«Re.work», quando il lavoro diventa arte condivisa

«Re.work», quando il lavoro diventa arte condivisa
di Donatella Trotta
Sabato 18 Aprile 2015, 00:00 - Ultimo agg. 00:02
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Ripensare gli spazi del lavoro. Ma anche i tempi di vita. Per ridare anima e senso al ciclo produttivo sempre più «web oriented» e uscire così, in modo autonomo e creativo, dalla crisi intrecciando relazioni, momenti professionali, formativi e persino ludici: come i «Brunch musicali», da consumare nello stacco del pranzo gustando cibo biologico e musica live di vario genere, dalle sonorità balcaniche al folk, dal jazz allo swing ai ritmi mediterranei. Il tutto, in un luogo ospitale e accogliente come una seconda casa, dove lo spazio con-diviso di lavoro può allora diventare anche sinergia progettuale di visioni e grammatica della fantasia aperta a sempre nuove e fluide sinergie, nel segno di quattro parole chiave: condivisione, cooperazione, comunicazione, comunità.



Sono questi i pilastri sui quali si fonda «Re.work», spazio di coworking presentato, nella sua sede di 700 metri quadrati nell’Isola E2 del Centro Direzionale di Napoli, dal suo ideatore e fondatore, l’imprenditore partenopeo Alfredo Guerri, con l’assessora comunale ai Giovani, Alessandra Clemente, la critica d’arte e docente Aurora Spinosa - membro della giuria di qualità della prima edizione del premio «Centro Direzionale per l’arte», lanciato per l’occasione - e la giornalista Ilaria Urbani, direttrice artistica del riconoscimento. Un premio patrocinato dal Comune di Napoli e dall’Accademia delle Belle Arti partenopea con l’intento, spiegano i promotori, «di rilanciare l’immagine del Centro Direzionale rendendolo polo attrattivo attraverso la cultura, l’arte e la musica».



Non a caso il premio, rivolto ad artisti under 45 (scadenza il 31 maggio, bando scaricabile sul sito www.reworkspace.it e, da lunedì 20 aprile, anche sui siti del Comune e dell’Accademia), ha per tema «Ripensiamo il presente e il futuro del business center di Napoli», e per oggetto lo skyline del Centro direzionale, con i suoi piani orizzontali e le sue geometrie atipiche per il territorio napoletano. Dove questa avveniristica city, progettata dall’architetto giapponese Kenzo Tange, è presto diventata una cittadella ai margini della vivibilità, popolata durante il giorno di attività e uffici ma abbandonata e mortificata da una sorta di «coprifuoco» dopo il tramonto. Occasione persa o nuova linfa per il restyling di una zona di confine? E come recuperare lo spirito progettuale che animò vent’anni fa l’edificazione di questo arcipelago di grattacieli sul quale tanto si puntava, ma che è assediato dal degrado?



Le domande riecheggiano nella sede di Re.work, nel cuore del Centro direzionale, proprio accanto alla scultura dell’«Uomo vitruviano», chiamando a raccolta pittori, scultori, fotografi, videoratisti e illustratori invitati a partecipare alla prima edizione di un premio «visionario», concepito per immaginare un nuovo futuro per l’area. In palio, oltre ai mille euro per il vincitore, anche una mostra con le venti opere finaliste, che saranno selezionate dal 20 aprile al 31 maggio (anche grazie ai voti raccolti dai «mi piace» sui social network) dalla giuria, presieduta dall’artista Riccardo Dalisi e composta, con Spinosa, dal regista Edoardo De Angelis, dalla giornalista Paola de Ciuceis, dall’amministratore del consorzio Arte’m Guido Savarese e dal fotografo Fabio Donato. «L’arte - sottolinea senza peli sulla lingua Aurora Spinosa - è relazione. E in questo spazio condiviso anche la solitudine delle associazioni e i giovani senza opportunità potranno trovare occasioni. Purché la politica faccia il suo dovere sul piano della sicurezza, dei collegamenti, delle infrastrutture».



