Napoli. Perché vince il sindaco dei ribelli

Napoli. Perché vince il sindaco dei ribelli
di Isaia Sales
Mercoledì 22 Marzo 2017, 08:32 - Ultimo agg. 09:02
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Luigi de Magistris è un personaggio politico urticante e spiazzante per i politologi e per i suoi avversari politici. I quali oscillano dal considerarlo un abusivo alla guida di Napoli, un fortunato e un furbo nell’aver approfittato di alcune circostanze per calcare da protagonista la scena politica locale e nazionale, un parolaio che confonde la realtà con la sua immaginazione, un populista che aizza la piazza reale e mediatica per nascondere i suoi limiti programmatici e realizzativi, un ribelle più propenso a rappresentare il rancore sociale che a incalanarlo verso soluzioni possibili. Insomma, un guaio grosso per la città. Mi permetto di osservare che tutte queste rappresentazioni del “sindaco con la bandana” non danno una risposta convincente alla banale domanda: ma se de Magistris è tutto ciò, come mai un personaggio del genere ha potuto vincere per due volte le elezioni comunali e affacciarsi da Napoli (e mentre la governava così male, secondo i suoi detrattori) sulla scena nazionale con una sua spiccata identità e originalità? 

A questa domanda si risponde così: si tratta dello storico ribellismo napoletano che ha trovato un’altra bandiera e una nuova rappresentazione. In fondo, si pensa e si scrive, di Masanielli Napoli è sempre incinta. E così la contestazione a de Magistris diventa occasione di un processo alla città, alle sue caratteristiche immodificabili, all’eterno ritorno del sempre uguale: se Napoli arriva ad avere un sindaco di tal fatta, vuol dire che qualcosa di profondo è andato storto nella sua lunga storia. È corretto tutto ciò? È corretto prendersela con l’indole dei napoletani da parte di opinionisti che in altre circostanze politiche avevano salutato l’elezione di Antonio Bassolino a sindaco come la dimostrazione concreta di quanto Napoli fosse cambiata rispetto alla sua storia precedente? Insomma, si sostiene, che dopo la fine dell’era Bassolino i napoletani progressisti sono tornati di nuovo a sostenere i Masaniello. Una regressione civile che succede ad un precedente mirabile progresso. Oppure si vuole sostenere che anche Bassolino era tutto sommato un Masaniello, e tra lui e de Magistris c’è molta più continuità di quanto si potesse immaginare, nonostante le apparanti ed eclatanti diversità? 

Molte cose, parole, azioni, comportamenti, atteggiamenti di de Magistris sono estranei al mio orizzonte politico e culturale, in tante circostanze non mi sarei mai comportato come lui, o usato neanche lontanamente le sue espressioni; eppure sono convinto che le banalizzazioni, i rancori ovattati da analisi politiche, il ricorrere continuo a Masaniello per delegittimarlo o al confronto con Achille Lauro, non aiutano a capire cosa sta succedendo dentro la città e nel rapporto tra Napoli e la nazione.


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