Furti, minacce, abusi edilizi: gli «indisciplinati» del Comune di Napoli tra truffe e follie

Furti, minacce, abusi edilizi: gli «indisciplinati» del Comune di Napoli tra truffe e follie
di Paolo Barbuto
Lunedì 24 Luglio 2017, 23:30 - Ultimo agg. 25 Luglio, 17:13
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Leggere i documenti della commissione disciplinare del Comune di Napoli significa immergersi in un mondo parallelo dove accadono vicende inquietanti e spaventose: dipendenti che puntano la pistola in faccia ai colleghi, persone che abusano della loro autorità, uomini e donne che frodano, costruiscono abusivamente, mentono. Le vicende più clamorose le leggete sui giornali: assenteisti pescati a fare la spesa o in palestra, addetti infedeli che vengono scoperti a falsificare documenti o a dare aiuto a delinquenti. Questi eventi finiscono in vetrina perché c’è l’intervento dell’autorità giudiziaria; tanti altri, invece, non finiscono in vetrina, anche se lo meriterebbero.

Proviamo a raccontarvene qualcuno, con la premessa che si tratta esclusivamente di fatti ricavati dai documenti ufficiali e anche con una puntualizzazione importante: il Comune di Napoli ha più di ottomila dipendenti che sono, per la quasi totalità, persone diligenti, dedite al lavoro e assolutamente capaci; qui non si tenta di generalizzare mettendo tutto il personale del Comune alla berlina, narriamo vicende, reali e ufficiali, che coinvolgono pochi e che accadono in quella grande, e complicata, azienda che si occupa della città di Napoli.

«Apri o ti sparo»
Al deposito dei mezzi sequestrati di via Campegna c’è un carro attrezzi che deve uscire. Il cancello elettrico non funziona, bisogna intervenire a mano e, generalmente, l’apertura viene effettuata da chi ne ha voglia. Quel giorno nessuno ne ha voglia: il vigile che sta al casotto non sembra disposto, l’uomo seduto nel carro attrezzi nemmeno. Fortunatamente c’è una vigilessa intelligente che va ad aprire. Sembrerebbe tutto risolto, invece no. Il vigile che non aveva voglia di aprire si rivolge animatamente all’uomo seduto al fianco dell’autista del carro attrezzi. 

Volano parole grosse, i due si affrontano prendendosi per il bavero. E a questo punto il vigile prende la pistola dalla fondina e la piazza in faccia all’avversario. Poi la impugna dal lato della canna e minaccia di usarla come corpo contundente.

La vigilessa intelligente interviene a sedare la rissa ma la vicenda finisce alla commissione disciplinare. Il vigile prova a dire che il carro attrezzi era arrivato vicino alla guardiola minacciando la sua incolumità fisica; tenta di spiegare che ha preso l’arma solo perché il suo avversario tentava di scippargliela. Le immagini delle telecamere di sorveglianza fanno chiarezza: le scuse non reggono. Il vigile ha torto. Viene punito con la sospensione dal servizio e dallo stipendio per sei mesi.

Ma c’è ancora una coda a questa vicenda. L’autista del carro attrezzi, che non è stato coinvolto nella rissa, si presenta in ospedale, riferisce di essere stato aggredito e i medici gli diagnosticano «contusione cranica e contusioni escoriate al collo». Però le immagini testimoniano la sua assoluta lontananza dall’evento. Allora l’uomo spiega di essere andato in ospedale perché aveva dolori alla testa e al torace, per via dello spavento. La versione dell’autista e quella dei medici non collimano: viene sanzionato con una sospensione di 3 giorni.

Timbri e sequestri
Restiamo sul fronte della polizia municipale. Un Assistente Capo va in giro, senza che nessuno glielo abbia ordinato e talvolta fuori dell’orario di lavoro, a fermare automobili e ciclomotori. La conclusione dell’intervento è quasi sempre la stessa: il vigile sequestra tagliandi e contratti assicurativi, a volte anche automobili. Spesso le sue azioni sono anche coerenti, nel senso che pesca realmente automobilisti da sanzionare, solo che lui non può svolgere quell’attività, non ne ha titolo. L’Assistente non si limita a un’azione superficiale. Presenta documenti per il sequestro nei quali si firma come ufficiale di polizia giudiziaria e utilizza pure un falso timbro che s’è fatto realizzare per rendere più autorevoli i suoi interventi: «Polizia municipale - Attività di polizia giudiziaria» . In realtà nessuno gli ha mai attribuito alcuna delega di indagine, ma lui non arresta le sue attività e conclude le operazioni presentando puntuali informative di reato. La vicenda, paradossalmente, produce anche effetti giudiziari con procedimenti che, in alcuni casi si concludono con la condanna degli imputati. Solo che quelle persone erano state indagate illegittimamente da una persona che non poteva svolgere quelle indagini.

Ovviamente il caso è finito in tribunale e solo alla conclusione della vicenda il Comune ha fatto partire l’atto definitivo della procedura disciplinare. La convocazione al vigile è giunta nel carcere dov’è ristretto, lui ha risposto di non poter essere presente a Palazzo San Giacomo. È scattata comunque la sanzione: licenziamento immediato senza preavviso.

