Napoli. Strage di via Caravaggio, delitto senza castigo: la Procura chiede l'archiviazione del caso

Napoli. Strage di via Caravaggio, delitto senza castigo: la Procura chiede l'archiviazione del caso
di Giuseppe Crimaldi
Sabato 4 Luglio 2015, 15:09 - Ultimo agg. 5 Agosto, 17:04
6 Minuti di Lettura

Non sono bastati quattro anni di nuove indagini, verifiche ed esami tecnici all'avanguardia per dare un nome e un volto all'autore della strage commessa il 30 ottobre del 1975 nell'abitazione della famiglia Santangelo, in via Caravaggio a Napoli. La Procura ha chiesto al gip l'archiviazione dell'indagine.

Il caso è chiuso. Forse per sempre. Le residue speranze di chi credeva di poter dare giustizia al sacrificio delle vittime innocenti, a quasi mezzo secolo dalla loro tragedia, è naufragata di fronte alle sei pagine firmate dal sostituto procuratore Luigi Santulli, che adesso chiede al giudice per le indagini preliminari di voler archiviare il fascicolo.

La strage che si consumò in quell'appartamento al quarto piano del civico 78 di via Caravaggio resta impunita. In quella casa vennero sgozzati Domenico Santangelo, ex capitano di lungo corso, la sua seconda moglie Gemma Cenname, ostetrica e la figlia di lui, Angela, impiegata dell'Inam. L'assassino non ebbe pietà nemmeno di Dick, il piccolo cane Yorkshire.

La richiesta di archiviazione - insieme con il deposito degli atti in cancelleria - chiude per sempre il caso che era stato riaperto dopo che nel 2011 l'allora procuratore aggiunto Giovanni Melillo (oggi capo di Gabinetto al ministero della Giustizia) aveva, sulla base di alcune segnalazioni di alcuni blogger esperti di casi giudiziari insoluti, ordinato alla polizia di esaminare i campioni genetici su alcuni reperti custoditi negli uffici dell'ex Tribunale di Castelcapuano.

Si erano così inevitabilmente riaccesi i riflettori sull'unico imputato processato (condannato in primo grado all'ergastolo ma poi assolto con formula piena in appello e in Cassazione): su quel Domenico Zarrelli che lindagine iniziale aveva indicato come l'autore della strage. Secondo l'accusa, avrebbe agito in preda a un raptus dopo avere avuto un violento diverbio con la zia, Gemma Cenname, per motivi di denaro.

La Procura di Napoli aveva così dato mandato alla Scientifica di comparare il dna di Zarrelli con quello presente su alcuni oggetti ritrovati in casa dieci giorni dopo, quando venne scoperto l'orrore dei corpi straziati: e in particolare su alcuni mozziconi di sigaretta repertati e su uno straccio da cucina insanguinato.

Ma in virtù del principio del «ne bis in idem» Domenico Zarrelli - come qualunque altro cittadino - non avrebbe mai potuto essere sottoposto a un eventuale processo due volte per lo stesso fatto.

"In forza del giudicato formatosi - scrive il pm Santulli nella sua richiesta di archiviazione - sono state mantenute nell'investigazione condotta come premesse storiche e conositive non modificabili anche le circostanze di fatto assunte come rilevate, valutate ed accertate nel lungo iter dibattimentale di merito e di legittimità culminato con la sentenza emessa il 18 marzo 1985 dalla Corte di Cassazione che confermava quella di assoluzione pronunciata nel 1984 dalla Corte di Assise di Appello di Potenza".

"Le nuove indagini poggiano - si legge ancora - oltre che sui richiamati precedenti definitivi, anche sulla relazione di servizio trasmessa dalla Squadra mobile datata 23 settembre 2014 che fa seguito al sopralluogo effettuato sui luoghi di interesse investigativo e che ha escluso la possibilità di assumere elementi di riscontro a riferimenti relativi alla presunta responsabilità di eventuali altri soggetti diversi da quelli già oggetto di indagine e processo come Domenico Zarrelli: questi spunti di indagine in questa ultima direzione erano stati offerti da alcune missive anonime pervenute quando sui quotidiani il caso era stato di nuovo oggetto di attenzione giornalistica.

