Napoli non fa la differenziata
la Campania rischia

Napoli non fa la differenziata la Campania rischia
di Carlo Porcaro
Venerdì 16 Settembre 2016, 12:32 - Ultimo agg. 18:58
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Differenziata ferma a Napoli città, ciclo regionale inceppato, sanzioni dell'Europa dietro l'angolo e spettro di nuovi commissari. Questi gli elementi principali dello scenario attuale in tema di rifiuti. Sembra la trama di un film già visto e rivisto per anni che si ripresenta in questi giorni dopo la polemica della Regione nei confronti del Comune («Se Napoli non cresce la differenziata, il piano regionale si blocca e poi l'alternativa sono solo i termovalorizzatori», le durissime parole che il governatore ha rivolto al sindaco De Magistris).

Parlano i numeri: la raccolta differenziata è ferma al 23 per cento a Napoli a fronte di una media regionale del 48 nel 2015. Stando al piano regionale dei rifiuti, l'intera Regione dovrebbe arrivare al 50% entro la fine dell'anno in corso, al 65 entro il 2019 fino al 70 nel 2020. Per raggiungere questi obiettivi ambiziosi, imposti dall'Ue, è il capoluogo partenopeo che deve cambiare marcia nonostante i lievi progressi comunque registrati negli ultimi anni.
Secondo gli addetti ai lavori, ma soprattutto leggendo la documentazione prodotta giorno per giorno, dietro queste implacabili cifre si celano motivazioni ormai storiche e strutturali: l'anzianità del personale di Asìa che deve svolgere un'attività per lo più manuale con il porta a porta e quindi non riesce a garantire determinati ritmi di lavoro; l'aspetto orografico di alcune zone impervie da raggiungere con i mezzi di trasporto; attrezzature vecchie e inadeguate per la rimozione.

Nelle prossime settimane, a quanto si apprende, si proverà a porre i primi rimedi con un piano operativo tra Santa Lucia e Palazzo San Giacomo sulla base di un accordo quadro stipulato col Conai. La Regione ha infatti stanziato 45 milioni di euro per coprire tutto il territorio campano al fine di formare i dipendenti dei Consorzi di bacino che verranno utilizzati in questo settore e poi per l'acquisto di nuove attrezzature. In soldoni, in arrivo ci sono più uomini e più strumenti per operare e recuperare il tempo perduto in primis nelle grandi città.

A questi fattori organici va aggiunto oltre al tasso alto di inciviltà - lo scarso investimento profuso sul fronte della comunicazione ai cittadini, che vanno sempre più sensibilizzati a fare la differenziata in modo che questo benedetto ciclo integrato possa funzionare senza intoppi e conseguenti rischi per la salute pubblica: se a Torino, dove pure le percentuali stanno scendendo, si spendevano 6 euro pro capite l'anno in comunicazione, a Roma sono stati stanziati 2, a Milano 5 ma a Napoli circa 70 centesimi. Troppo pochi per favorire il cosiddetto controllo sociale: vedo che il mio vicino di pianerottolo differenzia i rifiuti, lo faccio anche io e si innesta un circuito virtuoso.

Anche su questa voce specifica la Regione pungolerà i singoli Comuni per arrivare fino all'ultimo abitante o commerciante. Va ricordato che i Comuni devono raggiungere il 60 per cento di raccolta differenziata, altrimenti scatta il commissario ad acta nominato dal Governo: un'ipotesi spesso ventilata, ma poi rimasta sulla carta e mai applicata.

Componente essenziale dell'intero sistema dei rifiuti, il termovalorizzatore di Acerra: dal 2009 ad oggi ha trattato circa 4,5 milioni di tonnellate di rifiuti (frazione secca). Se non ci fosse stato l'impianto, la Campania avrebbe dovuto dotarsi verosimilmente di cinque discariche di medie dimensioni, quello che alcuni comitati civici stanno adombrando. Contestualmente il termovalorizzatore ha generato ogni anno energia elettrica per 200 mila famiglie circa ed evitato il consumo di circa 660 mila Tep (tonnellate equivalenti di petrolio). Quanto ai dati sulle emissioni sono pubblicati sui siti internet della società. «Male assoluto» per alcuni, «indispensabili» per altri, i termovalorizzatori sono ancora oggetto di disputa ideologica. «A far paura sono le discariche che inquinano l'ambiente, e ci fanno pagare enormi multe in Europa per non risolvere il problema», ha più volte ribadito il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti.