A casa il sindaco di Bacoli Della Ragione: «Colpa dei poteri forti»

A casa il sindaco di Bacoli Della Ragione: «Colpa dei poteri forti»
di Francesco Romanetti - Inviato
Martedì 5 Luglio 2016, 08:47 - Ultimo agg. 08:48
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Bacoli. Lui dice: «È stata una coltellata alla schiena». Loro replicano: «Se l'è cercata, s'era montato la testa, non accettava dialogo e critiche». Lui accusa: «La verità è che stavo cambiando Bacoli, ho attaccato i poteri forti, gli interessi di speculatori e affaristi, per questo hanno fatto cadere la giunta». Loro si difendono: «L'amministrazione aveva preso una strada sbagliata: molte parole e pochi fatti». Lui è Josi Della Ragione, 29 anni, il sindaco con i capelli lunghi e la barbetta rada, il sindaco-ragazzino eletto a valanga appena un anno fa, con il 65 per cento delle preferenze, a capo della lista civica «Freebacoli», che ha sconvolto assetti e vecchi equilibri bacolesi incancreniti negli anni. Loro, invece, non sono soltanto le forze d'opposizione (il centrodestra di Forza Italia e Fratelli d'Italia e il Pd), ma anche (e soprattutto) i cinque consiglieri (già ribattezzati «i cinque traditori») che erano stati eletti con il giovane Josi e che adesso gli hanno voltato le spalle. Fratelli coltelli.

Il fatto è questo. Avviene ieri mattina, più o meno verso le 9. Avviene quando in Comune arriva una letterina firmata davanti a un notaio, con la quale Dario Perreca, Alessandro Radice, Antonio Carannante, Valentina De Cicco e Alessandro Capuano (i cinque traditori) uniscono le loro firme a quelle dell'ex sindado forzitaliota Ermanno Schiano e dei consiglieri della destra Monica Carannante, Aniello Savoia e Simone Scotto Di Carlo e formalizzano le loro dimissioni. Perché? Non c'è scritto. Quello che conta è che questo atto mette drasticamente fine ad un'esperienza che era stata salutata da molti come la «rivoluzione flegrea». Conseguenze: Josi Della Ragione se ne va a casa, cade la giunta, arriva il commissario prefettizio. E Bacoli ripiomba nel limbo. Tutto finito? Una «rivoluzione» abortita? «Manco per idea, se lo possono togliere dalla testa - proclamerà nel pomeriggio, davanti ad una folla di sostenitori radunata davanti al Municipio il sindaco defenestrato - Mi ricandido: non vincerà chi vuole che nulla cambi in questa nostra città».

L'ufficio del sindaco capellone è al primo piano dell'edificio del Comune, proprio accanto alla caserma dei carabinieri, in via Lungolago. Dalle finestre arriva l'azzurro di Miseno e del mare. Lui, il giovane Josi, il 29enne ora accusato di essersi comportato come un despota, è seduto dietro la scrivania. È visibilmente amareggiato. Sindaco, ma che è successo? Lui allarga le braccia: «Una coltellata. Non solo per me, ma per tutta la città. Come mai ora? Evidentemente c'è chi vorrebbe mettere le mani sul Centro Ittico Campano, società partecipata al 100 per cento dal Comune, che gestisce un quinto del territorio comunale, compresi Miseno e Fusaro. Poi, guardi, la settimana prossima avremmo dovuto firmare l'atto per far diventare di tutti i cittadini le Cinque Lenze, con i 6 capannoni appartenuti alla Marina Militare. Una speculazione in meno per chi pensava di fare affari su un bene pubblico. La stessa cosa avremmo fatto al Parco della Quarantena, 110mila metri quadrati di verde, che rischiavano di essere svenduti. Ora, con l'iniziativa di questi traditori, è tutto bloccato». Poi snocciola i risultati di dodici mesi di amministrazione: siti archeologici e storici riaperti dopo decenni (Cento Camerelle, Tomba di Agrippina, anfiteatro cumano, casina vanvitelliana), riappropriazione delle spiagge concesse abusivamente a gestori di lidi che non versavano un solo quattrino alle casse comunali, progetti per il porto di Baia, piano di riequilibrio per il Comune, che rischiava il dissesto e ora ha i conti in ordine. «Ho dato fastidio ai poteri forti, ho fatto pagare i tributi a chi non pagava, ho staccato l'acqua ad un imprenditore che, da solo, ha un debito di 680mila euro con il Comune - insiste Josi - Ed evidentemente chi mi ha fatto decadere non ha resistito a certe pressioni...». Sarà.

