Soldi falsi| «Così la mamma di Fortuna cercò di piazzare cento euro»

Soldi falsi| «Così la mamma di Fortuna cercò di piazzare cento euro»
di ​Leandro Del Gaudio
Venerdì 28 Novembre 2014, 14:44 - Ultimo agg. 20:04
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Parla al telefonino, stringe un borsellino con la mano sinistra, ha i capelli raccolti da un fermaglio. Una t-shirt lunga le copre il corpo fino alle gambe, indossa un paio di jeans e scarpe sportive. Eccola Domenica Guardato, la mamma della piccola Fortuna di Caivano, ragazzina uccisa in circostanze ancora tutte da chiarire. Eccola che entra in una rosticceria di Santa Maria Capua Vetere, mentre prova - secondo una testimonianza raccolta dal Mattino - a piazzare cento euro false a un commerciante che non abbocca al trucco.

Scherzi della notorietà, succede quando si diventa un volto noto per aver attraversato talk show e dirette televisive.

Ed è così che, all’indomani della retata contro i falsari, che vede coinvolta anche la Guardato (destinataria di un divieto di dimora a Caivano), la storia di Mimma non passa inosservata. La racconta Luisa G., titolare della rosticceria nella quale la mamma di Fortuna avrebbe provato a piazzare una banconota da cento euro ritenuta fasulla.

Una scena che la commerciante ricorda bene, tanto da recuperare alcuni frame del filmato ricavato dalla telecamera di protezione interna al negozio. Ed è così che al di là delle intercettazioni raccolte dai carabinieri in questi mesi, quelle con il presunto trafficante di monete false Giuseppe Manzo, oggi ci sono immagini e testimonianze con cui dovrà confrontarsi la Mimma del parco Verde. Era il 30 ottobre scorso, il caso della piccola Fortuna era già esploso da un punto di vista mediatico (basti ricordare alcuni servizi giornalistici sul dramma della piccola Fortuna apparentemente precipitata dai piani alti), quel profilo di mamma che chiede aiuto aveva già sfondato in tv.

Ma come andarono i fatti all’interno della rosticceria sammaritana? È ancora Luisa G. a raccontare la sua versione: «Aveva fretta e tremava. Venne con questa banconota da cento euro e indicò tre o quattro pezzi di rosticceria, senza neanche fare caso a cosa stava comprando. Disse: ”Voglio questo, questo e quello”, alla fine le feci un conto di undici euro e lei mi pagò con la carta da cento euro. Come mi accorsi che era falsa? Purtroppo da queste parti mi è toccato già in altre occasioni (almeno quattro o cinque volte) di subire tentativi di acquisto con moneta falsa, ho imparato a riconoscere le monete di grosso taglio».

Ma com’era quella banconota? «Non aveva neppure la filigrana - dice Luisa G. - anche i colori della bandiera europea erano abbastanza strani». Quindi? Come andarono i fatti? «Avevo fatto lo scontrino, mi limitai a dirle che i soldi erano falsi. Ebbi uno scatto di rabbia, presi la banconota la strinsi nella mia mano e gliela scagliai a terra. Lei la raccolse per ritornare sui suoi passi. Ricordo ancora quello sguardo basso e il suo tremolio: mi disse che voleva chiamare la mamma, provò a giustificarsi, tremava, ma non sembrava spaventata, tanto che uscì dal negozio, improvvisò una telefonata non so con chi e poi se ne andò».

Ma non è finita. Una volta estratte quelle immagini, la negoziante comprende che quella donna ha qualcosa di già visto, prova a mettere insieme i ricordi fino a quando non incontra lo stesso viso e lo stesso modo di essere fragile e insicuro in una trasmissione sul caso Parco Verde: «La mano tra i capelli e all’altezza dell’orecchio, così ho riconosciuto quella donna». Inchiesta condotta dalla Procura di Giovanni Colangelo, si indaga sul cosiddetto Napoli group, un gruppo di falsari di spessore internazionale in grado di servirsi di decine di pusher per smerciare moneta fasulla.

Difesa dal penalista napoletano Gennaro Razzino, Domenica Guardato risponde al momento del contenuto di alcune intercettazioni, in uno scenario che ora potrebbe arricchirsi anche della testimonianza di una commerciante di Santa Maria Capua Vetere.