Storia di Bart e della gallinella, il nuovo libro per bambini di Susanna Tamaro

Storia di Bart e della gallinella, il nuovo libro per bambini di Susanna Tamaro
di Donatella Trotta
Giovedì 16 Ottobre 2014, 14:10 - Ultimo agg. 21 Ottobre, 19:30
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Un atteso ritorno. Dalla parte dei bambini, dei ragazzi, ma anche dei valori essenziali della vita: come l’amicizia, l’amore, la gentilezza. Susanna Tamaro torna in libreria. Con un nuovo romanzo di ampio respiro, dal titolo Salta, Bart! fresco di stampa, con le belle illustrazioni azzurre di Adriano Gon, per Giunti Junior (pp. 240, euro 14). A cinque anni dall’ultimo libro pubblicato per loro - Il grande albero, seguito alle narrazioni Cuore di ciccia, Il cerchio magico, Tobia e l’angelo (che ha venduto quanto Harry Potter) e, per i più piccoli, Papirofobia - con Salta, Bart! Susanna Tamaro si rivolge nuovamente ai bambini attraverso una storica sigla editoriale per i più giovani che per l’occasione ha creato anche un’app gratuita, MeteoKidz, scaricabile su App Store e disponibile su Google Play, che propone giochi e attività da condividere tra bambini, ragazzi e adulti a seconda delle condizioni meteorologiche, con un’area di contenuti aggiuntivi (MyMeteokidz) per usufruire di anteprime, ebook gratuiti, video ed estratti di volumi.

Piccola concessione editoriale ai nativi digitali, per favorire la penetrazione di un libro cartaceo denso e avvincente come un classico, peraltro molto critico nei confronti dell’eccesso di tecnologia e consumismo che sta deteriorando la qualità dei rapporti umani e la centralità di valori come il rispetto dei sentimenti, della natura, della bellezza. A vent’anni dal successo planetario del suo longseller Va’ dove ti porta il cuore e a nove mesi dall’uscita per Bompiani di Illmitz, l’opera prima mai pubblicata, dopo aver saldato i conti con il suo passato (con il folgorante “memoir” Ogni angelo è tremendo, uscito l’anno scorso), Tamaro ha non a caso sentito il bisogno di tornare a rivolgere la sua sensibilità di scrittrice – già attenta a progetti umanitari con la Fondazione a lei intitolata che a Zurigo appoggia iniziative di sostegno e sviluppo a tutela dei più deboli, soprattutto donne, bambini e persone in stato di disagio in Italia e nel mondo - ai più piccoli. E agli adulti che dovrebbero accompagnarli nel cammino della vita.

Lo fa - appunto - con Salta, Bart! romanzo allegorico ambizioso e lieve che proietta il lettore dapprima in un presente distopico, descritto con sarcastico realismo a tratti parodistico, poi nel progressivo attraversamento di mondi visionari e fantastici, in un avvincente cammino di formazione che diventa metafora dei nostri tempi di “naufragio con spettatore”. A compiere questo viaggio è il protagonista della storia narrata, un ragazzino di dieci anni di spiccata intelligenza che non si può non amare nella sua ingenua docilità, timidezza e solitudine, assetata d’affetto e di legami concreti e protesa a compiacere, assecondare e non deludere le aspettative dei genitori: si chiama Bart, ovvero Bartolomeo Leonardo Atari Commodore (il perché dei tanti nomi è ironicamente spiegato nel libro), figlio unico “unico al mondo”. Almeno, per i suoi perfezionisti e iperimpegnati genitori Amaranta e Pierfrancesco: una mamma e un papà a tempo (assai) parziale, sempre in viaggio per lavoro, quasi virtuali (come i nonni, troppo lontani) e più preoccupati di riempire, a distanza, le giornate del bambino di scadenze e obiettivi formativo-competitivi, che occupati ad amarlo davvero, come lui desidererebbe. Semplicemente. Magari, con la gustosa trasgressione di una saporita lasagna, o con un bell’abbraccio fisico, anziché con le formulette rituali “ailaviuailaviuailaviu” e “baciobacio”, ripetute ogni giorno da madre e figlio attraverso lo schermo al quale Bart è connesso: in una raggelante casa domotica di un quartiere residenziale di una città ipertecnologica, il cui skyline è delineato da “sfondacieli”, più che grattacieli.

