Per il maestro Riccardo Muti
una «Fantasia» napoletana

Per il maestro Riccardo Muti una «Fantasia» napoletana
di Donatella Longobardi
Giovedì 7 Luglio 2016, 08:21 - Ultimo agg. 14:34
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«Non è una prima esecuzione moderna qualsiasi, è la dimostrazione della grande rilevanza che in Italia, e soprattutto a Napoli, nel Sud, a metà Ottocento esisteva un'importante scuola strumentale che bene si confrontava con quella più celebre d'Oltralpe». Riccardo Muti aggiunge un altro tassello importante alla perenne ricerca musicale e all'attenzione nel rivalutare le radici illustri della cultura napoletana, della «sua» cultura. Dell'altra sera a Ravenna, nell'ambito del festival guidato dalla moglie Cristina, nell'ultimo dei suoi unici tre concerti italiani di quest'anno, l'esecuzione con l'Orchestra Cherubini di una praticamente sconosciuta «Fantasia per fagotto su vari pensieri del Trovatore del Maestro Giuseppe Verdi» di Francesco Cappa, il cui manoscritto è conservato nella biblioteca del San Pietro a Majella. Un brano per orchestra e fagotto scritto nel 1854 da un allievo di Mercadante, esposto due anni fa in Conservatorio nell'ambito della mostra su Verdi e Napoli. Una curiosità che subito colpì Muti durante la visita della mostra allestita nella sala a lui intitolata. «Avevamo deciso di esporre il manoscritto perché ci sembrava rappresentativo di una temperie culturale, di un'epoca in cui il grande successo di un'opera veniva immediatamente ripreso e per così dire copiato per essere diffuso in altri ambiti - ricorda il direttore della scuola musicale napoletana Elsa Evangelista - Il maestro ne fu particolarmente colpito, come fu colpito dal fagotto a 21 chiavi del 1880 dei fratelli Maiorano realizzato col sistema Caccavajo che avevamo esposto accanto alla partitura».

A quell'attenzione è seguita una revisione della partitura che riprende, esaltandoli, i maggiori temi del capolavoro verdiano, e la decisione di Muti di farla eseguire con tutte le sue difficoltà per il solista e il suo strumento - non adatto a simili agilità virtuosistiche da un maestro del fagotto di oggi. E ha scelto David McGill, solista nella grande orchestra americana che dirige, la Chicago Symphony, che ora confessa di aver dovuto tribolare non poco prima di presentarsi in concerto. «Un brano difficilissimo ma bellissimo, grazie al quale mi sono innamorato di Napoli e della sua musica», osserva il musicista americano che si pone sulle orme del primo esecutore di questa «Fantasia», Filippo Acunzo, anche fagottista molto apprezzato in Conservatorio ai tempi in cui era direttore Mercadante, che di Cappa eseguì nel 1855 (emerge da un saggio di Dinko Fabris) anche un'altra «Fantasia», questa volta realizzata sui temi del «Rigoletto».

Insomma, a Napoli esisteva non solo la tradizione di creare parodie e trascrizioni di celebri opere ma anche una scuola di artisti specializzati in strumenti a fiato. Personaggi come Ferdinando Sebastiani, clarinettista dell'orchestra del San Carlo, per il quale Verdi scrisse il celebre assolo della Sinfonia della «Luisa Miller». «E Acunzo, lo dice il nome, non era nato a Stoccolma, era un musicista che con la sua arte strumentale poteva competere con l'Europa», aggiunge Muti convinto che «questo piccolo gioiello ritrovato rappresenti l'ennesima conferma che la Biblioteca del San Pietro a Majella conserva tesori preziosi e non è pensabile che dopo anni di denunce, appelli e promesse sia ancora considerata una biblioteca scolastica». Di fronte a tutto ciò, il maestro, da sempre in prima linea per difendere e diffondere in tutto il mondo il patrimonio musicale napoletano, si dice «sfiduciato». «Non mi sembra possibile che la vera cultura nel nostro Paese sia sempre sottovalutata. Io dice alla mia età, ho fatto il possibile. Mi dispiace però per i giovani. Mi preoccupa il loro futuro. Ogni anno escono dai nostri conservatori centinaia di strumentisti, cantanti, coristi, compositori preparatissimi. Che futuro hanno? Sono stato di recente in Corea, solo una città come Seul ha trentanove orchestre. Da noi molti importanti capoluoghi di regione non ne hanno neppure una. È chiaro che, di fronte all'interesse che mostrano Paesi come il Giappone o la Cina o la stessa Corea noi rischiamo di diventare, come ripeto spesso, non il Paese della musica ma il Paese della storia della musica».

Ed è in questo contesto che dieci anni fa Muti promosse la nascita dell'Orchestra Cherubini, e ora ha creato l'Italian Opera Academy, una serie di corsi aperti ai giovani, quest'anno in programma dal 23 luglio al 5 agosto al Teatro Alighieri di Ravenna. E passerà il 28 luglio, giorno del suo settantacinquesimo compleanno, a parlare di «Traviata». «Verdi dice - si esegue spesso con poco rispetto delle sue indicazioni. Io, a questo punto della mia carriera, voglio solo cercare di restituire ad altri quello che i miei maestri mi hanno dato. Non ho ancora deciso la data, ma una di queste lezioni per giovani direttori, come promesso, la terrò in settembre anche a Napoli. Visiterò la mostra dedicata a Paisiello e tornerò al San Pietro a Majella, il luogo dove per me tutto è iniziato».