Fico punta a Palazzo San Giacomo e palazzo Serra di Cassano gli apre le porte

Fico punta a Palazzo San Giacomo e palazzo Serra di Cassano gli apre le porte
di Pietro Treccagnoli
Martedì 7 Novembre 2017, 09:57 - Ultimo agg. 19:41
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Tra i tre moschettieri di Beppe Grillo è sempre stato quello meno pronto alla pugna, apparentemente il più riservato. Passo (politico) lento e meditato. Di Luigi Di Maio non ha la freddezza (soprattutto quando riesce a rialzarsi dopo aver inciampato in strafalcioni e gaffe), di Alessandro Di Battista non ha la foga scalciante da assemblea liceale. Roberto Fico pensa. E sta in agguato. Da tutti riconosciuto come la punta dell'area movimentista dei Cinque Stelle, l'ala sinistra, l'ortodosso, il veterano, è anche tra i politici grillini più legati al territorio e meno smaniosi di comparsate in video. Piuttosto si è ben posizionato alla presidenza della Commissione parlamentare di Vigilanza Rai e quando vuole può. Fiuta l'aria come pochi e anche se qualcuno (il presidente Vincenzo De Luca, ad esempio) gli dà del «moscio», ha capito l'aria che tira a Napoli e pure quella che soffia nel MoVimento che ha raddoppiato i voti in Sicilia, è il primo partito, ma non governerà. Uno scenario che potrebbe riproporsi alle imminenti elezioni politiche, complice il Rosatellum Bis.


E allora? Meglio Napoli. Meglio la poltrona che Luigi de Magistris non potrà ricoprire per la terza volta e che potrebbe anche decidere di lasciare anzitempo per altri lidi o potrebbe perdere. Certo, il leader arancione è dato per pencolante, ma ha pur sempre dimostrato di avere sette vite. Comunque sia, Fico su quella poltrona ha messo gli occhi e non da poco. Ora che il Pd sembra a pezzi e il centrodestra è senza un vero leader, le chance si moltiplicano. E così si prova a forzare la mano con una mozione di sfiducia al sindaco.

In questi giorni lui stesso è uscito allo scoperto con due semplici parole che sottendono un lungo ragionamento e rimuginamento. «Sarebbe bello» ha detto. E non sarebbe nemmeno la prima volta che ci prova. Nel 2011, non molto tempo fa ma epoca giurassica per i ritmi di crescita dei grillini, quando si presentò alla corsa per Palazzo San Giacomo racimolò un imbarazzante 1,38 per cento. Ma era spuntata la stella di DeMa che, da outsider, spiazzò tutti. L'ex-pm seppe condensare attorno a sé tutta l'area del dissenso, del disagio, della contestazione, del populismo, ma ben verniciato con sfumature di sinistra. Era lui la novità, non c'era partita.

 

Nel 2016, i CinqueStelle, compresa la forza ritrovata del sindaco con la bandana, manco ci provarono a impensierirlo e lanciarono nell'agone un agnello sacrificale, Matteo Brambilla da Monza. Con tutta la simpatia possibile: era una testimonianza più che una sfida. A Fico era andata malissimo pure la discesa in campo, un anno prima, nel 2010, per entrare nella stanza dei bottoni della Regione Campania, a Palazzo Santa Lucia. Ottenne l'1,35 per cento. Due anni fa i pentastellati fecero meglio, ma correva Valeria Ciarambino che adesso guida la pattuglia in Consiglio. A Montecitorio Fico c'è arrivato da capolista dei CinqueStelle grazie alle 228 preferenze delle Parlamentarie tenute sul web. Su di lui puntò il partito per la presidenza della Camera, ma non passò, ovviamente. Non c'erano i numeri e riuscirono (con un aiutino) a piazzare proprio Di Maio da Pomigliano d'Arco sullo scranno della vicepresidenza.

Altre ere geologiche della politica, non c'è dubbio. Un anno fa, alla griglia di partenza per il Comune di Napoli la situazione era molto diversa. De Magistris era l'uomo da battere e il Partito Democratico, con Valeria Valente, sognava una rivincita, nonostante il pasticcio delle Primarie contro Antonio Bassolino, i brogli e poi (come s'è scoperto) le liste d'appoggio infarcite di candidati a loro insaputa. Adesso lo scenario è cambiato, nello stesso movimento del sindaco (che capeggia una maggioranza uscita dal voto della minoranza degli elettori) si agitano anime diverse, emergono contrasti e spaccature, mentre la città si rotola nel fango dei piccoli, inquietanti, snervanti disastri quotidiani. L'occasione per una rivincita sarebbe ghiotta.

Chi direbbe di no? Fico no di certo. Tra l'altro, il 43enne di Posillipo, che di mestiere fa l'«attivista» (manco militante come ci si autoglorificava un tempo), in questi anni, dopo la laurea in Scienze delle Comunicazioni (a Trieste) con una tesi sull'identità sociale e linguistica della musica neomelodica, si è saputo radicare nel tessuto cittadino, non è un marziano. Dai tempi del primo meetup napoletano, da lui stesso fondato, nel luglio del 2005, ha lavorato tra i vicoli, le piazze, gli incontri e le assemblee. Certo, se la consiliatura napoletana arriva al termine naturale, devono buttare a passare almeno tre anni buoni. Un tempo lunghissimo per come la politica s'è messa a correre. E bisognerà capire anche se reggeranno due compagne di partito come Virginia Raggi e Chiara Appendino, rispettivamente alla guida di Roma e Torino. A vincere possono essere capaci tutti, il punto è saper governare.

Qualcosa, però, a Napoli si muove. Piccoli segnali da interpretare. Venerdì prossimo, nel pomeriggio, a Palazzo Serra di Cassano, orfano di Gerardo Marotta, si terranno dei «seminari rivoluzionari di filosofia». Si intitolano «La politica della bellezza: parole guerriere». Il panel dei relatori comprende, insieme a Fico, altre due rappresentanti dei CinqueStelle: Dalila Nesci e Francesca Menna. Ed è prevista la partecipazione di alcuni portavoce campani M5S. Con loro ci sarà il filosofo Marco Guzzi, che, di suo, è anche poeta e conduttore radiofonico oltre che docente alla Pontificia Università Salesiana di Roma. Non è la prima volta che le porte dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici si aprono a esponenti politici. A memoria, negli ultimi tempi, prima delle Primarie del Pd, i Giovani Democratici organizzarono, motu proprio, un incontro per sondare il terreno sul voto e parteciparono tre su quattro dei candidati.

Questa di venerdì è solo un'ospitata o un endorsement. La segretaria generale dell'Istituto di via Monte di Dio, Fiorinda Li Vigni, taglia corto: «Ci limitiamo a ospitare i seminari. Non c'è nessuna collaborazione, né promozione». E spiega: «Qualche settimana fa ci è stata chiesta la nostra disponibilità e abbiamo acconsentito. Sarà un incontro aperto al pubblico. Ci è stata presentata come un'iniziativa di politica culturale all'interno del loro movimento, quale in realtà è. Non vedo la particolarità o l'eccezionalità dell'evento. Il ruolo dell'Istituto è sempre stato anche quello di dare spazio a dibattito pubblico su temi politici che avessero un'attinenza con la filosofia. E poi ospitiamo il partito che in Italia prende più voti, mica una setta segreta».
Roberto il meditabondo ha comunque le spalle forti pure a Roma, nonostante i contrasti e l'insofferenza mai nascosta verso le uscite del conterraneo Di Maio (poi rientrati, ma intanto quello che doveva dirgli l'ha detto), in particolare al meeting di Rimini che ratificò la vittoria alle primarie grilline di Gigino, quando votarono appena in 30mila sui 140mila aventi diritto, dimostrando quanto debole fosse la democrazia in Rete e quanto ci vedano lungo persino i CinqueStelle se si trovano di fronte a scelte farlocche. Fico non è considerato un irregolare, un bastian contrario, è appunto l'ortodosso, colui che porta avanti i temi civili graditi all'elettorato approdato al MoVimento dopo essere stato deluso dalla sinistra. Ha fatto parte del fu Direttorio. E quando servono le foto di famiglia sta sempre in mezzo a comporre il gruppo dei Tenores del grillismo. È stato proprio lui a far compagnia a Beppe, senza staccarsi un minuto, quando nell'aprile di un anno fa, a Napoli il garante del MoVimento, fu raggiunto dalla tragica notizia della morte dell'amico e guru Gianroberto Casaleggio. Nel momento dell'estremo dolore Roberto fu la spalla dove trovare conforto e fece da scudo contro la curiosità della stampa, scortando l'ex-comico in treno fino a Roma. Sarà stato pure un caso, ma dimostrava che sapeva comportarsi nei momenti topici.

Ma potrebbe esserci anche un'altra lettura della strizzatina d'occhio, del «sarebbe bello» fare il sindaco di Napoli. I grillini ci hanno abituato a tutto e al contrario di tutto. Giocano sempre in campo aperto, senza ideologia e senza timore di smentirsi un giorno dopo l'altro. Palazzo San Giacomo potrebbe, semmai sarà e si vedrà, una scelta di ripiego. Quando ci fu lo scontro di Rimini, Grillo buttò acqua sul fuoco. «Tra Fico e Di Maio era più una questione di caratteri, tra uno romantico e uno di carriera» commentò «ma da domani cominceranno a lavorare assieme». Aggiungendo: «Il problema e quando non ci si parla, le cose si ingigantiscono, ma io li ho messi tutti in riga. L'importante è la squadra e Roberto nella squadra ci sarà. Il Movimento ha avuto un momento di assestamento, ma è tutto ricomposto. E poi io ci sarò sempre». Toccherà capire il ruolo in cui giocherà Fico. Napoli è sempre stata una vetrina. E anche Giulio Cesare ammetteva quanto fosse meglio essere primo in Gallia che secondo a Roma.
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