Campania, porte serrate in 5mila
Comuni: l'accoglienza è d'obbligo

Campania, porte serrate in 5mila Comuni: l'accoglienza è d'obbligo
di Marco Esposito
Mercoledì 26 Ottobre 2016, 12:22 - Ultimo agg. 12:25
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Nessuno può tirarsi fuori. La filosofia per fronteggiare l'emergenza migranti è fallita in Europa, perché la ripartizione non è mai davvero partita, ma sta funzionando discretamente all'interno dell'Italia. A livello regionale, infatti, nessun territorio si è tirato fuori di fronte a un aumento di immigrati pari al 62% dall'inizio dell'anno a oggi. Tra i Comuni, però, ce ne sono oltre 5mila ancora a quota zero ospiti. Di qui passa l'intesa - in attesa della firma - tra il ministero dell'Interno guidato da Angelino Alfano e l'Anci appena passata sotto la guida del sindaco di Bari Antonio Decaro.
L'accordo al quale si sta lavorando prevede un numero minimo di 5 migranti per ciascun Municipio. In pratica i sindaci dei 5.400 Comuni che finora non ospitano nessuno dovrebbero trovare almeno 27.000 posti in strutture temporanee.
 
 


Nei Comuni oltre i 2.000 abitanti il numero di migranti da accogliere sarà di 2,5 ogni 1000 residenti. Quindi, per esempio, una città come Caserta che conta 76mila abitanti dovrà ospitarne 190. Solo per i capoluoghi di città metropolitane la quota scende a 1,5 immigrati ogni 1.000 abitanti per cui il numero assegnato a Napoli sarà di 1.458, ovvero 427 più di oggi. L'obiettivo è evitare eccessive concentrazioni e strutture troppo affollate.
I numeri sono lì a testimoniare l'aggravarsi dell'emergenza. A inizio 2016 l'Italia ospitava 103.792 immigrati con una ripartizione molto sbilanciata verso la Sicilia. Nei primi dieci mesi di quest'anno la situazione si è decisamente appesantita e gli ospiti nelle nostre strutture sono saliti del 62% a 168.026. Tutte le regioni hanno dato una mano e in Campania, che è il territorio più densamente popolato d'Italia, l'incremento è stato in linea con il trend nazionale.
Se si rapportano gli immigrati ospiti alla popolazione residente, però, spiccano alcune differenze tra territori con il Molise che surclassa tutte le altre regioni con un rapporto di 1,09 migranti per ogni 100 residenti. In pratica quattro volte di più del limite municipale previsto dall'intesa Interno-Comuni. Sotto il livello di 0,25% ci sono invece Lombardia e Campania, entrambe a quota 0,22%. Ma va tenuto conto che la densità di popolazione nelle due regioni è già molto sostenuta.

I centri di accoglienza sono ripartiti in quattro categorie. Ci sono gli «hot spot» (Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto), che fanno da porta d'ingresso, dove viene effettuata la prima identificazione. Seguono i «centri di prima accoglienza» (che sovente è la seconda) nei quali si valuta la tipologia di migrazione e cioè, in sostanza, se può essere concesso lo status di profugo anzi, con termine più preciso, di «rifugiato».

I profughi, cioè chi fugge da una guerra, vengono indirizzati presso gli Sprar dove ricevono una specifica assistenza finalizzata al loro inserimento nella società. In teoria i profughi dovrebbero essere ripartiti tra gli Stati dell'Unione europea, tuttavia siamo fermi a 1.318 «ricollocati» rispetto ai 40 mila in due anni previsti dal piano siglato un anno fa. Situazione anche più complessa per i migranti per ragioni economiche, cioè gli immigrati irregolari, che in Italia sono la maggioranza. Tali persone sono ospitate in «strutture temporanee» in attesa di un rimpatrio che quasi mai scatta anche perché talvolta non è facile determinare la cittadinanza di chi sbarca. Sono necessari tuttavia accordi bilaterali con i Paesi di provenienza e l'Italia li ha con Paesi come Egitto, Tunisia, Marocco e Nigeria. Inoltre si tratta di procedure lunghe e faticose, che finora non hanno dato risultati soddisfacenti.

La ricerca delle «strutture temporanee» spetta ai prefetti, i quali non di rado hanno lamentato la scarsa collaborazione dei sindaci. Problema che Alfano intende superare con la firma dell'intesa con l'Anci e l'obbligo per tutti i Comuni di mettere a disposizione almeno cinque posti.

Se la collaborazione latita, però, una ragione è finanziaria. Garantire vitto e alloggio a un migrante costa e la somma prevista, di 35 euro al giorno, viene pagata con ritardi di mesi, per cui le strutture identificate dai prefetti sono diventate creditrici dello Stato.

L'accoglienza a inizio anno costava 108 milioni di euro al mese ma la somma è ormai lievitata a quota 176 milioni. L'arretrato da pagare è stimato in 650 milioni di euro per le associazioni che lavorano nelle strutture e minacciano di interrompere i servizi. Il ministero dell'Economia, assicurano al Viminale, dovrebbe a giorni dare l'ok allo sblocco dei fondi. Alfano si dice tuttavia ottimista. La macchina, ha assicurato, «sta funzionando». Naturalmente, ha aggiunto, «tutto funziona meglio quando troviamo, ed accade sempre più spesso, i sindaci che danno una mano e proprio per questo sono fiducioso che l'accordo con l'Anci possa funzionare al meglio e al più presto». Nessuno può tirarsi fuori, appunto.