Napoli. In pensione dopo soli 5 anni
alla Regione costa un milione

Napoli. In pensione dopo soli 5 anni alla Regione costa un milione
di Gerardo Ausiello
Martedì 20 Dicembre 2016, 09:04 - Ultimo agg. 19:58
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Oltre un milione di euro l'anno. Tanto costerà al Consiglio regionale, e dunque ai cittadini, il nuovo vitalizio camuffato da sistema previdenziale. I conti sono presto fatti. Per ottenere questa «speciale» pensione ogni consigliere (ma anche ogni assessore, visto che i benefici sono estesi ai componenti della giunta non eletti) verserà in media ogni mese circa 700 euro.


Una somma che equivale alla quota di contributo a carico del consigliere: l'8,80 per cento della base imponibile. Secondo il meccanismo previsto nel famigerato articolo 5 del maxi-emendamento alla legge di stabilità, che arriverà domani in aula, oltre al tesoretto versato dal consigliere o dall'assessore è altresì prevista, come nei sistemi contributivi, una parte a carico del datore di lavoro, che in questo caso è il Consiglio regionale. Solo che, piccolo particolare, si tratta di una quota consistente perché pari a 2,75 volte la quota a carico del beneficiario: significa che, mentre ciascun componente dell'assemblea o della giunta, verserà l'8,80 per cento, il Consiglio dovrà sborsare il 24,2 per cento, ovvero 1925 euro al mese. Ora, se si moltiplica questa cifra per 12 mesi per i 50 componenti dell'Aula, a cui vanno aggiunti gli assessori e il governatore Vincenzo De Luca, si arriva molto oltre il milione di euro. Soldi pubblici. A cui si aggiungono appunto i contributi versati dai consiglieri.


Altri soldi pubblici. D'accordo, ma - è l'obiezione mossa dai promotori dell'iniziativa - si tratta comunque di un piano pensionistico, economicamente meno vantaggioso del tradizionale vitalizio. Vero se si prendono in considerazione i vecchi vitalizi che sono stati maturati in un'altra Italia, lontana anni luce da quella attuale. Ma l'ingegnoso sistema previdenziale ha molti punti di contatto con il vitalizio. Innanzitutto perché lo si percepisce per tutta la vita a partire dai 65 anni di età (che possono scendere a 60 perché per ogni anno di mandato consiliare oltre il quinto l'età richiesta per il conseguimento del diritto al trattamento previdenziale è diminuita di un anno, con il limite a 60 anni). E poi perché per maturarlo basta anche un solo mandato in Consiglio o in giunta. In pratica, è come se ciascun cittadino avesse diritto alla pensione pur lavorando solo 5 anni.


Ma a quanto ammonta questa pensione? Poiché si tratta di un sistema contributivo, e non retributivo (dunque la pensione viene calcolata sulla base dei contributi effettivamente versati) la pensione al termine di una legislatura sarà di poco più di 700 euro mentre quella dopo due legislature sarà di circa 1500 euro e così via. Un sistema legittimo, per carità, ma certamente assai discutibile. Sì, perché il meccanismo previdenziale proposto dalla giunta d'intesa con la maggioranza nel maxi-emendamento (con il placet del centrodestra, mentre gli unici rilievi sono stati mossi dal Movimento 5 Stelle) «è basato sul sistema di calcolo contributivo secondo la medesima disciplina prevista per i componenti della Camera dei deputati».


Che è molto diverso dal sistema di versamento dei lavoratori dipendenti italiani, i quali pagano un contributo a proprio carico pari al 9,1 per cento dell'imponibile sulla propria retribuzione mentre il contributo a carico del datore è pari al 21,5 per cento della retribuzione lorda.
Parametri di gran lunga meno vantaggiosi di quelli dei consiglieri regionali, che hanno deciso di imitare i parlamentari. Non solo. Il Consiglio ha rinunciato a legiferare sia sul cumulo dei vitalizi (ex parlamentari ed ex consiglieri regionali hanno diritto al doppio assegno) sia sulla reversibilità dei vitalizi, che viene destinata ai familiari degli ex consiglieri deceduti, qualsiasi sia il loro reddito. A tutto ciò si aggiunge in queste ore la norma sul nuovo sistema pensionistico, una sorta di vitalizio 2.0, destinata a far discutere. In fin dei conti l'unica misura adottata in materia dal Consiglio regionale è stata la norma (proposta dal capogruppo dei Verdi Francesco Borrelli) che a fine 2015 ha abolito il contributo una tantum di 30mila euro in caso di decesso del consigliere regionale.
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