in scena, presentato dal direttore del «Mattino» Alessandro Barbano che gli ha fatto rievocare la sua educazione musicale e sentimentale in una mezz’ora di serrato talk-show. Un’intervista molto personale, intervallata da filmati di repertorio di celebri performance dell’artista su e giù per l’Europa). Brani dalla «Forza del destino» di Giuseppe Verdi, dai «Pagliacci» di Ruggero Leoncavallo, da «Manon Lescaut» e dalla «Tosca» di Giacomo Puccini (il video di «E lucevan le stelle» è stato applaudito quasi come se fosse stata un’esibizione dal vivo). Lui appena in scena ha subito scherzato: «Grazie, mi applaudite quando ancora non ho fatto niente. Siete davvero molto gentili». Ha mostrato una capacità unica di tenere la scena, anche quando c’è stato qualche lungaggine nei tempi di allestimento del palcoscenico per l’esibizione. Ha intrattenuto il pubblico, senza microfono, senza amplificazione giogioneggiando come un attore collaudato.

Tenorissimo tenerissimo. Come quando ha rievocato la sua infanzia di bambino già appassionato della lirica. «Non serve portare i vostri figli all’Opera quando sono troppo piccoli» ha raccontato. «Basta fargli ascoltare la musica alla radio». E ha narrato della prima volta che è capitato a lui di entrare in un teatro per assistere a uno spettacolo lirico. Era «Madama Butterfly». «Mi ero così immedesimato nella storia» ha proseguito Kaufmann «che la morte della protagonista mi era sembrata totalmente vera. E mi ero commosso. Quando poi ho visto l’attrice ritornare in scena per i ringraziamenti sono rimasto sconvolto, mi sono sentito quasi un po’ truffato: si era rotta una magia». Ma ha capito la potenza della lirica dove ogni dramma è un falso e con un po’ di mimica e con il trucco puoi diventare un altro, come ha cantato lui stesso, nell’ultimo album («Dolce Vita»), con le parole prestategli dal Caruso di Lucio Dalla. 

Kaufmann non si è risparmiato, la sua freschezza è stata il coronamento di un percorso costruito con sapienza tirando fuori dai palpiti più caldi di Napoli la poesia che qui è arte, musica e parola che riesce a tenersi insieme, come ha fatto Ruggero Cappuccio con il suo «senso dei suoni» che ha introdotto il clou della serata. Era voce che, come una possessione, proveniva dagli abissi della terra e del mare, che, come estratta dalle pagine de «Lo cunto de li cunti» del gran Giambattista Basile, si innalzava poi sulle vette degli acuti di Kaufmann. Prima sussurro diabolico, terragno, sotterraneo, quindi altezza celestiale, potenza ultraterrena. La voce diventa parola, la parola si fa voce e canto, testa e cuore, insieme. Con i trucchi e con la leggerezza che sanno colpire nel segno come una freccia acuta che non provoca dolore, ma piacere. Questo è stato il mondo che Jonas ha creato e che ha restituito ai napoletani, senza risparmiarsi, perché nell’amore e nell’arte non ci si risparmia, ché chi si risparmia appassisce e finisce.

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