Parlamento europeo, Tajani eletto presidente

Parlamento europeo, Tajani eletto presidente
Martedì 17 Gennaio 2017, 09:31 - Ultimo agg. 19 Gennaio, 09:20
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Un testa a testa come a Strasburgo non si era mai visto, incerto fino all'ultimo, e alla fine a trionfare è Antonio Tajani, nel derby tutto italiano con Gianni Pittella.

L'Italia, dopo 38 anni, esprime di nuovo un presidente del Parlamento europeo, il primo da quando l'aula è eletta a suffragio universale. Per il cattolico Tajani, un buon modo per festeggiare l'onomastico, nel giorno di Sant'Antonio Abate. Le prime parole sono per i terremotati del centro Italia, cui dedica la vittoria politica. Uno dei suoi primi atti da presidente, annuncia, sarà proprio fare visita alle zone colpite dal sisma. «Sarò il presidente di tutti», dice dopo aver ricevuto anche l'abbraccio dell'avversario Pittella. Che però ribadisce: basta con la grande coalizione che finora ha retto gli equilibri europei.


 

 

Come previsto, la corsa per lo scranno più alto dell'aula di Strasburgo è stata una gara all'ultimo deputato tra il candidato del Ppe e quello socialista, finiti al ballottaggio dopo una giornata di votazioni che li ha sempre visti in testa a testa. Tajani ha mantenuto per tutta la giornata un vantaggio di circa 90 voti, che Pittella non è riuscito a colmare. 

«Dedico questo risultato alle vittime del terremoto che ha colpito il mio Paese e che ancora vivono momenti di difficoltà», ha detto Tajani, cui Martin Schulz ha ceduto il posto dopo l'elezione a presidente del parlamento europeo. Tajani ha ricordato anche le vittime del terrorismo, i senza tetto e chi e senza lavoro. «Prestare grande attenzione a coloro che sono in difficoltà - ha detto - è il messaggio migliore che può partire da Strasburgo verso i nostri concittadini».

A lanciare Tajani verso la vittoria l'accordo stretto in mattinata con i 68 liberali del gruppo Alde di Guy Verhofstadt, che sono andati a sommarsi ai 217 eurodeputati popolari. Un accordo che ha esposto nuovamente alle critiche il fianco dei liberali, passati nel giro di qualche settimana da una proposta di intesa fatta ai socialisti al patto con il Ppe, passando per un fallimentare tentativo di accordo con Grillo. A complicare la partita di Tajani ci hanno pensato i conservatori del gruppo Ecr, un plotone di 74 deputati che in casa popolare davano già per acquisiti e che invece hanno mal digerito l'accordo del Ppe con l'Alde, definito un «approccio fallito e legato al passato». 

Tajani alla fine li ha convinti, stringendo un accordo che di fatto ha blindato la sua elezione. Anche con la convergenza di Verdi e sinistra unitaria, la rincorsa di Pittella è apparsa disperata. Alla fine, lo scarto è stato di 69 voti: 351 voti a 282 il risultato finale, con 80 astenuti. In ogni caso, una corsa con una suspense simile l'aula di Strasburgo non la vedeva da decenni. L'ultima volta, e l'unica, in cui si era arrivati al quarto turno di votazioni era stata nel 1982 per l'elezione dell'olandese Piet Dankert. Fu anche l'ultima elezione vera, dato che da allora i presidenti sono sempre stati scelti con accordi preventivi tra i gruppi politici, che spesso si sono alternati nella carica nel corso della legislatura. 

In Europa i primi a reagire sono stati il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker («Lavoriamo insieme da domani per un'Europa migliore»), e il ministro degli esteri tedesco Frank Walter Steinmeier, secondo cui «con la sua esperienza nella politica europea, come membro per molti anni del Parlamento europeo e della Commissione, Tajani ha i requisiti per guidare il Parlamento in tempi difficili». 

Trentotto anni dopo Emilio Colombo, dunque, l'Italia esprime di nuovo un presidente del Parlamento europeo, un ruolo che negli ultimi anni ha acquisito un peso sempre maggiore, con la presidenza di Martin Schulz e dopo le riforme del Trattato di Lisbona che hanno aumentato le competenze dell'aula di Strasburgo. A prescindere dal vincitore, un'occasione per l'Italia per pesare di più in Europa nel momento della sua crisi più forte, in cui non mancano le frizioni tra Roma e Bruxelles su vari fronti, dalla flessibilità nei bilanci alla crisi migratoria. 

Sullo sfondo di questa elezione, restano le alchimie da definire per le altre istituzioni dell'Unione europea, oggi tutte presiedute dal Ppe. Finora l'equilibrio si era retto su una grande coalizione tra popolari, liberali e socialisti che oggi - ribadisce Pittella - «non ci sarà più». Dalla Commissione però si dicono «fiduciosi» che invece la collaborazione continuerà. Resta da definire in che termini, dato che i popolari hanno già annunciato che non intendono rinunciare a nessuna delle tre presidenze. 
 

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