Per D'Angelo riavvolgere il nastro della memoria è un attimo: «Da ragazzo ero un tifoso della sceneggiata, poi sono diventato amico di Mario, uno di famiglia. Lo conobbi nel 77, quando feci il primo disco. Avevo vent'anni, da allora non ci siamo mai separati. Con lui ho fatto due film, Giuramento e Tradimento, che ricalcavano quel genere», racconta l'artista. E quando continua a scavare nello scrigno dei ricordi ci trova dentro tanti aneddoti: «Merola era amatissimo, aveva amici in ogni paese d'Italia. Era un uomo carnale, e io sono stato il suo figlio ribelle. Gli dicevo le cose in faccia, lui non le voleva sentire. Allora litigavamo. Ma era una persona straordinaria, gli ho voluto molto bene». Da quell'affetto è spuntata l'intuizione.
«Ho raccolto la sua eredità e ora torno a dirigere il teatro più popolare di Napoli, che riapre proprio a novembre: ci sono tutte le premesse per ricordare nel modo migliore uno dei grandi di Napoli, spesso dimenticato. E quello spettacolo potremmo produrlo noi del Trianon con i pochi soldi che abbiamo. E, perché no, dopo mandarlo in giro: la sceneggiata», osserva l'ex caschetto d'oro, «è un patrimonio nazionalpopolare». Intanto venerdì mattina andrà a salutare la «sua» Forcella. «Lì mi sento a casa, voglio far tornare il sorriso sui volti di quelle persone», dice, dipingendosi come un primus inter pares. «Sono uno di loro che ce l'ha fatta», spiega l'artista, che al cda ha chiesto (ottenendoli) pieni poteri e mani libere. «Voglio incontrare i dipendenti e la gente per cominciare a rifondare il Trianon. Ho bisogno dell'aiuto di tutti», spiega. E intanto lavora ad un'altra idea: una Cantata dei pastori con Peppe Barra al Trianon nell'ambito della coda natalizia del Napoli Teatro Festival. «Ne stiamo parlando, speriamo di riuscirci», incrocia le dita D'Angelo: « Sarebbe un'altra bella cosa».