DALLA BANDANA ALLA CORONA

di Pietro Treccagnoli
Martedì 21 Giugno 2016, 13:14 - Ultimo agg. 13:15
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Dopo l'orgia elettorale, è andato in scena «DeMa 2, la Concretezza». Luigi de Magistris ha celebrato con una conferenza stampa affollata di collaboratori, sostenitori, assessori, vecchi e nuovi consiglieri, sul terrazzo di un albergo affacciato sullo skyline mozzafiato su piazza Municipio, il Maschio Angioino, il porto e l'abbaglio azzurro di mare e cielo, sia la riconferma a sindaco di Napoli che il 49esimo compleanno.

Privatamente s'è, invece, concesso una pausa in trattoria con il fratello Claudio, il vicesindaco Raffaele Del Giudice e il capo di gabinetto Attilio Auricchio, spegnendo le candeline su un babà. Una seconda festa è stata riservata allo staff, con torta panna e fragole, decorata con una foto scattata durante la manifestazione di chiusura della campagna elettorale di giovedì scorso a piazza Dante. Doppi auguri, dunque, e quasi una festa persino la conferenza, con il festeggiato ad aprire nuovi e inediti, finora, spazi di dialogo, senza rinunciare al repertorio ribelle che è diventato il suo marchio di fabbrica.

Nell'ora della riflessione a freddo sulla vittoria, l'ex-pm ha coperto con la sordina «Bella ciao», ha smesso la maglietta azzurra del Napoli e la corona dorata con la quale è stato immortalato, quasi fosse una variazione regale della bandana e un'inevitabile concessione all'euforia della vittoria, e ha provato a spiegare il senso profondo della doppia natura rivoluzionaria e istituzionale che dovrà caratterizzare i suoi prossimi cinque anni a Palazzo San Giacomo, ammesso che non parta alla conquista di Roma. Ha finalmente deciso di smettere i panni da Masaniello («Questa volta non vanno bene, si governa»). Gli piace invece usare come mood «Je so' pazzo», ispirandosi a Pino Daniele e ai ragazzi di «Controllo popolare» dell'Opg: «Esprime il grande amore per Napoli che fa lanciare il cuore oltre l'ostacolo». Concretezza e dialogo, dunque, ma senza arretrare dalle trincee zapatiste, sebbene, nell'ora della riflessione a freddo, ha accuratamente evitato di evocare modelli barricaderi, insistendo piuttosto sul tormentone «Napoli autonoma». Pronto alla battuta e all'irrisione, quando gli scappa il piede dalla frizione («Lettieri si è sforzato a dimostrare che ero arrivato ultimo, come se Totò Riina desse del mafioso a Falcone e Borsellino»), capace di sedurre una platea ben disposta, de Magistris s'è preso le sue soddisfazioni, ma ha pure tracciato una prima road map di appuntamenti per sciogliere la cappa di isolamento che sembra gravare su Napoli, chiudendo la città sotto una paradossale cupola fasulla da Truman Show. Orizzonti veri contro orizzonti posticci. Con un carattere come quello del sindaco bisogna andarci, però, sempre cauti. Ieri era ricominciata la luna di miele, va capito se durerà dopo l'estate, dopo il rientro a casa dei napoletani che goduta una boccata vacanziera, europea, internazionale, global e glocal potrebbero scoprire che persino Praia a Mare può essere meglio della città in perenne attesa di manutenzione. Vedi alla voce: sindrome del risveglio.

Comunque sia, DeMa è parso capace di mettere in riga velleità e ideologie e farle diventare, almeno nel discorso dell'appagamento, una prospettiva percorribile. «Abbiamo scritto una pagina di storia» ha proclamato senza modestia, ma con un sorriso sornione, quasi come se stesse recitando il copione che tutti di aspettavano. Non si potevano tradire le aspettative degli invitati. Ha lanciato il «Movimento popolare di liberazione» quasi fossimo nel Chiapas. E pure questo ci stava, altrimenti la parte del sindaco anomalo non riusciva ben interpretata. Poi ci ha preso gusto e il canovaccio sciorinato per intero, con le virate da meridionalismo rancoroso e impraticabile. Puri slogan: «Vogliamo riportare Napoli al ruolo di capitale per riprenderci quello che ci hanno tolto». Napoletanos di tutto il mondo unitevi. Di più, la città stessa deve diventare un «soggetto politico, un modello esportabile che può aiutare il Paese». Fuochi artificiali e spezie demagogiche, insomma, che dovevano servire da contrappeso a impegni ben più stringenti e propositivi. «Siamo un soggetto aperto, penso che tutti possano sentirsi rappresentati da de Magistris» ha sottolineato usando, come d'abitudine, la terza persona per parlare di sé. Ma è ormai solo un tic retorico. In una città che, ripete come un refrain, «si è liberata completamente, non è più al guinzaglio», sono necessarie aperture di credito. Così annuncia che scriverà a Matteo Renzi, attaccato violentemente durante la campagna elettorale. Non è chiaro che cosa scriverà, ma è un ramoscello d'ulivo e potrebbe essere la formula per aprire vari sesami, a partire dall'inceppata bonifica di Bagnoli: «Con il governo e con la Regione, finite le elezioni, si riparte da zero a zero e palla al centro».

Ma, sorridendo e scherzando, si è proposto persino come commissario liquidatore del Partito democratico napoletano, compito fin troppo facile. Ben più dura è la discesa dall'Olimpo della teorizzazione antagonista al terreno pieno di buche dell'amministrazione spicciola, noiosa e che non concede la visibilità dei proclami altisonanti. Ma, ha promesso: si calerà anche nell'inferno metropolitano che i chilometri macinati quotidianamente da sindaco di strada gli avranno fatto conoscere a fondo. È l'ora del fare. Saremo appagati nel poter dire: «Buona la seconda».
 
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