Tuttavia dall'indagine emerge il dato che confermerebbe la presenza di Domenico Zarrelli in quell'appartamento. "L'ultima informativa datata 13 maggio 2015 - prosegue ancora il pubblico ministero - indica che tutti i plichi contenenti i reperti oggetto di nuovi esami scientifici si presentavano in discreto stato di conservazione considerato il tempo trascorso e solo le calzature di Domenico Santangelo e dei guanti di gomma presentavano rispettivamente muffe e pessimo stato di conservazione: per questo non sono stati presi in considerazione. Sintetizzando, gli esiti degli accertamenti tecnici disposti hanno riguardato alcuni reperti dell'epoca: mozziconi di sigarette e uno straccio da cucina, dai quali sono stati estratti, tra gli altri, i profili genetici (tracce di Dna) compatibili con quelli dell'originario imputato, poi definitivamente assolto, Domenico Zarrelli".

Per la Procura, dunque, il dato posizionerebbe Zarrelli sul luogo del delitto: anche se va detto che - trattandosi del nipote di una delle vittime - la circostanza può essere conseguenza ovvia del fatto che tra parenti ci si frequenta, e pertanto ciò non può bastare a trasformare qualcuno in un assassino. Per la comparazione - operata dalla Polizia Scientifica di Roma, sezione Delitti insoluti - sono stati utilizzati dei capelli repertati all'epoca a Domenico Zarrelli. Sarà corretto anche ricordare che il ministero della Giustizia e quello dell'Interno furono condannati - dopo la definitiva assoluzione dell'imputato - a risarcire i danni cagionati a Domenico Zarrelli.

Ma torniamo alle carte. "Va segnalato che - scrive sempre il pm - nella inconsapevolezza delle future scoperte scientifiche (in particolare quelle collegate allo studio del Dna) il luogo dei fatti (cioè l'appartamento al civico 78 di Via Caravaggio) fu irrimediabilmente inquinato dll'ingresso certamente approssimativo di numerose persone nell'abitazione della strage".

"Il profilo genetico UOMO#1 è stato estrapolato grazie alle analisi dei poliformismi del Dna effettuate su alcune formazioni pilifere reertate dagli investigatori dell'epoca, come da dcitura delle buste, prelevate all'originario imputato Domenico Zarrelli. Bisogna precisare che tutte le quattro buste contenenti i capelli di Zarrelli sono state ritrovate aperte, e pertanto non è possibile attribuire con certezza assoluta il profilo genetico estrapolato al nominativo indicato sulle buste stesse. Per completezza si evidenzia che, comunque, detto profilo è compatibile con il profilo genetico estrapolato con la tecnica di analisi di quattro diverse tracce: un mozzicone di sigaretta recante marca incompleta Ital, trovato sul pavimento in corrispondenza del davanzale della finestra della camera da pranzo; un mozzicone di sigaretta marca Gitane trovato vicino al mobile bar del salotto; e uno strofinaccio con motivi floreali tessuti sul quale c'erano tracce di sangue".

Ed ecco le conclusioni: "In definitiva sostiene il pm - neanche dalle moderne tecniche investigative, del tutto ignote all'epoca del gravissimo fatto commesso 40 anni fa, sono emersi elementi idonei ad attribuire l'efferato delitto in esame a soggetto noto. Per questi motivi il pm chiede che il giudice per le indagini preliminari voglia disporre l'archiviazione del procedimento e ordinare la restituzione degli atti per la conservazione in archivio.

Nel procedimento figurano come parti offese la signora Luisa Santangelo (cugina di Domenico), rappresentata dall'avvocato Gennaro De Falco; e il fratello di Domenico, Mario Zarrelli, rappresentato dall'avvocato Ilaria Zarrelli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA