Parole animate tra poesia e colori dell'amanuense Ivana Petullà

Parole animate tra poesia e colori dell'amanuense Ivana Petullà
di Donatella Trotta
Domenica 4 Gennaio 2015, 22:27
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Il suo motto è un aforisma fulminante come certi versi di Alda Merini, la cui poesia - non a caso - ama moltissimo: «L’arte mi serve per non morire di realtà». Già. Perché Ivana Petullà, autrice di questo verso, riesce a sublimare la prosa della vita in frammenti di bellezza rigorosamente artigianale che, alla maniera degli antichi calligrafi orientali, intrecciano segno e sogno, aforismi calligrafici intensi come haiku e lievi cromatismi in pennellate di emozioni, capaci di toccare il cuore di chiunque.



Origini calabresi (è nata a Taurianova, in provincia di Reggio Calabria) ma residenza torinese dal 1988, Ivana Petullà è infatti un’art designer e calligrafa che dell’arte ha fatto una scelta e uno stile di vita, oltre che un impegno professionale letteralmente ”on the road“. Tra strade, portici e piazze di varie città e in varie mostre, personali e collettive in giro per l’Italia. Un impegno militante, che dal 2000 l’ha portata a formarsi, dopo gli studi negli anni Novanta all’Accademia di Belle Arti di Torino, una specializzazione in pittura su seta e ceramica terzo fuoco nella Scuola artistica Pandora e un diploma di designer tessile presso l’Istituto Csea (Centro Studi Ecologia Ambiente di Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza), in un campo apparentemente anacronistico ma proprio per questo particolarmente seducente, ai tempi del web: la calligrafia.



Un’arte antica, rigorosa e raffinata, con una pluralità di stili che Petullà ha sperimentato con passione e curiosità, frequentando in Italia e all’estero corsi e workshop con maestri internazionali, tra i quali Piero De Macchi, Monica Dengo, Kitty Sabatier, Brody Neuenschander, Julien Chazal, Birgit Nass, Denise Lach, Chen Li, Bruno Riboulot, Laurent Rebèna. «Già. Ma poi - spiega - ho orientato la mia ricerca prevalentemente verso il lettering e la composizione calligrafica, con un mio tratto personale che unisce varie esperienze pittoriche con il segno grafico», precisa lei schermendosi un po’, mentre gli occhi le brillano raccontando dei poeti e artisti che predilige e di cui, da paziente amanuense postmoderna, riproduce i versi che più la colpiscono, per diffonderli oltre le pagine dei libri e l’oceano mare immateriale della Rete.



Controcorrente. In direzione ostinata e contraria: quella privilegiata e percorsa dai fedelissimi della poesia come arte totale, linguaggio radicale dell’anima e - per usare le parole di un grande artista come il portoghese Manuel Alegre - come «stato di clandestinità nella dittatura del mondo». In questi giorni, fino all’Epifania, te ne puoi accorgere incontrando Ivana Petullà a Napoli, nel suo stand allestito all’interno del mercatino artigianale davanti alla libreria Feltrinelli di via San Tommaso d’Aquino, che ti accoglie con la sua originalità come una sorpresa, tanto inaspettata quanto gradita.



Nel caos consumistico delle vie dello shopping di fine festività (e frenetico inizio dei saldi), le silenziose parole poetiche dello stand attraggono magicamente, con la loro carica straniante, fuori del tempo, che induce a fermarsi. Per leggere. E per riflettere. Lasciando echeggiare risonanze interiori come onde concentriche di sassi (rodarianamente) gettati nello stagno. Ce n’è per tutti i gusti, e le sensibilità: «Il tuo unico dovere è salvare i tuoi sogni», ammonisce in un angolo Amedeo Modigliani trascritto dall’amanuense Ivana. Gli fa eco Alda Merini: «La libertà di un uomo si misura dall’intensità dei suoi sogni». È un mosaico fitto di citazioni e aforismi (sulla vita, l’amore, la poesia, la musica) che non possono lasciare indifferente il passante: improvvisato ”flaneur“ tra le parole di Erri De Luca, Charles Bukowski, Eugenio Montale, Kahlil Gibran e i colori di Petullà.



L’artista - una donna minuta e bruna, dagli occhi ardenti - è circondata e quasi sommersa dai mille colori delle sue parole animate, dipinte ed echeggiate da librini d’artista in esemplari unici realizzati a mano, pannelli d’autore (simili ai rotoli dell’arte sino-giapponese, dove gli ideogrammi si alternano, nei vuoti zen, agli acquarelli) realizzati con carte pregiate, sete, fili di seta, corde dipinte con inchiostri, chine e tecniche miste, accanto a borse d’autrice personalizzabili e interamente progettate, cucite, dipinte e calligrafate a mano, magliette dipinte, quaderni, biglietti, taccuini, agendine con copertine personalizzate da gioielli poetici. Un piccolo mondo antico e tuttavia contemporaneo di segni e sogni, scrigno fragile dell’immaginario che Ivana Petullà sembra custodire come una tenace vestale di valori a rischio estinzione: «La scrittura - dice - rappresenta un mezzo universale di comunicazione e renderla bella attraverso il segno è per me qualcosa di magico. Unire il colore e combinare diverse tecniche per rendere poi un oggetto unico è davvero importante».



Anche per questo, Petullà ha incrociato e incrocia spesso nel suo cammino altri artisti con cui realizza collaborazioni significative: dal medico e musicista fiorentino Giovanni Nuti, grande interprete sulla scena della Merini, all’artista Maurizio Barraco, con cui ha in programma un nuovo progetto. Un percorso minoritario, ma suggestivo. E di questi tempi ci vuole coraggio, oltre che passione e perseveranza, per portarlo avanti. Perché le parole hanno una forza nascosta, disarmata e apparentemente debole come quella della preghiera, ma lasciano segni. Indelebili, per chi sa accoglierli e intenderli. Petullà l’ha scoperto presto, da ragazza. Soprattutto nei versi della Merini. Convinta, con la grande poetessa, che «chi brucia d’amore non si consumerà mai».
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