Professione reporter tra i vicoli:
il nuovo libro di Sergio Siano

Professione reporter tra i vicoli: il nuovo libro di Sergio Siano
di Silvio Perrella
Giovedì 24 Novembre 2016, 09:36 - Ultimo agg. 25 Novembre, 11:56
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Ieri pomeriggio è arrivato un plico; c’era dentro un libro che s’intitola Vicoli, e si propone come «un viaggio napoletano»; ne è autore Sergio Siano e lo pubblicano le edizioni Intra Moenia. In libreria da oggi. Sgusciato fuori dalla busta, questo libro ha subito chiesto l’attenzione degli occhi. Eh sì, perché il primo linguaggio che questo libro usa è quello fotografico. Non sarebbe potuto essere altrimenti, perché Sergio Siano è stato fotografo ancor prima di nascere: lo è stato per trasmissione ereditaria da padre a figlio; e lo è stato perché è nato nel ventre di una Città che chiama alla conoscenza visiva, anche e soprattutto quando si sottrae agli sguardi superficiali e miopi.

Sergio lavora per «Il Mattino». Se vai in giro per la Città, prima o poi lo incontri; incontri il suo sorriso, il suo sguardo intelligente, il suo pizzetto. Se c’è un qualcosa che va testimoniato per immagini, di sicuro lui è lì, e il suo click è già partito e ha colto nel segno. Scatto dopo scatto, scatto su scatto, Sergio Siano si è trovato un materiale che chiedeva la forma del libro; un materiale che chiedeva colori (ma anche bianco e nero), pagine ampie, tagli diversi e molteplici. E chiedeva anche condivisioni, soprattutto con i suoi colleghi giornalisti. È a loro che si è rivolto – a Gerardo Ausiello, a Vittorio Del Tufo, a Gigi Di Fiore, a Pietro Gargano, a Luca Marconi, ad Antonio Menna, a Marco Perillo, ad Antonio Emanele Piedimonte, a Luciano Pignataro, a Maria Pirro, a Francesco Romanetti, a Rosaria Siano, a Pietro Treccagnoli – perché gli fornissero materia verbale. 
 


Guarda questa foto – gli ha detto - cosa ti viene in mente? Scrivine in breve, spremine il succo. E loro hanno osservato questa collezione di vicoli e hanno accostato scrittura verbale a scrittura visiva. D’altronde chi lavora o collabora a un giornale – soprattutto se si tratta de «Il Mattino» – sa che le scritture si mescolano. Ogni giornale che si rispetti dà ospitalità a diverse curvature linguistiche: succede che chi proviene dalla scrittura letteraria vada verso quella giornalistica e chi proviene dalla scrittura giornalistica vada verso quella letteraria. Così gli scrittori scrivono anche articoli, e i giornalisti scrivono anche libri. In entrambi i casi, la protagonista è spesso la Città, questa nostra Napoli che è in grado di accogliere tutti, e che permette a Siano di affiancare al lavoro del cronista, il lavoro di chi indaga se stesso attraverso le immagini del luogo urbano in cui è nato.

Scale, ponteggi, statue, fenditure serpeggianti viste dall’alto, tendaggi colorati che volano nel vento, pitture e muri scrostati, e persone, molte persone, uomini e donne (in prevalenza quest’ultime). Le persone che vivono nei vicoli Sergio Siano le conosce una per una: ne ritrae i volti e vi associa i nomi. Sono Antonio e Maria di vicolo Dietro la Chiesa; Rosa de la Spiaggetta di Largo Sermoneta; Antonio Capasso di via Pallonetto Santa Lucia; Tonino di vico Tiratoio; le sorelle Sola di Via Santa Maria Ogni Bene; Antonio Moglie di via Pignasecca; don Mario di via Santa Lucia al Monte; Mario Talarico di Vico Politi... E si potrebbe continuare: per un autoctono come Sergio Siano vicoli e persone sono inscindibili. Nei suoi passaggi di Città, saluta i luoghi e dà una mano alle persone; ne deriva che dietro ognuna di queste foto c’è in agguato una storia e insieme vive un sentimento: quello di un possibile cambiamento: «vorrei – scrive in apertura del suo libro Sergio Siano – che i vicoli cambiassero faccia, che diventassero borghi dignitosi e senza trappole». È un desiderio, è una speranza, nutriti entrambi dalla consapevolezza che il cambiamento va scrutato con attenzione e che spesso, troppo spesso, chi parla di cambiamento vende aria fritta, spaccia modernità per ulteriore degrado.
 
 

Tra le foto che Sergio raccoglie nel suo libro ce n’è una che fa davvero impressione: si tratta di un frammento visivo dei Quartieri Spagnoli. Vi si vedono automobili che vengono e che vanno e che sostano e che forse dormono; e vi si vedono panni stesi ad asciugare, e fili e balconi e lampioni e scale e cartelli stradali; e tutto si moltiplica, si stratifica, e sembra esplodere come nella sequenza finale del film di Antonioni «Zabriskie Point».

È una fantasmagoria, un’invasione dello sguardo, la prova provata della densità a volte insostenibile della Città.
Non c’è spazio, o meglio lo spazio si è trasformato in un una somma di fiati, nelle abitudini del vivere, nella colonizzazione umana di ogni centimetro quadro. In quest’immagine che scoppia a p. 62, Sergio Siano sfonda la quinta dei vicoli, delle piccole strade e strette dell’utero urbano e materno, e si mette a sognare. Come il poeta Sandro Penna, anche lui «vivere» vorrebbe «addormentato, entro il dolce rumore della vita».

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