«Bimbi, l’asilo è mio»
Questa è una storia che parte da lontano. Nel 2009 si scopre che il custode sta tentando di eseguire lavori, un abuso edilizio, all’interno della casa che si trova nell’Asilo che lui stesso dovrebbe tutelare. Le autorità vengono avvisate dei lavori in corso e si presentano a scuola. Immediatamente vengono posti i sigilli all’opera e scatta la denuncia per l’autore. Passano gli anni ma la smania di allargare i confini della casa a danno dell’istituto che ospita i piccini non si arresta. Nel 2014 dopo un po’ di tempo fatto passare, forse, per calmare le acque, il tentativo di realizzare l’abuso prosegue. Anche stavolta arrivano i controlli e stavolta sono più severi. I sigilli sono stati violati e i lavori sono andati avanti. Scatta una nuova denuncia, i guai iniziano a crescere ma il custode dell’asilo è uno che non molla tanto facilmente e resta ancora un po’ in attesa. Così arriviamo ai giorni nostri quando un controllo verifica una nuova violazione dei sigilli anche se, in quest’ultimo caso, pare che il lavoro sia stato effettuato per rimuovere i segni dei precedenti abusi (rimozione di coperture e muretti). Ovviamente il fascicolo nei confronti del custode dell’asilo si ingigantisce e, in questo momento, c’è una causa penale in corso. Il Comune di Napoli, però, non era rimasto a guardare: nel 2010 aveva già comminato una sanzione al custode. 

Come se non bastasse, un giorno i carabinieri si sono presentati all’interno della casa del custode e hanno notato qualcosa di strano intorno al contatore elettrico. Convocati i tecnici dell’Enel, s’è scoperto che quel contatore era inutile perché la casa del custode dell’asilo era dotata di un allaccio abusivo direttamente alla rete del fornitore: in pratica l’energia che arrivava in quella casa, senza alcuna limitazione, era fornita direttamente dall’Enel, non pagava nessuno. Convocato dalla commissione disciplinare il custode ha spiegato di non avere idea dell’origine di quello spostamento dei cavi elettrici. Ha sostenuto che l’annullamento del contatore e delle bollette era avvenuto a sua insaputa, anche se non ha saputo spiegare perché non aveva mai segnalato all’Enel la mancanza di bollette o i palesi guasti al contatore. Per la vicenda del contatore elettrico, al custode è stata inflitta una sanzione di sospensione dal servizio, e dallo stipendio, di quattro mesi. Per la vicenda dei reiterati abusi edilizi la commissione è stata più severa: altri sei mesi di sospensione, inasprimento dettato dalla necessità di concedere al dipendente, scrive la commissione «il tempo necessario, nell’arco del quale egli possa assumere il serio convincimento di operare una tangibile inversione di tendenza comportamentale improntata al ripristino della legalità ed al rispetto delle regole». Speriamo che la commissione abbia ragione.

Senza identità
Ufficio rilascio carte di identità. Se sei residente in un Comune diverso da quello presso il quale chiedi il documento, l’addetto deve accertarsi della tua effettiva residenza in un’altra città, altrimenti come fa a sapere chi sei? Nell’ufficio di una municipalità si presentano sei stranieri, affermano di essere residenti in comuni del Napoletano e del Casertano, l’addetto si fida, non chiede un documento che attesti la residenza e stampa le carte d’identità senza nessuna verifica. Ecco che sei persone di nazionalità straniera si trovano in possesso di un documento ufficiale italiano. Fortunatamente un controllo a caso scopre la vicenda. Fortunatamente solo due degli stranieri non risultavano ufficialmente residenti. Scatta il procedimento disciplinare. Il dipendente si scusa e dice di essere sommerso da troppo lavoro, perciò è caduto in errore. Si scopre che già nel recentissimo passato lo stesso dipendente era caduto nello stesso errore ed aveva ricevuto una sanzione pari a cinque giorni di sospensione. Stavolta la sospensione è di 20 giorni.

L’imprenditrice distratta
Durante un controllo casuale si scopre che una maestra è titolare di due differenti partite Iva. In alcuni casi la procedura è vietata dalle norme per i dipendenti pubblici, in altri casi è ammessa, ma solo dopo comunicazione ufficiale che in questo caso non è mai avvenuta. Si appura che la maestra aveva tentato di aprire in passato una sala scommesse, questo il motivo della prima partita Iva. Ma l’iniziativa imprenditoriale non è mai decollata. Si scopre pure che la maestra per alcuni anni è stata titolare di un Bed and Breakfast, possibilità ammessa, ma solo dopo aver ottenuto i permessi. L’assunzione della maestra, però, è successiva alle attività imprenditoriali, lei si scusa spiegando di aver dimenticato il dettaglio delle partite Iva. Le credono, la sanzionano con undici giorni di sospensione.

Permessi vietati
La legge 104 è fondamentale, consente ai lavoratori di stare vicini ai parenti in difficoltà e va difesa a spada tratta. C’è, però, chi ne approfitta. Una dipendente del Comune, dal 2012 usufruisce dei permessi per la 104. Dopo qualche anno, nel 2016, l’Amministrazione chiede una verifica della documentazione: è in quel momento che la dipendente si accorge di non averla più a disposizione. La vicenda è, a tratti, amara. La donna è realmente in difficoltà, chiede di poter restituire il denaro che l’Amministrazione ha investito per i suoi 52 giorni di permesso che non le era dovuto. Viene sanzionata con un mese di sospensione. 

Nastro isolante
C’è, infine, la vicenda della dipendente alla quale si rompe il mouse e non può più lavorare. Non c’è un ricambio, lei decide di ripararlo, avvisa il capo e va a comprare il nastro isolante. Riesce nell’impresa ma una dirigente l’aveva vista per strada e la donna non aveva passato il badge per segnalare la sua uscita. Scatta comunque la sanzione. Un giorno di sospensione per essersi prodigata a riparare il mouse pur di continuare a lavorare. Anche questo fa riflettere.
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