È un fatto, comunque, che in appena un anno di amministrazione, il sindaco-ragazzino ha pestato i piedi a parecchie persone. Promettendo di «non chinare la testa davanti a nessuno». Non la vede così Ermanno Schiano, l'ex sindaco di destra, sonoramente sconfitto l'anno scorso proprio da Josi Della Ragione: «In realtà - dice Schiano - il sindaco ha gestito malissimo la sua maggioranza. Serviva dialogo, mentre i suoi stessi consiglieri si sono azzuffati in consiglio. E lui è riuscito a litigare anche con la comandante dei Vigili urbani. Il Centro Ittico Campano? Beh, il sindaco ha confermato alla guida il presidente scelto da me, oggi commissario liquidatore. Villa Ferretti confiscata alla camorra è diventata parco pubblico? Ma è un lavoro cominciato dalla mia amministrazione...».

Già, la camorra. Quando Josi era ancora più ragazzino di adesso - e già dava fastidio a parecchia gente con la sua associazione e il suo blog - una notte andò in fiamme la salumeria del padre, proprio al centro di Bacoli. Pure l'automobile di Alessandro Parisi, attuale assessore al Bilancio, a qualcuno non piaceva: bruciarono anche quella. Decisamente il giovane sindaco non piaceva a molti. E non solo per i suoi capelli.

Ma loro, i «traditori», che dicono? Quale la colpa grave del sindaco, tale da meritare la fronda dei transfughi, l'affossamento della «rivoluzione flegrea» e l'arrivo di un commissario? Ha rubato? Ha commesso abusi? Ha fatto accordi illeciti? In realtà, in un documento di «Bacoli libera» (il gruppo dei cinque, staccatosi un mese e mezzo fa da «Freebacoli») è scritto che la vita amministrativa è stata recentemente «contrassegnata da un crescendo di aggressività nei confronti di chiunque non mostrasse una assoluta accondiscendenza con la linea del sindaco, fino a clamorose ed evidenti violazioni delle regole». I «traditori» se la prendono poi con la «disinvolta politica di alleanze opportunistiche, come quella col Pd» e «i casi di intolleranza e intimidazione dei dissenzienti sempre più numerosi e gravi, accompagnati da atti completamente al di fuori della legge». Respingono infine l'accusa di essersi messi in combutta con il centrodestra: «Non si tratta di alleanza... Di comune c'era solo la consapevolezza della necessità di fare qualcosa che ponesse fine una buona volta ad uno stato di cose davvero increscioso, ai limiti della decenza civile». Si vedrà.

Un po' in disparte, almeno per quanto riguarda toni e metodi, il Pd bacolese. All'opposizione, ma non sulle posizioni del centrodestra. Né degli «scissionisti». Michele Amirante chiarisce: «I consiglieri del Pd non sono stati contattati per l'iniziativa delle dimissioni in massa. Devo dire che noi avevamo già presentato una mozione di sfiducia, contestando al sindaco questioni di metodo e di merito. Il metodo: ha reso il consiglio comunale un organo passacarte, procedendo con delibere di giunta e ordinanze, anche su temi importanti, come il futuro del porto di Baia e la riqualificazione della costa. Il merito: la revisione della spesa, che è stata fatta, si è tradotta in un salasso fiscale per i cittadini. Il sindaco dice che i consiglieri dissidenti sono stati manovrati dal centrodestra? Su questo, paradossalmente, non ha torto. Noi proponevamo una mozione da discutere apertamente, in modo trasparente. Si è scelta invece un'operazione di nascosto, nello studio di un notaio». Bacoli va a dormire senza sindaco. Stamattina, forse, domani, si risveglia con un commissario. Ma il sindaco guastafeste promette: «Non è finita. Sarò rieletto».