Napoli. I periti del pm: il crollo alla Riviera di Chiaia provocato dai cantieri del metrò

Napoli. I periti del pm: il crollo alla Riviera di Chiaia provocato dai cantieri del metrò
di Leandro del Gaudio
Mercoledì 30 Luglio 2014, 08:54 - Ultimo agg. 09:04
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Napoli - Non hanno dubbi, i due consulenti della Procura: il crollo di Palazzo Guevara di Bovino è dipeso dai lavori della Metro, dalla conduzione delle attività del cantiere sotterraneo nei pressi della stazione di Mergellina.



In 232 pagine, Nicola Augenti e Paolo Grazioso rispondono ai quesiti della Procura di Napoli, ricostruendo le possibili cause e le presunte responsabilità della voragine all'altezza del civico 72 della Riviera di Chiaia, del crollo di un edificio monumento dell'Ottocento napoletano, ma anche dell'isolamento di una parte di città, con inevitabili ripercussioni su commercio e turismo locali.



Conclusioni affidate ai pm Giovanni Corona e Fabrizia Pavani (coordinati dagli aggiunti Nunzio Fragliasso e Luigi Frunzio), consulenti a senso unico: «Il crollo è da attribuire alla cattiva esecuzione del giunto compreso tra i diaframmi numero 126 e numero 140 del Pozzo di Stazione».



Tecnicismi a parte, il ragionamento è più complesso: nel loro lavoro, c'è la storia di un crollo annunciato, viste le segnalazioni e le criticità segnalate nel corso degli anni. È il quattro marzo del 2013, intorno alle 10 del mattino, quando avviene l'irreparabile. Un crollo ripercorso a partire dalle due ore precedenti: «Sono le otto del mattino, quando l'escavatore ha rimosso la zolla di terreno adiacente i diaframmi 126 e 140, si apre una falla che provoca una copiosa venuta di acqua e di terreno all'interno della stazione».



In superficie, tutto scorre lento, complice una bella mattinata di sole in un lunedì di sapore primaverile. Via vai di auto e moto all'altezza dell'Arco Mirelli, negozi aperti lungo la circolazione della Riviera di Chiaia. Sotto, invece, per almeno due ore sembra un scena thriller. Un film ad alta tensione. Scrivono i consulenti: «Per arginare tale violento ingresso di fango (il cui volume aumentava con estrema intensità e rapidità), le maestranze impegnate hanno provveduto, prima a tamponare la falla mediante sacchi di iuta riempiti di terreno e poi accumulando materiale arido a ridosso delle paratie».



Uno sforzo eroico, decisivo a sgomberare quel Palazzo che intorno alle dieci si sarebbe sbriciolato senza rimedio. È così che la «fuoriuscita improvvisa dell'acqua di falla e l'imponente trasporto di terreno» hanno fatto il resto. Non c'entrano le condizioni delle fogne, né lo stato dei luoghi del Palazzo - chiariscono i consulenti - l'errore sta nella gestione dei cantieri.





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