Fritture di pesce con assoluzione, Alfieri: «Naturale finisse così, non poteva esserci alcun reato»

Fritture di pesce con assoluzione, Alfieri: «Naturale finisse così, non poteva esserci alcun reato»
di Adolfo Pappalardo
Mercoledì 6 Settembre 2017, 09:50 - Ultimo agg. 09:51
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«Ma era naturale che andasse a finire così.... Hanno controllato me, il mio ufficio in Regione ma, come era prevedibile, nulla potevano trovare», dice Franco Alfieri, attuale capo della segreteria di Vincenzo De Luca in Regione ed ex sindaco di Agropoli. La vicenda è arcinota: una riunione all’hotel Ramada, prima del referendum, in cui il governatore incitava i sindaci campani a prendere proprio Alfieri come modello perché ritenuto il politico in grado di fare «clientela organizzata, scientifica, razionale, come Cristo comanda».

Poi, siamo al 15 novembre, ai sindaci veniva chiesto, per supportare il Sì, di coinvolgere i propri concittadini in qualsiasi modo, lasciandosi andare alla ormai celebre battuta sulla «frittura di pesce». Il famoso modello Alfieri cristallizzato in un video poi acquisito dai magistrati. Ed ecco l’inchiesta in cui De Luca risulta indagato: «Solo una battuta la sua su cui è stata costruita una storia creata ad arte. Ma quale voto di scambio...».


Alfieri allora, su richiesta del pm, l’ipotesi di reato contro De Luca è archiviata. Soddisfatto?
«Una cosa che non ha mai destato la mia preoccupazione. Ho trovato questa storia, al di là delle polemiche, risibile sin dall’inizio. Ne prendo atto ma, a dir la verità, senza alcuna emozione. Ero agnostico su questa inchiesta e tale rimango».

Però c’era un fascicolo giudiziario aperto su denuncia dei grillini.
«In Italia c’è l’obbligatorietà dell’azione penale ed era giusto che i magistrati facessero le loro indagini. Va bene così. Io non sono stato mai preoccupato, né mai distolto dal mio lavoro nemmeno per un minuto». 

Quelle battute di De Luca però hanno pesato sulla campagna referendaria.
«C’è un certo rammarico per la sconfitta ma si deve accettare il responso della volontà popolare: la regola della democrazia è proprio questa ed i risultati si accettano. E poi non è avvenuta mica la fine del mondo...».

Molti suoi colleghi democrat non campani non la pensano così.
«Era un fatto scontato l’esito referendario. Si è attenzionata più questa vicenda che non il referendum stesso. Ma, sia chiaro, non ha tolto né messo nulla all’esito del voto».

Beh, certo ma quell’inno alla «frittura di pesce» ha creato molto imbarazzo nel Pd, dal Garigliano in su.
«Suvvia ogni giorno c’è qualcosa di cui io mi imbarazzo in questo partito e non ne faccio una tragedia. La verità è che la gente, gli elettori, attende la soluzione dei problemi veri e di queste cose se ne infischia: ha altro a cui pensare e tocca a noi lavorare per cercare di fare qualcosa». 

Un’indagine è un’indagine: i suoi uffici sono stati perquisiti.
«La Finanza ha controllato e setacciato carte nel mio ufficio in Regione. Nulla è stato trovato e nulla poteva essere trovato. Le giuro: sono sempre stato tranquillo. A parte il fatto che il reato di voto di scambio è previsto per le elezioni politiche e non per il referendum. Il fatto non costituisce reato e non poteva costituirlo».

Però se ne è parlato per settimane. Veleni, polemiche. 
«È stato più un fatto mediatico, più da politica spettacolo che altro.

Bastava essere più seri e contestualizzare tutta la vicenda senza creare tutto questo scompiglio».

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