Capri, l’altra bellezza ferita
troppe barche in poco mare

di Paola Perez
Mercoledì 12 Luglio 2017, 23:15
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 Il vulcano e l’isola azzurra, la rabbia degli incendi e la quiete del mare. Le due immagini - con le forme e i colori che si vedono, ma anche gli odori e i suoni che si possono facilmente immaginare - non potrebbero essere più diverse. La forza distruttiva del fuoco, l’abbraccio materno delle onde. Poli opposti che però si attraggono. La foto di Capri, con le barche che affollano Marina Piccola, è stata utilizzata dall’Ascom come documento per una denuncia contro l’occupazione selvaggia della baia. L’esposto è stato indirizzato alla Capitaneria, ai sindaci dell’isola, ai carabinieri e alla finanza. «Uno scempio - scrivono i commercianti - e un triste spettacolo per i cittadini capresi che vedono deturpato il loro mare».

Diportisti ammassati l’uno sull’altro fino a soffocare l’acqua, e magari da queste eleganti barche e barchette c’è pure chi si libera allegramente dai rifiuti buttandoli giù, per non parlare di chi accende i motori dove non è consentito, intasando l’ambiente di veleni. Così, alla fine, le due fotografie si avvicinano, si toccano, si fondono in un’unica visione.

L’oltraggio alla natura, violento o sottile, di fiamme o di schiuma.
E la natura offesa che ribolle nel sottobosco o si accovaccia in profondità, pronta a prendersi la sua rivincita quando il momento sarà giusto. Piromani e pirati, nello stesso giorno di prima estate, consumano senza ritegno il bene più prezioso che sia stato donato alla nostra razza: il posto in cui vivere. Un’altra foto che nelle ultime ore sta passando e ripassando davanti agli occhi ha più o meno le stesse sfumature e lo stesso gioco di contrasti. Una spiaggia con il mare placido, un cielo azzurro e terso. In primo piano la piramide delle macerie, la polvere che riempie gli occhi, l’architettura della morte. Nel palazzo caduto a Torre Annunziata un altro capitolo del cattivo lavoro dell’uomo.
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