Bart non ha amici. È inserito in un rigido programma che scandisce le sue giornate di “giovanotto” (odiosa «parola da sgrinch nella pancia», usata dal padre) a suon di sensori (c’è persino il catturabugie Pinok), tablet, videocellulari, tra corsi extrascolastici più vari, dove è vittima silenziosa di occasionali atti di bullismo da parte di spietati coetanei.

A un certo punto, gli viene persino sottratto dalla madre, preoccupata dal suo eccessivo attaccamento a un oggetto transizionale, fonte di microbi e distrazioni, anche l’orsetto di peluche Kapok: compagno fedele delle sue notti e insuperabile contastorie. E sarà proprio lo strappo di questa violenza, che rende Bart consapevole di possedere un cuore (parola chiave non a caso ricorrente nel libro) capace di provare dolore, ad avviare una svolta nella disperante e omologata infelicità della vita del bambino. Attraverso l’irruzione, nella sua esistenza metodica e scandita da noiose regole, dell’imprevisto. Dell’amicizia. Della bellezza. Della speranza. Della trascendenza. E della libertà attraverso il coraggio solitario della ribellione.

Che diventa il suo inaspettato destino: incarnato da un’insolita amica, un’”aliena” di nome Zoe, arguta pollastrella parlante di batteria sfuggita a morte certa, e da un misterioso vecchio cinese, Tien Lu, raccoglitore «di cose perdute» e maestro dell’arte della saggezza, oltre che di discipline marziali preziose per sviluppare la resilienza necessaria per conoscere e sconfiggere i nemici. A partire da quelli annidati in se stessi e nelle proprie paure, per finire poi con il Nemico per antonomasia: il Grande Programmatore. Un essere camaleontico dalla storia misteriosa che si annida nelle viscere della terra, circondato da servi ratti, blatte, scheletri, umanoidi e Zombies, controllando il mondo e succhiando menti e anime dei suoi abitanti, sino a renderli indifferenti – fra il resto - alla progressiva distruzione del loro habitat.

Dopo aver mandato in tilt la casa domotica, sarà saltando dentro alle pagine di un vecchio libro cartaceo («i tablet di una volta») che Bart scoprirà, con Zoe, l’esistenza di un mondo parallelo nel quale potrà avere un ruolo da protagonista, per salvare il Regno Eremita (e, con esso, l’intero pianeta e i suoi abitanti) dalla distruzione. Con pagine pervase di grande ironia, momenti di pura comicità e un crescendo di avventurosi colpi di scena riverberati, nella prima e nella seconda parte del libro, da una cifra stilistica ricca di onomatopee, come nei fumetti, Tamaro rielabora e condensa in modo personale, in questa storia costellata di simboli e rinvii non soltanto letterari che dalle fiabe classiche alla cinematografia hanno nutrito l’immaginario collettivo (basti pensare all’Alice di Carroll, a Kirikù e la strega Karabà di Ocelot, a Opopomoz di Furio Scarpelli o a 1984 di Orwell, per citarne solo alcuni), i suoi temi più cari: il rispetto della diversità come ricchezza e non sottrazione, il rifiuto dell’omologazione, la passione ecologica, l’etica della corresponsabilità sui temi delle relazioni umane, dei rapporti genitori-figli, della vita e della morte.

E pone, così, non poche domande di senso sulla crisi entropica della nostra civiltà, che richiede, anche in narrazioni fiabesche, un supplemento di pensiero. Il libro, grazie ai suoi molteplici spunti, si presta a diversi crossover non soltanto didattici (trasposizioni teatrali, film, cartoon), nella migliore tradizione delle storie per ragazzi fruite da un pubblico più ampio. Un ritorno insomma felice, quello di Tamaro, che riprende a parlare all’infanzia (e della tragedia dell’infanzia) in modo lieve e scherzoso, ma per allertare anche il mondo adulto, con messaggi più o meno subliminali che non lesinano strali alle degenerazioni di una dittatura della techne e del profitto senz’anima, parenti stretti di un delirio di onnipotenza e di un disagio di civiltà con il quale - necessariamente - fare i conti.

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