Le fa eco Alfredo Guerri, 40 anni e una ventennale esperienza nel settore dell’arredo d’interni e del design: «In epoca di flessibilità e precarietà del lavoro, Re.work nasce nella scia delle esperienze di coworking iniziate negli Stati Uniti nel 2005, e da Silicon Valley divenute fenomeno globale dal 2007. Il nostro obiettivo infatti è creare soprattutto una community, oltre a fornire servizi a basso costo con una disponibilità h 24 ai coworker, comunità dinamica, versatile e interdiscilinare che può usufruire in sede di 100 postazioni, spazi per riunioni, zone relax e aree meeting, bistrot per appuntamenti gastronomici, internet senza limiti e segreteria. Uno spazio fluido, dove alcuni lavorano in proprio, altri creano studi associati, altri ancora reti la cui vocazione individuale è messa a disposizione della collettività, anche di chi non fa lo stesso mestiere di architetto, ingegnere, avvocato, comunicatore, designer o altro. Per questo vorremmo aprire, in futuro, altri spazi di coworking in diversi quartieri di Napoli per costituire un vero e proprio network urbano, offrendo un ”ufficio mobile“ in altri punti della città a cui accedere con una comoda card».



Non solo. Guerri, con i suoi sodali, punta molto sulla rivitalizzazione del Centro Direzionale: «Credo nello sviluppo di questa zona - spiega - fino a poco tempo fa considerata estranea al corpo di Napoli. Perciò ho deciso di corredare l’offerta di spazi fisici con un programma di appuntamenti, corsi e laboratori in costante aggiornamento, a partire dal Premio, che rilancino il quartiere e ne mostrino le potenzialità come uno dei pochi luoghi in cui le esigenze professionali sposano la vivibilità».



Una sfida non da poco, che l’assessora Clemente - reduce dalla presentazione della candidatura di Napoli a capitale europea dei giovani nel 2018 e dalla giornata di informazione dedicata al Servizio Civile nazionale con il Centro Informagiovani itinerante - così sintetizza: «La crisi racconta dei limiti al di fuori di noi, ma può essere una potente opportunità di cambiamento: il coworking è un nuovo modello di sviluppo sostenibile, di respiro internazionale e interdisciplinare, che impedisce di far attecchire i limiti dentro di noi». Forse anche per questo è un’esperienza che si sta diffondendo: in un’Europa dove recenti stime parlano del 25% di forza lavoro indipendente, il coworking approda in Italia nel 2008, con la rete nazionale Cowo che conta oltre 100 sedi. Ma si calcola che gli spazi condivisi siano almeno 300 nel territorio italiano, prevalentemente al centronord.



A Napoli gli spazi di coworking sono invece solo una decina, per ora, con caratteristiche diverse tra loro: da piazza del Gesù a via Gianturco, da Corso Campano a Giugliano a via Coroglio, da via Verdi e via Santo Stefano a Via Nazionale delle Puglie a Casalnuovo, fino al Centro Direzionale: dove ai 150 metri quadrati di Magma nell’Isola A3 si sono aggiunti gli spazi finemente attrezzati di Re.work. Intenzionatissimo a dare casa a passioni e competenze anche con progetti in divenire.

In programma, per il mese di aprile, un corso di cucina «Tradizione PartENOgastronomica» e di «Ricette Detox» con le Cuoche in giro (il 21 e il 29 aprile alle 18.30); un open day gratuito di introduzione alla fotografia con l’Associazione Flegrea Photo di Francesco Sodano (22 aprile, ore 18.30); un programma di Brunch musicali dal titolo «Sounds Food», aperto dalla folk band di strada «La terza classe» e illustrato da Livio Cirillo dell’associazione Frammenti (prossimi appuntamenti il 23 aprile, con la band «Pedra do sal» e il 30 aprile con il duo Taraf de funicular); e infine, un altro open day gratuito primo appuntamento della rassegna «Teatro dentro tutti», realizzata in collaborazione con l’Associazione nazionale di teatro arte terapia Anthea. Per dare vita ad una rete «glocale» di persone, oltre che di idee e di luoghi. Con il valore aggiunto di uno spazio aperto, dinamico e collaborativo di lavoro indipendente. Che - secondo recenti dati Deskmag - quando è motivato da passioni condivise aumenta del 75% la produttività. Un dato sul quale riflettere.

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